Corso di Dottorato di Ricerca in Storia dei partiti e dei movimenti politici - XXI Ciclo
Settore Scientifico Disciplinare: M-STO/04 - Relatrice: Chiar.ma Prof.ssa Anna Tonelli, Correlatore: Chiar.mo Prof. Fabio Frosini, Dottoranda: Dott.ssa Elisabetta Roggero - A.A. 2008-2009
Commissione Esame Finale (08.04.2010) Prof. Marcello Flores d'Arcais (Univ. degli Studi di Siena), Prof.ssa Maddalena Carli (Univ. degli Studi di Teramo), Prof. Umberto Gentiloni Silveri (Univ. degli Studi di Teramo)
Indice
Introduzione storiografica (Le pubblicazioni degli scritti gramsciani nelle maggiori lingue europee)
1. Dall’arresto ai primi contributi critici (1927- 1967) p. 37
1.1 L’arresto, il processo e la campagna per la liberazione p. 37
1.2 Gramsci presentato da Togliatti p. 45
1.3 La Questione meridionale p. 50
1.4 L’interesse per gli sviluppi della cultura italiana p. 54
1.5 Il teorico marxista e il fondatore del PCI p. 59
1. 6 Lukács e Gramsci su Croce p. 66
2. Alla vigilia della scoperta di Gramsci (1968-1969) p. 71
2.1 L’antologia di Riechers p. 73
2.2 Le istanze del 1968 p. 79
2.3 Contributi dall’Italia p. 82
2.4 L’eredità di Togliatti e il leninismo di Gramsci p. 88
2.5 Gramsci in BRD e DDR, una scoperta necessaria p. 95
3. Gramsci in tedesco (1970-1975) p. 100
La situazione politica tedesca p. 100
3.1 Antonio Gramsci, il marxismo in Italia p. 103
3.2 La filosofia della prassi, storicismo assoluto p. 113
3.3 Le reazioni all’interpretazione di Riechers p. 119
3.4 Gramsci e Togliatti, ancora. P. 157
3.5 Gramsci, la storia e gli strumenti del movimento operaio p. 162
4. Antonio Gramsci, il padre dell'eurocomunismo (1976-1979)
4. 1 Sintesi dei risultati della letteratura tedesca (BRD) p. 168
4.2 L'anno gramsciano: il Convegno fiorentino del 1977 p. 172
4.3 Langfristige Transformation statt Revolution p. 179
4.4 La discussione italiana su PCI e pluralismo p. 188
4.5 Zauberwort «Eurokommunismus» p. 196
4.6 Ideologia e cultura p. 210
4.7 Il tramonto di una tradizione interpretativa p. 235
4. 8 Sintesi dell'anno gramsciano e interesse dalla SPD p. 245
4. 9 Dal mondo religioso: letture cattoliche e protestanti a confronto p.245
4. 10 La biografia gramsciana p. 253
4. 11 Un riconoscimento critico p. 255
5. Far luce su Gramsci (1980-1984) p. 259
5.1 «Tradurre» Gramsci p. 260
5.2 Gramsci e lo Stato p. 265
5.3 Introduzione a Gramsci p. 273
5.4 I progetti Argument p. 293
5.5. Dalla sociologia letteraria al cinema p. 298
5.6 Gramsci e i cattolici tedeschi p. 302
5.7 La traduzione di Gramsci nella DDR p. 304
6. Gramsci: lezione strategica o la costruzione di un nuovo marxismo? (1985-1989) p. 319
6.1 Il padre della Rivoluzione culturale p. 319
6.2 Gramsci, il marxismo e l'idealismo p. 326
6.3 Stuart Hall, un invito a pensare in maniera gramsciana. p. 331
6.4 Gramsci in campagna elettorale p. 333
6.5 Gramsci e Brecht p. 337
6.6 Il percorso di Sabine Kebir. Senso comune e cultura di massa p. 342
6.7 Il percorso di Wolfgang Fritz Haug. Gramsci, Brecht e il marxismo plurale p. 350
6.8 Convegni gramsciani p. 362
6.9 Un Punto d'arrivo, o meglio, di partenza p. 371
Conclusioni p. 385
Appendici e Indici p. 393
Appendice I
Apparato critico, schede biografiche e storiche p. 393
Appendice II
Tabella delle pubblicazioni degli scritti gramsciani p. 416
Appendice III p. 421
Appendice IV p. 425
Note sul diritto d'autore: per la pubblicazione di quest'opera mi avvalgo della licenza creative commons reperibile all'url http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/deed.it . Ogni uso, nei termini stabiliti dalla licenza è ben accetto e, anzi, incoraggiato.
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Probabilmente non si può affermare che l'Italia primeggi in questo corso innovatore, essendo tuttora ancorata ad una scuola di studi – massiccia e ben radicata – che continua a riesaminare, non di rado secondo dinamiche ripetitive, dagli anni Sessanta ad oggi, quelle categorie gramsciane che altrove sono lette e riformulate secondo uno spettro contemporaneo. Una parte di questa responsabilità è sicuramente dovuta alla matrice politica e formativa suggerita, o imposta, da un’istituzione storicamente determinante come il pci e dalla sua eredità culturale; altra è da imputare ad una classe di intellettuali molto attenta alla politica partitica nei suoi diversi colori e sfumature.
In un quadro italiano a volte monotono, gli apporti esterni rappresentano sicuramente una boccata d’ossigeno, soprattutto per quella generazione di giovani, o a loro molto vicina, di cui sento di far parte; una generazione che si è accorta che il mondo non ruota più sui medesimi meccanismi ed equilibri economico-sociali nonché politici dell’inizio del Novecento o del Secondo Dopoguerra e rintraccia nell’opera del Sardo l'attualità delle osservazioni e gli strumenti appropriati per analizzare «il mondo», nella sua globalità, entrato nel nuovo millennio[2].
Lo studio di Gramsci rimane probabilmente ancora troppo specializzato e sviluppato in ambiti di ricerca chiusi a compartimenti stagni, plausibile conseguenza della mancanza di quella divulgazione capillare auspicata nella società italiana dopo la Seconda Guerra mondiale; gli esempi italiani di divulgazione della biografia e dell’opera del Sardo non sono così cospicui e moderni quanto questa figura meriterebbe; inoltre, a ciò si aggiunge una certa difficoltà nella lettura degli studi gramsciani nostrani per i non addetti ai lavori. Tuttavia, talvolta si assiste ad esempi positivi di studio e divulgazione insieme, che riprendono e diffondono i risultati principali della ricerca in materia[3].
Già da tempo, oltre un decennio fa, si è aperto un filone di letteratura critica che mira a fare il punto della situazione sull’identità degli studi gramsciani in Italia come nel mondo[4], una necessità sentita a livello internazionale, data la vastità della bibliografia gramsciana. Ciononostante diverse lacune permangono, e a colmare almeno in parte una di queste, la presente Tesi vorrebbe dare un contributo.
Se possiamo contare su studi ad ampio spettro, anche monografici, sulla ricezione dell’opera di Gramsci e della sua figura in più lingue e paesi, così non si può dire per l’ambito tedesco, che rimane oscuro anche per la sostanziale mancanza di traduzioni degli studi tedeschi nella nostra lingua. Questa lacuna storiografica, relativa ad un’area linguistica filosoficamente tra le più attive, e da cui provengono alcuni tra i maggiori esponenti della sinistra e del marxismo mondiale, appare del tutto ingiustificata e questo studio intende, nella misura del possibile, contribuire a colmarla.
Compito di questa ricerca è dunque tracciare un profilo storiografico della ricezione dell’opera di Antonio Gramsci in Germania, un profilo che intende documentare i percorsi, le influenze politiche e culturali, ed eventualmente i limiti, degli studi gramsciani nel contesto linguistico, politico e nazionale tedesco. Il progetto, che ad un primo approccio pare muoversi principalmente sul piano della storia della cultura, è stato inteso gramscianamente, dando perciò rilevanza alle relazioni tra questa e la politica e tra entrambe e la società civile: uno degli obiettivi è stato quello di collegare storiograficamente la ricezione del pensiero del Sardo alla storia politica e culturale del paese nel suo divenire.
A uno sguardo d’insieme, le due Germanie offrono, almeno fino al punto di svolta del 1989, un panorama dominato dal tentativo – sempre variamente condizionato, a Est come a Ovest, da istanze politiche e culturali – di tradurre e acclimatare nel contesto tedesco i risultati più rilevanti della ricerca italiana, facendo in questo modo decollare un approccio autonomo alle problematiche sollevate dall’autore dei Quaderni del carcere. Su questo sfondo, il fiorire di studi gramsciani nel corso degli anni Ottanta crea però in Germania un fenomeno essenzialmente nuovo, a cui, con il 1989, la mia tesi introduce: si tratta dei convegni inizialmente intitolati anche in modo esplicito a «Die Linie Luxemburg-Gramsci», della preparazione del grande dizionario storico del marxismo (Historisch-kritisches Wörterbuch des Marxismus) da parte del gruppo InkriT (Institut für kritische Theorie) e, non da ultimo, della traduzione integrale dell’edizione critica dei Quaderni del carcere.
Per intendere il passaggio che avviene in Germania, a partire da un forma essenzialmente ricettiva fino a quella creativa della lettura di Gramsci, reputo necessario sin da subito accennare a quella che definirei la lunga e articolata gestazione del processo di «gramscizzazione» che vede protagonista almeno una parte del marxismo tedesco. Segnalo ciò, affinché questo filo conduttore venga tenuto presente nel corso della lettura.
Di seguito fornisco due tipi di introduzione: la prima è una premessa metodologica che intende chiarire il metodo utilizzato in ogni passo del mio lavoro, un metodo parzialmente utilizzato già in precedenza e che ha dato buoni frutti, anche se per un lavoro sostanzialmente differente, con la mia Tesi di Laurea. Aggiungo a questa un'introduzione storiografica per dare un’idea del quadro in cui si situa la grave mancanza di traduzioni dell'opera di Gramsci in Germania rispetto ad altre aree linguistiche europee.
Nello svolgimento della Tesi ho creduto opportuno, occupandomi di un ambito quasi sconosciuto, di non limitare i risultati della ricerca attraverso descrizioni sommarie da accompagnare ai dati bibliografici, ma di dare notizia del contenuto di questi contributi nelle caratteristiche dominanti e originali, senza tralasciare le contestualizzazioni politiche e storiografiche. A tal proposito ho ritenuto ancora utile la creazione di un apparato critico. Nell’appendice I ho redatto delle schede biografiche o storiche per gli autori, le case editrici, le riviste, le associazioni tra le maggiormente rilevanti per il tema in oggetto, in modo da non appesantire il testo con ulteriori notizie in nota. Mentre per le appendici III e IV ho suddiviso la bibliografia secondaria utilizzata per questo lavoro. Non è qui contemplata la nuda bibliografia gramsciana tedesca, in ogni caso desumibile dal testo, principalmente per il fatto che la maggior parte dei titoli è già contemplata nella bibliografia di John Cammett, a cui si devono sommare una piccola parte di nuovi dati. Per questi o per altre indicazioni bibliografiche, precisazioni o ulteriori notizie, rimango disponibile all'email elisabetta.roggero@gmail.com.
***
Ringraziamenti
Desidero qui ringraziare il personale della Staatsbibliothek (Unter den Linden e Potsdamerstr.) di Berlino e la responsabile della copisteria interna alla sede di Unter den Linden, per l’efficienza, l’aiuto e la gentilezza dimostrata nell’arco degli ultimi tre anni.
Un ringraziamento va al responsabile della Biblioteca dell’Istituto Gramsci di Torino, Matteo d’Ambrosio, per la grande disponibilità e la puntualità, così come alla Biblioteca gramsciana di Gonnosnò, diretta da Giuseppe Manias.
Merita anche un ringraziamento Cristina Crivelli della Biblioteca dell’ISPI di Milano per lo zelo e la cordialità nell’aiutarmi nelle ricerche, nonché la Biblioteca civica Sormani di Milano e, non per ultima, la Fondazione Einaudi di Torino, per la tempestività e cortesia.
Grazie alla prof.ssa Anna Tonelli, per aver avuto fiducia in me e nel mio lavoro.
La mia gratitudine per l’aiuto di cui mi sono avvalsa per le ricerche e lo studio alla base di questa Tesi va soprattutto al gruppo InkriT, a partire dai fondatori Wolfgang Fritz e Frigga Haug, maestri di metodo gramsciano, a Thomas Weber e Peter Jehle per l'attenzione dedicata ai miei studi, nonché a molti degli studiosi con cui sono venuta a contatto durante i Convegni Die Linie Luxemburg-Gramsci: Ruedi Graf prima di tutti, traduttore dei Quaderni gramsciani nell’edizione critica della Argument, primo interlocutore scientifico dotato di grande pazienza e precisione; Juha Koivisto e Mikko Lahtinen, eccellenti studiosi gramsciani finlandesi che mi hanno aiutata nell’interpretazione delle linee storiografiche su cui si muove la Tesi; non per ultimi gli amici di Aachen: Alban Werner, giovane studioso di scienza politica e ora attivo a Strasburgo per Die Linke., e Richard Gebhardt, scienziato politico e studioso del fenomeno delle nuove destre in Germania, validissimi informatori di vicende tedesche e aiuto impagabile per le mie ricerche.
A Danilo Maccioni va ancora un ringraziamento, per avermi tanto aiutata negli ultimi tre anni, soprattutto nell'appoggiare la mia decisione di lasciare un precedente ambiente di lavoro. Senza la forza ed il richiamo dell'etica hacker, che con passione lui ha incoraggiato, non avrei avuto la piena consapevolezza ed il coraggio di prendere le decisioni corrette.
Ad Alessandro Salza, esperto di sistemi bibliotecari, va il ringraziamento per avermi dato i primi, fondamentali consigli adeguati per il mio tipo di ricerca. Vorrei ancora ringraziare Matteo Pinna Pintor, amico fidato, che ha in parte contribuito alla revisione dell’ultima stesura di questo testo.
Questo lavoro non sarebbe stato presentabile senza il preziosissimo aiuto del prof. Fabio Frosini, che ha accolto il mio solitario lavoro, abbozzato in tre anni e, rimboccandosi le maniche, si è impegnato nella correzione e ha saputo consigliarmi, nonostante il tempo tiranno, una strada per migliorare un testo appena iniziato.
Queste pagine sono dedicate soprattutto a mia madre, Germana Scuvero, che con ineguagliabile abnegazione ha supportato e sopportato anche questi ultimi anni di studio. La sua forza d'animo e fisica, la sua determinazione, mi hanno permesso di concludere questo lavoro.
Grazie mamma.
Vorrei ricordare ancora l'affettuosa figura dell'anziano cugino Felix Ferrero, pittore stimato scomparso un anno fa a San Francisco, che mi ha seguita anche da lontano e che, nonostante il poco tempo trascorso insieme, mi ha permesso di capire cosa significhi avere un nonno.
Senza l'eredità morale di mio padre, Oscar Roggero, operaio dell'enel e alpino (e chi ha conosciuto queste due realtà, sa cosa intendo), raro esempio di rettitudine, integrità e coraggio, credo che non avrei mai potuto sentirmi profondamente gramsciana.
[1] Mi riferisco a pubblicazioni che cercano affinità o fertili interazioni tra il pensiero gramsciano e, per esempio, quello di Polanyi, Mariateguì, Dewey, solo per citare alcuni nomi, lo svecchiamento delle analisi sul moderno principe, un felice ritorno a Marx o, più in generale, indagini in rapporto ai nuovi fenomeni della realtà politica, economica e sociale, quali per esempio il neoliberismo, i social forum, la globalizzazione ed il ruolo nuovo della società civile. Un interesse che in questo frangente storico non può che lasciare influenze o suggestioni positive per preparare un fronte ideologicamente adeguato al momento di crisi del sistema capitalistico occidentale.
[2] Alcuni interventi su Gramsci e la globalizzazione sono stati esposti oltre un decennio fa al convegno tenutosi a Lecce, il 20-21 ottobre 1997 e gli atti sono stati pubblicati in italiano in Gramsci e l’internazionalismo. Nazione, Europa, America Latina, a cura di Mario Proto, Manduria, Lacaita, 1999, 230 pp.
[3] Ricordo qui alcuni contributi positivi di studiosi gramsciani pubblicati in italiano: un’ottima sintesi del pensiero filosofico gramsciano è Fabio Frosini, Gramsci e la filosofia. Saggio sui Quaderni del carcere, Roma, Carocci, 2003, 198 pp.; per quanto riguarda gli studi gramsciani sulla linguistica si veda l’elaborazione di Derek Boothman, Traducibilità e processi traduttivi. Un caso: A. Gramsci linguista, Perugia, Guerra, 2004, 197 pp.
[4] Cfr. Antonio A. Santucci, Gramsci in Europa e in America, traduzione di Luca Falaschi, Rosanna M. Giammanco Frongia, Antonio A. Santucci, Introduzione di Eric J. Hobsbawm, Laterza, Roma-Bari 1995, XIII-159 p., tra i profili europei manca quello tedesco; per la bibliografia gramsciana italiana è ormai classico, di Guido Liguori, Gramsci conteso. Storia di un dibattito 1922-1996, Roma, Editori Riuniti, 1996, XIII-305 pp., un apprezzabile tentativo precedente, ormai datato, è Gian Carlo Jocteau, Leggere Gramsci. Una guida alle interpretazioni, Milano, Feltrinelli, 1975, 169 pp.
Come premessa per la vera e propria analisi della ricezione gramsciana, come accennato, ho pensato fosse utile al lettore una bibliografia comparativa tra gli scritti gramsciani pubblicati nelle maggiori lingue europee per mettere in evidenza l’interesse per Gramsci e le reali opportunità, nel mondo tedesco, di leggerne l’opera nella propria lingua: un passo obbligato per la diffusione e lo studio di un pensatore straniero.
Alcuni accorgimenti grafici possono a mio avviso rendere più agevole la consultazione del testo per chi è interessato ai dati bibliografici. Perciò a differenza della bibliografia secondaria, i testi presi in esame dalla Tesi – appartenenti alla bibliografia in tedesco (o tradotta in tedesco) degli studi su Gramsci e dunque ripresi dalle schede-riassunto compilate in quel lavoro precedente alla vera e propria redazione della Tesi – sono indicati in nota con il cognome dell’autore in maiuscoletto.
Riproduco di seguito un grafico che può fornire indicazioni esplicite sulla distribuzione cronologica delle pubblicazioni riguardanti Gramsci in lingua tedesca; rispetto ai primi dati raccolti in base alla bibliografia di Cammett, questi sono stati arricchiti da nuovi titoli reperiti durante il lavoro, per quanto in alcuni casi la mancanza di qualsiasi riferimento a Gramsci abbia comportato l’eliminazione del dato. Diversamente dall’opera di Cammett, ho scelto tra i titoli in tedesco solo quelli pubblicati in Germania.
Abbreviazioni
Per le citazioni dai Quaderni del carcere utilizzo l’abbreviazione Q a cui segue il numero del Quaderno, il paragrafo e la pagina corrispondente all’edizione critica di Valentino Gerratana. Inoltre, è disponibile online presso il sito di LiberLiber (liberliber.it) una raccolta di scritti gramsciani, che utilizza l'edizione tematica: ho ritenuto opportuno dare riferimento in nota anche a questa pubblicazione, si troverà dunque la sigla del volume, con riferimento a questa Tavola delle abbreviazioni, già compilata nel 2003 per la mia Tesi di Laurea.
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
Raccolte sistematiche
MS Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Einaudi, Torino 1948, XXII-299 p. [Opere di Antonio Gramsci, 2]
QM La questione meridionale, a cura della Commissione culturale della Federazione torinese del Pci, Tipografia popolare, Torino 1949, 35 p. [Cultura nuova, 1].
IOC Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Einaudi, Torino 1949, XV-208 p. [Opere di Antonio Gramsci, 3], 19668, XV-202 p. [Opere di Antonio Gramsci. Quaderni del carcere, 2].
NM Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno, Einaudi, Torino 1949, XXI-371 p. [Opere di Antonio Gramsci, 5], 19666, XXII-371 p. [Opere di Antonio Gramsci. Quaderni del carcere, 4].
R Il Risorgimento, Einaudi, Torino 1949, XIV-235 p. [Opere di Antonio Gramsci, 4], 197411, [Quaderni del carcere, 3].
AF Americanismo e fordismo, a cura di Felice Platone, Feltrinelli, Milano 1950, 94 p. [Universale economica. Storia e filosofia, 9].
LVN Letteratura e vita nazionale, Einaudi, Torino 1950, XX-400 p. [Opere di Antonio Gramsci, 6], [Quaderni del carcere, 5].
PP Passato e presente, Einaudi, Torino 1951, XVIII-274 p. [Opere di Antonio Gramsci, 7], 19666, XVIII-273 p. [Opere di Antonio Gramsci. Quaderni del carcere, 6].
ON L'Ordine Nuovo. 1919-1920, Einaudi, Torino 1954, XV-500 p. [Opere di Antonio Gramsci, 9].
Antologie
AR L'albero del riccio, Presentazione e note di Giuseppe Ravegnani, illustrazioni di Felicita Frai, Milano-Sera editrice, Milano 1948, 226 p. [Biblioteca di lettura. Serie letteratura], 19493, [Biblioteca di cultura. Letteratura, 2].
QM La questione meridionale, Rinascita, Roma 1951, 111 p. [Piccola biblioteca marxista, 30].
Epistolari
LC Lettere dal carcere, Einaudi, Torino 1947, 260 p. a cura di Sergio Caprioglio, Elsa Fubini, 1965, XLV-949 p. [Nuova Universale Einaudi, 60; Opere di Antonio Gramsci, 1].
Il back end del lavoro
Mutuando il termine dalla programmazione informatica, vorrei qui illustrare il metodo di lavoro seguito per ricercare, analizzare e infine esporre i risultati di un lavoro ampio e diversificato come quello che ho affrontato per arrivare alla stesura della Tesi. Inizialmente ho utilizzato una metodologia che avevo sperimentato e affinato per lavori di taglio bibliografico e, in parte, per la redazione della mia Tesi di Laurea (Bibliografia gramsciana ragionata. 1952-1956)[3].
1. Compilazione bibliografia di partenza
Il primo passo è consistito nella compilazione di una bibliografia di tutti i testi in tedesco che si riferiscono a Gramsci: fortunatamente gran parte del lavoro è già stato svolto anni or sono da John Cammett con la sua bibliografia internazionale complessiva su Gramsci[4]. A questa prima stesura si sono aggiunti in itinere altri materiali rintracciati grazie a ricerche ad hoc sui maggiori opac internazionali, ma soprattutto attraverso un’attenta ricostruzione dei riferimenti con raffronti incrociati desunti durante la lettura degli studi stessi. Dalla lista dei testi in tedesco, che nel corso della ricerca è andata crescendo, ho escluso i testi in lingua tedesca di provenienza svizzera ed austriaca. Al contempo ho iniziato quell’intensa ed impegnativa attività logistica dettata dalla necessità di ridurre i viaggi in Germania al minimo indispensabilein considerazione dei costi.
2. Localizzazione
La localizzazione dei testi è avvenuta in gran parte tramite motori di ricerca in rete a partire dall’efficientissimo Karlsruher Virtuelle Katalog (kvk), rintracciabile all’indirizzo: http://www.ubka.uni-karlsruhe.de/kvk.html. Si tratta di un «aggregatore» di motori di ricerca fornito dalla Biblioteca Universitaria di Karlsruhe, che permette indagini specifiche in ventitré paesi attraverso quasi sessanta sbn ed opac nazionali e specialistici. Come si può immaginare i cataloghi tedeschi, austriaci e svizzero-tedeschi mi hanno permesso ricerche mirate. Il secondo canale di ricerca utilizzato è stato il catalogo sbn nazionale italiano, che precedentemente faceva riferimento ad iccu, l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche (http://www.internetculturale.it). Per le ricerche locali ho utilizzato l’ opac della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e ed il catalogo della Biblioteca della Fondazione Istituto Gramsci di Roma, consultabile attraverso il Polo sbn degli Istituti Culturali di Roma (http://www.istituticulturalidiroma.it). Molto utile è stato per il reperimento puntuale dei testi in ambito torinese il polo SBN piemontese Librinlinea (http://sbnweb.csi.it:8092/BASIS/opacx/udmopac/esimplex/sf), mentre per i volumi presenti nelle biblioteche d’ateneo ho fatto ricorso al Catalogo unico d’Ateneo dell’Università di Torino (http://cavour.cilea.it/SebinaOpac/Opac).
3. Reperimento
Ho potuto rintracciare parte del materiale nelle biblioteche nazionali – molti degli studi maggiori anche nelle biblioteche torinesi – ed è stata particolarmente utile la Biblioteca della Fondazione Einaudi del capoluogo piemontese, dove è accessibile alla consultazione oltre un centinaio di titoli, specialmente saggi riportati da riviste. Testi della medesima natura sono reperibili ancora in ambito torinese alla Biblioteca Interdipartimentale Gioele Solari alla Biblioteca Giovanni Tabacco del Dipartimento di Storia dell'Università degli Studi di Torino. Di particolare utilità si è rivelato inoltre il servizio fornito da quest'ultima per la consultazione di riviste digitalizzate, il progetto Trova@Unito (http://malachia.unito.it:3210/unito/a-z/unito), nonché le risorse online a disposizione dei ricercatori, accessibili dalla pagina web delle biblioteche Tabacco e Solari (http://library.unito.it/solari-tabacco/index.php). A tal proposito vorrei ringraziare il prof. Giovanni Carpinelli per aver accettato la mia richiesta per accedere ai servizi della Biblioteca di Storia.
Le mie ricerche in Germania si sono svolte principalmente durante tre viaggi a Berlino, dove, avvalendomi di alcune collaborazioni, ho dedicato alcune settimane allo spoglio del materiale presso la Staatsbibliothek di Berlino nella sezione centrale di Unter den Linden (collegata digitalmente al settore di Potsdamer Straße). Fatta eccezione per alcuni volumi protetti, ho potuto non solo consultare il materiale ma farne copia cartacea o in immagine digitale. Per il reperimento del materiale in altre biblioteche tedesche sono stata aiutata da colleghi e studiosi tedeschi.
Per quanto riguarda i testi rimanenti mi sono affidata ad altre biblioteche italiane, come la Biblioteca gramsciana di Gonnosnò (Oristano), la Biblioteca dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale e la Biblioteca Civica Sormani, entrambe con sede a Milano.
Nel reperimento degli ultimi testi – ove possibile – ho ritenuto più economico comprarli tra l’usato reperibile in internet piuttosto che affrontare ingenti spese per altri viaggi in differenti biblioteche periferiche in Germania.
4. Lettura
Per motivi meramente logistici legati al reperimento dei testi, la ricerca inizialmente non ha potuto seguire criteri rigorosamente cronologici, pur cercando di aderirvi il più possibile. Per questa ragione i risultati del mio lavoro hanno avuto in itinere un andamento non omogeneo, favorendo l’incertezza ed il timore di fornire un’idea storiograficamente sbilanciata, se non addirittura falsata, nella stesura del testo, dato il limite oggettivo di avere a disposizione immediatamente la totalità del materiale prodotto per ogni tranche cronologica.
Ad una suddivisione del materiale secondo il criterio cronologico è stata affiancata un’analisi di carattere formale con uno schema di riconoscimento degli studi a seconda della loro natura (saggi, monografie, monografie collettanee, articoli) e del luogo di pubblicazione (brd, ddr).
5. L’analisi Introduttiva
a. Rassegna della storiografia esistente
L’analisi introduttiva ha preso le mosse da una rassegna delle pubblicazioni – in italiano e altre lingue – che si sono occupate della ricezione, quand'anche marginale, di Gramsci in Germania, al fine di poter operare un confronto con le conclusioni a cui arriva la Tesi.
b. Dati quantitativi
È stato necessario un aggiornamento continuo della bibliografia di partenza per prendere in considerazione anche i nuovi testi via via rintracciati.
c. Studi particolari
I. I testi gramsciani a disposizione in tedesco (e altre lingue[5]
Questa indagine, che come verrà argomentato in seguito non si limita alla registrazione di dati quantitativi, serve a comprendere quali testi gramsciani fossero a disposizione degli studiosi al momento della redazione dei propri contributi; ciò è stato fatto non soloper l’area linguistica tedesca ma anche – al fine di sottolinearne il ruolo – per quella italiana e francese (molti autori tedeschi ancora negli anni Ottanta facevano riferimento alla lettura di Gramsci dall’italiano[6]). L’indagine ha tenuto conto di alcuni criteri, soprattutto per quanto riguarda i testi gramsciani tradotti in Germania:
la natura formale dei testi (raccolte o antologie), collegando questi ultimi al periodo storico in cui sono stati concepiti e pubblicati, prendendo inoltre in considerazione il modo in cui sono stati recepiti. L’analisi è stata facilitata dal riferimento alle recensioni apparse all’epoca.
- il luogo di pubblicazione dei testi (brd o ddr)
- i testi in lingua italiana utilizzati per le traduzioni
- Un panorama conciso delle vicende editoriali che non sono andate a buon fine[7]
- Una tabella delle pubblicazioni in italiano, tedesco (suddiviso tra brd-ddr), francese, spagnolo ed inglese, utile per il confronto immediato.
II. I rapporti con la bibliografia gramsciana italiana
Ho preso in considerazione la bibliografia in italiano[8], ma riflessioni di più ampio respiro sul periodo seguente sono state possibili in base ad opere come il Gramsci conteso di Guido Liguori e Leggere Gramsci di Giancarlo Jocteau[9].
III. Caratteristiche della lettura gramsciana in Germania
Parallelamente all’emergere di temi particolari durante la lettura dei testi, si è reso necessario l’approfondimento di alcuni argomenti storici e teorici particolari:
- Mediazione italiana nella lettura di Gramsci fino almeno a buona parte degli anni Sessanta (in seguito alla morte di Togliatti)
- Posizioni politico-ideologiche bordighiste, attinenti non solo a quelle originali del fondatore del pci, ma anche al movimento politico che al suo pensiero si collega
- Interpretazioni filosofiche che vanno dall’hegelo-marxismo alla filosofia di Galvano della Volpe, fino alla lettura gramsciana a partire da Mario Tronti.
- Approfondimento del pensiero filosofico di Alfred Schmidt, Louis Althusser e Nicos Poulantzas.
- Approfondimento del pensiero politico di Rosa Luxemburg e di altri pensatori tedeschi e non (Karl Korsch, György Lukàcs, i membri della Scuola di Francoforte, Otto Bauer), alla cui parentela con Gramsci alcuni autori nella bibliografia gramsciana tedesca fanno riferimento più o meno esplicito.
- Opera letteraria e appunti politici di Brecht.
- Approfondimento generale di storia della linguistica e della linguistica gramsciana, a partire dal saggio di Franco Lo Piparo, rielaborazioni di Derek Boothman e Peter Ives.
- Pensiero politico del g.r.e.c.e. Di Alain de Benoist.
- Storia politica e sociale della brd e ddr.
- Le linee politiche e storia della spd.
- Le linee politiche e storia della sed.
- L’eurocomunismo.
- Storia e linee politiche generali all’interno del movimento del Sessantotto in brd, sviluppi negli anni Settanta, movimenti di opposizione extraparlamentare e frammentazione dei gruppi politici marxisti.
6. L’analisi degli studi
Nel corso della lettura, oltre alla precisazione dei dati bibliografici dei testi elencati nella Bibliografia gramsciana di Cammett, ho compilato schede «riassuntive» sulle caratteristiche ed il contenuto di ogni testo preso in esame. Per ogni titolo ho infatti cercato di valutare l’atteggiamento politico e filosofico dell’autore verso Gramsci e la sua opera, senza trascurare l’appartenenza a partiti, movimenti politici, scuole filosofiche.
In itinere si è resa necessaria la definizione di una periodizzazione interna alla bibliografia gramsciana tedesca: quest'ultima è stata organizzata in base ai risultati emersi dalla lettura degli studi e l’indice in questo senso può dare un’idea generale immediata. Sono altresì emerse nello studio dei testi alcune categorie gramsciane dominanti e temi maggiormente dibattuti a seconda del periodo in esame, corrispondenza che ha talvolta illuminato le strette connessioni con la storia politica e sociale del paese. Dove opportuno ho integrato questo tipo di informazioni al termine della disamina degli studi attraverso passi specificatamente dedicati alla sintesi degli aspetti emersi nel flusso della storiografia gramsciana.
Alcune integrazioni
Oltre ad aver allegato in nota le notizie strettamente necessarie, ho ritenuto appropriata la creazione di due appendici a guisa di apparato critico alla Tesi, sia per non appesantire il testo, sia per dare maggiori informazioni di contestualizzazione, in vista della comprensione degli orientamenti politici di studiosi ed istituzioni. Si tratta di schede biografiche o storiche organizzate in ordine alfabetico. Nella prima appendice sono infatti riportate le biografie degli studiosi che hanno dato un contributo maggiore o originale allo sviluppo degli studi gramsciani, senza dimenticare che per il pubblico italiano molti di questi nomi sono per lo più sconosciuti; la seconda appendice è invece dedicata all’editoria, comprendendo case editrici e riviste, e ai fenomeni sociali più rilevanti, sempre secondo i medesimi criteri di scelta.
Tradurre e non tradire
Nella stesura della Tesi ho deciso di riportare una traduzione delle citazioni dai testi, riportati come dall’originale in lingua tedesca. Mi sono perciò dovuta confrontare con rilevanti questioni linguistiche, determinate dalla necessità di riportare una traduzione il più possibile fedele all’originale e di mantenere il senso contestuale dei passi citati. Partendo da quest’ultimo fattore imprescindibile, ho tentato quindi di rendere la traduzione quanto più aderente possibile all’originale, attraverso un’attenta scelta dei termini italiani nelle sfumature più adatte per non tradire la versione tedesca; l’aiuto del prof. Frosini in questo senso è stato determinante.
Lungi dal giustificare eventuali mancanze, benché le mie conoscenze della lingua tedesca abbiano reso possibile la sistematica stesura di questo lavoro, mi sono tuttavia resa conto che i limiti a cui va incontro questo lavoro derivano dall’oggettiva constatazione del non essere di madrelingua tedesca e di non aver avuto una formazione all’interno della cultura tedesca. Pur perseguendo l’obiettivo di rendere il più fedele possibile la «traduzione» (in senso gramsciano) in italiano degli studi apparsi in questo contesto, mi rendo conto che dall’ambito della cultura tedesca ne saranno particolarmente evidenti alcuni limiti.
[1] Vale la pena di ricordare le fonti bibliografiche utilizzate per le ricerche preliminari: Cfr. [John M. Cammett] Bibliografia gramsciana 1922-1988, a cura di John M. Cammett, prefazione di Nicola Badaloni, Roma, Editori Riuniti-Fondazione Istituto Gramsci, 1991, XXIII-475 pp. [Accademia. Annali Fondazione Istituto Gramsci] e Bibliografia gramsciana. Supplement updated to 1993. Containing 3428 entries, with subject and geographic indexes and appendices containing and languages of publications, a cura di J. M. Cammett, M. L. Righi, Roma, Fondazione Istituto Gramsci, 1995, 267 pp.; l'url utile per rintracciare la bibliografia gramsciana online nella sua versione testuale: http://www.gramsci.it/A6Web/bibliografiagramsciana.htm ; sempre su http://www.gramsci.it, dall’aprile 2005 è possibile consultare questa ampia bibliografia, che contiene oltre 15.000 titoli in 33 lingue, con un database interrogabile, presente per ora in versione Beta Test, per completezza delle ricerche consiglio comunque di far riferimento alle semplici pagine html suddivise in ordine alfabetico; cfr. anche Gramsci nella Biblioteca della Fondazione. Catalogo 1922-1997, a cura di Rosangela Zosi, Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci, Torino 1997, XV-440 pp. e, sempre a cura di Rosangela Zosi, Gramsci nella Biblioteca della Fondazione. Supplemento al Catalogo 1922-1997, Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci, Torino 2002, I-122 pp., i due cataloghi sono scaricabili nella versione in pdf sul sito dell’Istituto Gramsci di Torino: http://www.gramscitorino.it/vita_opere.asp?id_pagina=97; cfr. la newsletter dell'International Gramsci Society all'url: www.italnet.nd.edu/gramsci/igsn/index.html.
[9] Cfr. Liguori, Guido, Gramsci conteso. Storia di un dibattito 1922-1996, Roma, Editori Riuniti, 1996, XIII-305 pp. e Jocteau, Gian Carlo, Leggere Gramsci. Una guida alle interpretazioni, Milano, Feltrinelli, 1975, 169 pp.
Nel 1947 vengono pubblicate in Italia le Lettere dal carcere[2], opera che permette la conoscenza di Gramsci, della sua biografia e per la prima volta offre un quadro profondo della personalità del Sardo. Non si può trascurare l’importanza di questo evento editoriale, che deve il proprio successo anche alla pubblicazione dell’opera gramsciana con una casa editrice indipendente come l’Einaudi. Anche se ancora incomplete, le Lettere riescono ad offrire al popolo italiano, uscito dalla Seconda Guerra mondiale con una nuova percezione di sé, elaborata durante la lotta di Liberazione dal nazifascismo, un importante strumento di riflessione sulle ragioni dei fatti della storia recente ed un catalizzatore per l’acquisizione di una più matura coscienza. La figura di Gramsci comincia a diventare importante anche nell’immaginario collettivo per la sua battaglia contro il fascismo: le Lettere da una parte «suscitano orrore e interiore rivolta contro il regime odioso che lo oppresse e soppresse»[3], ma mettono anche in luce la valenza letteraria della prosa gramsciana. L’apprezzamento intellettuale arriva anche da parte di intellettuali insospettabili di parzialità: Benedetto Croce sostiene, escludendo valutazioni ideologiche, che «come uomo di pensiero egli fu dei nostri, di quelli che nei primi decenni del secolo in Italia attesero a formarsi una mente filosofica e storica adeguata ai problemi del presente»[4]. L’impatto emotivo delle Lettere sugli italiani è testimoniata da un numero crescente di articoli pubblicati sulla stampa nazionale, fino all’estate dello stesso anno, quando il conferimento del Premio Viareggio ufficializza il riconoscimento all’altissima figura nell’ambito letterario.
Il grande successo di questa pubblicazione prosegue con l’immediata edizione di altre opere gramsciane. Sono passati circa dieci anni da quando Togliatti ha avuto la prima parziale visione dei manoscritti e – nonostante la difficoltà della preparazione dell’edizione tematica – l’anno seguente esce il primo volume dei Quaderni con il titolo Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce[5]. La pubblicazione termina nel 1951 e consta di sei volumi, a cui si aggiungono le Lettere e la raccolta L’Ordine Nuovo (1954). Su questa edizione nascono immediatamente molte perplessità, talora tradotte in vere e proprie accuse di manipolazione dei testi operate da parte del curatore dietro le quinte, Palmiro Togliatti, talaltra giustificate dal periodo plumbeo della Guerra fredda[6]. Nella cura dell’opera di Gramsci si rintracciano interpretazioni contrapposte: da una parte la linea togliattiana della politica di Salerno che vuole costruire la sua tradizione sull’asse che parte da De Sanctis, passa per Labriola e approda a Gramsci, dall’altra una repentina interruzione di questo indirizzo dovuto alle ingerenze staliniane[7].
La costituzione dell’Istituto Gramsci nel 1950 è parte di un progetto volto alla diffusione capillare del pensiero gramsciano attraverso eventi e convegni, esemplare in questo senso è il successo del primo Convegno dedicato a Gramsci nel 1958, così come la cura e organizzazione delle pubblicazioni gramsciane in Italia e le autorizzazioni per le traduzioni all’estero. Con Franco Ferri prima a capo della segreteria generale dell’Istituto e in seguito alla direzione, nel periodo che va dal gennaio 1957 fino al 1979, la struttura permette l'organizzazione di un’ampia rete di relazioni con le case editrici straniere interessate alla pubblicazione degli scritti del leader comunista.
L’edizione critica dei Quaderni ha una lunghissima gestazione, già nel Convegno del 1958 Gastone Manacorda auspica una nuova edizione che ne «rispecchi fedelmente l’ordine cronologico», e «per quanto possibile», l’esatta collocazione[8].
Nel 1975 esce per Einaudi l’edizione critica degli scritti carcerari curata da Gerratana: negli anni precedenti tra la casa editrice e l’Istituto Gramsci si è sviluppata un'intensa collaborazione per la cura di questa pubblicazione e si prospetta un possibile aiuto, da parte di Einaudi, nella comunicazione e organizzazione delle relazioni con le case editrici straniere per la traduzione delle opere di Gramsci. A tal proposito Ferri afferma in un’intervista del 1974 «traduzioni delle Lettere o di Opere scelte esistono in Bulgaria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, Repubblica democratica tedesca, Romania, Ungheria, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Israele, Grecia, Spagna, Portogallo, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Stati Uniti, Messico, Brasile, Argentina, Giappone, Australia. Il quadro, per quanto concerne la conoscenza degli scritti, va molto ampliato, perché i testi circolano in tutti i paesi compresi nell’area linguistica delle singole traduzioni»[9]. Nel 1975 si contano già 29 contratti in corso tra l’Istituto Gramsci ed editori stranieri riguardanti le pubblicazioni di scritti gramsciani.
Nel 1953 le Éditions sociales pubblicano, con prefazione di Togliatti[10], le Lettres de la prison in concomitanza con due saggi di Denis Richet, apparsi su periodici[11], che apriranno le porte alla conoscenza della figura e del pensiero di Gramsci in Francia. Nella nota di chiusura a Gramsci et l'histoire de France, Richet dà notizia dell’imminente pubblicazione da parte di Marc Soriano di un’antologia gramsciana. Soriano, che «si attribuisce il merito di aver scoperto Gramsci e di averlo introdotto oltralpe»[12], ricorderà l’aperta diffidenza dei comunisti francesi nei confronti di autori ritenuti «borghesi»[13]. Nonostante le pubblicazioni su periodici di alcune traduzioni di stralci dai Quaderni, solo alla fine degli anni Cinquanta si può trovare una raccolta di scritti gramsciani, le Oeuvres Choisies, che diventa oggetto di controversia tra le Éditions Sociales e l’Istituto Gramsci per i diritti di pubblicazione in quanto l’editrice aveva già intrapreso due diverse trattative con la rumena Editura politica e la Rencontre di Losanna per un’antologia basata su questa raccolta del 1959. Nel 1964 inizia un lungo rapporto epistolare con Gallimard per la pubblicazione di più volumi a cura di Texier che, ritiratosi per malattia dopo il lavoro dedicato all’introduzione teorica al Gramsci edito da Seghers nel 1966, è sostituito da Robert Paris. Il ruolo di Paris come curatore dell’opera non andrà a genio in Italia: benché Ferri lo riconosca come studioso serio, teme la «pregiudiziale polemica antigramsciana»[14], ma l’opinione favorevole di Sartre e Verstraeten, direttori della collana che avrebbe dovuto ospitare i volumi, porta la Gallimard a caldeggiare il nome di Paris. La scelta è ancora contestata da Natta al momento della presentazione del primo volume degli Écrits politiques: «dietro l’insegna gramsciana il fine vero è quello della contestazione faziosa ed angusta della politica del PCI»[15], commento dovuto all’introduzione nella quale Paris adombra l’ipotesi di una manipolazione dei testi da parte di Togliatti nell’edizione tematica italiana. Gallimard precisa intanto che intende appoggiarsi all’edizione critica su cui sta lavorando Gerratana per la futura pubblicazione dei Quaderni. Sia l’Istituto Gramsci sia Gerratana rispondono, rassicurando l’editrice francese che «l’edizione critica non riserva sorprese per quanto concerne gli inediti… Tutto ciò che non era stato pubblicato nell’Edizione Einaudi si riduce in definitiva a pochi brani, a poche omissioni, tutti successivamente resi pubblici in diverse occasioni e complessivamente di secondaria importanza. Lo scandalo della censura è una favola, come dimostrerà l’edizione critica»[16].
Da metà degli anni Sessanta Ferri è in contatto con Althusser, che risponde alle preoccupazioni sul ritardo di Gallimard e propone un’alternativa con l’editrice Maspero; il carteggio, imperniato sulle questioni editoriali, subirà un brusco rallentamento dopo il diniego del filosofo francese alla partecipazione ad un convegno pensato dall’Istituto sull’«umanesimo marxista»[17].
A partire dalla metà degli anni Settanta il crescente interesse per Gramsci pone la questione del ritardo nella pubblicazione dei testi gramsciani da parte di Gallimard. Solo nel 1978 appare un primo volume dedicato ai Quaderni 10-13 sulla base dell’Edizione critica di Gerratana. Il momento in cui arriva questa edizione è particolarmente felice e permette l’apertura del dibattito teorico di rinnovamento del marxismo.
La prima edizione degli scritti di Gramsci in lingua inglese deve attendere il 1957 sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti. Gramsci debutta con The modern Prince a Londra, mentre oltreoceano è introdotto attraverso una brevissima raccolta tradotta e curata da Carl Marzani. Il progetto editoriale londinese appartiene all’ambiente intellettuale del «History Group» in cui si riconoscono molti giovani storici di orientamento comunista: Christopher Hill, Eric Hobsbawm, Edward Palmer Thompson, ma anche Louis Marks: curatore e traduttore della raccolta precedentemente menzionata, pubblicata per la casa editrice del partito comunista Lawrence and Wishart. Il progetto presentato da Marks propone testi del periodo 1919-1926, il saggio sulla Questione meridionale e due sezioni di scritti tratti dai Quaderni. Un nutrito apparato critico permette un’interpretazione in senso antistalinista, ragione per la quale, poiché il partito non era ancora pronto, ne viene ritardata la pubblicazione fino al diretto interessamento del direttore editoriale Cornforth, che riesce a sbloccare la situazione. Negli anni a venire Ferri indicherà questa raccolta come la più scorretta edizione sia per la traduzione sia per l’apparato bibliografico ed interpretativo.
Dall’ambiente della «New Left Review», di stampo marxista fondato da fuoriusciti dal partito comunista, matura il progetto di un’antologia dei Quaderni, pubblicata nel 1971 ancora con l’editrice del partito e basata sulla selezione Oeuvres Choisies del 1959, incorporando però un lungo lavoro di riscontro operato da Hoare e Nowell Smith[18], invitati da Ferri a Roma per esaminare i testi originali. Due anni più tardi vengono pubblicate le Letters from prison per la Harper and Row di New York.
Ad occuparsi di ulteriori pubblicazioni gramsciane è ancora la Lawrence and Wishart guidata da Cornforth, in costante contatto con Ferri e l’Istituto Gramsci: dal 1977 al 1985 escono alcune selezioni dedicate prima agli scritti politici ed in seguito a quelli di carattere culturale. Nel 1988 a cura di Forgacs viene completata una selezione di scritti dal 1916 al 1935.
Nell’aprile del 1937 Radio Barcelona è una delle prime emittenti straniere a dare la notizia della morte di Gramsci e a maggio Camillo Berneri, poco prima di morire negli scontri che videro contrapporsi anarchici e comunisti, legge alla radio della FAI (Federación anárquica ibérica) di Barcellona una commemorazione per il martire antifascista. Sebbene la Spagna venga oppressa dal regime franchista, elemento che condiziona la diffusione del pensiero gramsciano fino alla metà degli anni Settanta, la pubblicazione in America latina degli scritti di Gramsci da una parte e una censura impreparata per gli scritti in catalano dall'altra, permettono la diffusione dell'opera di gramsci anche in questa enorme area linguistica. Grazie alla particolarità dell’identità e l’idioma catalano, Manuel Sacristán Luzón – accademico comunista di Barcellona – riesce ad introdurre in tempo relativamente breve la figura e l’opera di Gramsci, portandola all'attenzione di un pubblico abbastanza vasto[19] con La obra postuma de Gramsci[20]. Intanto Jordi Solé-Tura pubblica la prima raccolta dai Quaderni, ancora in catalano nel 1966 ed in castigliano l’anno successivo con il titolo Cultura y literatura. Nel biennio successivo, con lo stesso meccanismo, è pubblicato anche El Príncipe moderno, prima in catalano e poi in castigliano. L’apparentamento con il catalano non è un vezzo o un artificio; in realtà il circolo di intellettuali comunisti vicini al PSUC (il ramo catalano del PCE) si organizza come vero e proprio canale di irradiazione gramsciano, fino a costruire una corrispondenza ideale tra Barcellona e Torino[21].
Gli anni Settanta sono un decennio importante per la diffusione di Gramsci in Spagna, ancor prima della fine del regime: nel 1970 ancora Solé-Tura cura la Introducción a la filosofía de la praxis, un’antologia dal volume italiano Il materialismo storico, mentre l’editrice Siglo XXI pubblica in Messico una Antología che a lungo rimane il riferimento più completo all’opera di Gramsci; il volume è censurato dal regime franchista e viene pubblicato in Spagna, correndo molteplici rischi, solo nel 1974. L’editrice Cuadernos pubblica nel 1972 le Lettere, Cartas desde la carcel, precedentemente note al pubblico spagnolo solo attraverso l’edizione argentina del 1950. Si susseguono intanto discussioni e contratti con l’editrice Grijalbo e l’Editorial Fontamara per la pubblicazione delle opere complete nel primo caso e per gli scritti politici nel secondo, ma nessuna di queste trattative riesce ad andare a buon fine.
Con la fine del regime franchista si assiste alla nascita di una «moda Gramsci» in Spagna, incoraggiata nel 1977 dall’antologia politica Actualidad del pensamiento político de Gramsci, curata da F. Buey.
In Argentina, dopo la prima pubblicazione delle Lettere, Hectór Agosti cura la prima edizione in lingua spagnola dei Quaderni seguendo l’edizione tematica: i volumi escono dal 1958 al 1962. Promotore di questa pubblicazione è l’ambiente intellettuale comunista che si riunisce attorno alla rivista «Cuadernos de cultura», influenzato da contatti con una generazione di pensatori socialisti e liberaldemocratici italiani come Treves e Mondolfo. La rivista cambierà il nome in «Pasado y presente» ed il gruppo sarà espulso dal PCA per l’affermazione dell’«autonomia da qualunque forma ideologica precostituita e dall’assunzione del gramscismo come metodo per la ricerca storica e politica»[22]. Dal 1968 la rivista diretta da José Aricó e pubblicata dalla casa editrice Siglo XXI, ha come basi editoriali quattro città che coprono l’intera area iberica e latinoamericana: Madrid, Buenos Aires, Bogotà e Città del Messico, in quest’ultimo centro il gruppo di intellettuali prosegue in esilio la propria attività dopo il golpe militare argentino del 1976 e l’anno seguente è pubblicato il volume Escritos políticos. 1917-1933. Malgrado le difficoltà legate alla difficile situazione politica l’interesse per Gramsci viene continuamente coltivato con numerosi saggi editi dalla Siglo XXI.
Mentre in Argentina la Granica di Buenos Aires pubblica nel 1974 Pasado y presente ed El Risogimento a partire dall'edizione tematica tradotta da Manlio Macri, in Messico grazie alla Siglo XXI inizia una fortunatissima epoca per gli studi su Gramsci, tanto è vero che tra il 1978 ed il 1981 si tengono ben tre seminari di studio gramsciani tra Città del Messico, Morelia e Oaxaca, con ospiti anche studiosi stranieri. Alla Unam (Universidad Nacional Autónoma de México) e a Puebla si raccoglie l’ambiente intellettuale in esilio in Messico e il paese funge da centro di irradiamento per le idee gramsciane, nonché per il lavoro critico sulla tradizione marxista in America Latina. Ancora in Messico esce una ripubblicazione dell’edizione tematica dei Quaderni ed in seguito, tra il 1981 ed il 2000, la traduzione dell’edizione critica di Gerratana per le edizioni Era; ancora oggi l’interesse per Gramsci in Messico è ampiamente testimoniato da eventi, convegni e un considerevole numero di studi a lui dedicati che domina gli scaffali delle librerie.
All’annuncio dell’imminente pubblicazione di un’antologia dei Quaderni a cura di Soriano[23], la Dietz Verlag, interessata a proporre una scelta di scritti gramsciani, contatta Soriano per avere l’indice dell’opera in preparazione. Nonostante l’interessamento dell’Istituto Gramsci, il progetto non ha tuttavia avuto seguito, anche se nell’anno successivo appare, per questa stessa casa editrice, Die Süditalienische Frage. A distanza di un altro anno esce una selezione delle lettere dal carcere in Briefe aus dem Kerker, ripubblicate poi dalla Reclam di Lipsia in edizione tascabile nel 1962 e nuovamente nella Repubblica federale, tradotte dall’edizione di Sergio Caprioglio ed Elsa Fubini del 1965, a cura di Gerhard Roth per la Fischer nel 1972.
Molteplici testimonianze fanno riferimento alla preparazione di una traduzione di tutta l’opera gramsciana disponibile in italiano già alla fine degli anni Cinquanta in ddr[24], Guido Zamiš, in riferimento alla preparazione di questa traduzione, in un suo intervento al convegno fiorentino del 1977 sostiene: «la casa editrice Dietz aveva intenzione di continuare la serie di pubblicazioni gramsciane con una scelta di note dai Quaderni e un’altra di articoli ristampati nel primo volume dell’Ordine Nuovo, quelli degli anni 1919-1920. Alla realizzazione di tale piano si opposero ben presto difficoltà non previste». L’autore si riferisce non solo a quelle linguistiche, ma alla cruciale mancanza degli scritti giovanili degli anni 1917-1918 e della preparazione del Congresso di Lione; Zamiš, che faceva parte della commissione incaricata della cura di queste opere, continua: «come avremmo potuto far conoscere ai nostri lettori Gramsci come capo rivoluzionario della classe operaia italiana [..] con una documentazione alla quale mancavano ancora le parti più importanti? […] Perciò la commissione rinunciò all’esecuzione del suo progetto, e rimandò tutto a una data posteriore»[25]. Un’altra testimonianza a conferma di questo fallimento nella pubblicazione dei testi gramsciani in ddr è di Theodor Pinkus, che cita la casa editrice Akademie come collaboratrice nell’edizione a cura di Zamiš; inoltre, lo stato di avanzamento della traduzione degli scritti gramsciani, secondo Pinkus, pareva essere a buon punto[26]. Michael Grabek, al Convegno di Formia del 1989, tenta di spiegare le ragioni di «trentatré anni di ostinato silenzio, appena interrotto da tre edizioni delle case editrici Reclam e G. Kiepenhewer di Lipsia. Un silenzio le cui ragioni fondamentali non risiedevano in un’ignoranza ingenuo-nazionalista, bensì in rigide pratiche d’intervento». Grabek sostiene che l’intervento della sed nell’attività editoriale ne compromise l’autonomia; «la prima occasione si presentò negli anni Cinquanta quando avrebbero dovuto apparire volume con gli articoli dell’”Ordine Nuovo” quasi al completo, e successivamente una scelta di testi dai Quaderni del carcere. Tuttavia con la repressione di un primo dibattito sullo stalinismo dopo il XX Congresso del pcus nel 1956 (al motto: “Ora per favore nessuna discussione sbagliata!”) e con la condanna di Lukács, Bloch e altri, anche i progetti su Gramsci sprofondarono nel dimenticatoio». Una seconda occasione arriva, secondo Grabek, negli anni Sessanta, ma Gramsci, nuovamente «sospettato d’essere soggettivista, idealista o filosofo della prassi, fu messo al bando». La terza occasione si presenta negli anni Settanta, nonostante lo spettro dell’eurocomunismo: «l’Ufficio politico della sed convocò esperti per dare risposta al quesito: “Che cosa voleva quest’uomo?” e permise un prudente ampliamento del vecchio orizzonte» fornendo un Gramsci leninista e teorico della cultura, confluito nell’edizione della Reclam del 1980 Zu Politik, Geschichte und Kultur «che contiene ciò che si cerca invano nell’edizione tedesco-occidentale del 1967 a cura di Riechers»[27].
Benché per oltre dieci anni non si conti più altra pubblicazione dagli scritti politici e dai Quaderni gramsciani, Togliatti, Ferri e alcune case editrici tedesche sono in contatto per organizzare una pubblicazione antologica dell’opera di Gramsci. Il primo progetto prende forma con la Fischer Verlag (che conta il diretto interessamento di Togliatti nel 1964), curatore dell’opera potrebbe essere Cesare Cases, che informa prontamente la Fischer dei diritti acquisiti da parte di un’altra casa editrice: la Europäische Verlaganstalt, anch’essa di Francoforte. I progetti delle case editrici differiscono nella forma: l’Europäische punterebbe ad un pubblico di specialisti, per la Fischer, invece, è importante un’ampia tiratura dal costo limitato, ma con un ricco apparato critico, che possa essere adatta ai giovani, inoltre si punta ad una prefazione illustre come potrebbe essere quella di Abendroth o Habermas. Il volume esce nel 1967, con traduzione e cura di Christian Riechers, uno studente di sociologia e con prefazione di Wolfgang Abendroth. Del volume è stato notato come esso si inserisca in quel solco interpretativo del «marxismo occidentale» inaugurato dalla New Left in Inghilterra. I limiti maggiori dell’antologia sono rintracciabili in una scelta di testi opinabile, che non restituisce appieno il pensiero gramsciano. Le carenze riguardano sia la traduzione dei testi che l’interpretazione pervasiva del curatore, di inclinazione bordighista[28].
Per decenni a venire questa raccolta è rimasta l’unico volume in tedesco su cui è stato possibile studiare il pensiero di Gramsci. Questa operazione editoriale di fatto contribuirà alla mancanza di uno sviluppo, se non al congelamento, degli studi gramsciani in Germania, che continueranno solo da parte di chi si può permettere di leggere Gramsci direttamente in italiano, o tutt’al più attraverso le traduzioni francesi e inglesi.
Nel 1976 Ferri è in contatto con la Surkamp di Francoforte per un’antologia gramsciana: è l’inizio di una vicenda travagliata, che terminerà in un fallimento. Designato come curatore, Alessandro Mazzone progetta una scelta antologica in quattro volumi, nel complesso mille e seicento pagine, tra scritti politici e una selezione dei testi carcerari. Nel 1970 Mazzone è in contatto con Valentino Gerratana, gli viene consigliato di limitare l’opera a trecento pagine dedicate agli scritti politici ed una scelta allargata di novecento pagine dai Quaderni; i volumi si sarebbero inoltre avvalsi di un nutrito apparato critico e singole introduzioni per ogni volume.
Tra la fine del 1977 e l’inizio del 1978, Mazzone comunica all’Istituto Gramsci che è stata avviata l’attività di un’équipe di traduttori e la consegna è prevista per la primavera del 1981. Negli anni precedenti però una complicata vicenda editoriale ha visto il passaggio del progetto dalla Suhrkamp alla Europäische Verlaganstalt, appartenente al gruppo Syndicat: per questo motivo Mazzone sottopone alla valutazione dell’Istituto l’opportunità di un’ipotesi editoriale alternativa, che coinvolga l’Accademia di Scienze sociali della DDR e l’Istituto di studi e ricerche marxiste di Francoforte, una scelta che porterebbe un importante significato politico ed editoriale.
Il progetto che coinvolge Mazzone si arena nel 1982, dopo una divergenza di vedute tra il curatore e Axel Rütters, il responsabile dell’editrice Europäische, nel frattempo divenuta prima Syndacat Verlag e poi Athenäum Verlag. Il contrasto tra i due è insanabile e la rottura contrattuale segna il fallimento dell’impresa editoriale.
La pubblicazione dei Quaderni, sulla base dell’edizione critica di Gerratana, inizia di fatto solo dieci anni più tardi grazie all’editrice Argument di Amburgo ed all’impegno costante del gruppo di studiosi coordinato da Wolfgang Fritz Haug[29].
Negli anni Ottanta sono però pubblicate alcune antologie essenziali dedicate a temi specifici tra i campi d’interesse gramsciani. Guido Zamiš, che in molteplici saggi e articoli si è imposto come una delle prime figure attive nella diffusione della biografia e di spunti per la divulgazione del pensiero gramsciano, cura un florilegio di scritti giovanili e carcerari che puntano a delineare il pensiero di quell’«uomo di partito» evidenziato già da Togliatti[30]; inoltre, attraverso l’apparato critico e una corposa postfazione, il curatore cerca di dare una contestualizzazione politica agli scritti presentati[31].
A tre anni di distanza un’intellettuale formatasi nella DDR, destinata a diventare nel corso degli anni Ottanta un nome molto importante per gli studi gramsciani in Germania, Sabine Kebir[32], traduce in Marxismus und Kultur l’antologia a cura di Giuliano Manacorda, Marxismo e letteratura[33]. La curatrice tedesca aggiunge all’opera originale anche una sua breve introduzione. Il volume, pubblicato per la VSA di Amburgo, conta su una vasta scelta di scritti, giovanili e carcerari, incentrati sul concetto di cultura per Gramsci, dalla critica letteraria alla cultura popolare, fino a questioni legate alla linguistica. Su quest'ultimo versante, a cui intanto in Italia Franco Lo Piparo ha dedicato nel 1979 un importante saggio[34] che lega le radici del concetto di egemonia agli studi linguistici universitari del giovane Gramsci, anche in Germania il linguista Klaus Bochmann concentra l'attenzione, presentando un’antologia a favore dell’interpretazione di un Gramsci teorico linguista. Lingua, cultura e vita nazionale, filosofia e politica linguistica, sono i temi che emergono da questo florilegio di lettere, scritti giovanili e carcerari a cui Bochmann antepone una sua corposa introduzione teorica.
Una seconda antologia degli scritti gramsciani è dedicata da Guido Zamiš al tema della cultura come la più alta coscienza. In questo lavoro gli scritti scelti percorrono alcune delle direzioni fondamentali del pensiero gramsciano: dalle riflessioni su Rinascimento, Umanesimo e Riforma alle questioni pedagogiche; dalla critica letteraria e dalla letteratura popolare al folklore, al teatro ed al giornalismo. L’edizione, apparsa nel 1987, conta su una postfazione a cui Zamiš[35] lavora, instancabilmente e nonostante la grave malattia, nell’ultimo periodo della sua vita, che gli permetterà ancora di vedere la consegna del manoscritto alla casa editrice.
All’alba degli anni Novanta in Germania non si può ancora contare con un’edizione sistematica dell’opera di Gramsci e la Argument di Amburgo risolverà con impegno e dedizione questa grave lacuna negli anni a venire, permettendo il fiorire di nuovi e originali studi tedeschi su Gramsci.
Secondo uno studio di Stuart Woolf l’interesse internazionale per Gramsci inizia negli anni Sessanta e decolla durante gli anni Settanta[36]: il fenomeno risulta visibilmente ridimensionato in Germania rispetto ad altri paesi europei o occidentali; nel corso della Tesi emergeranno le conseguenze della mancata traduzione dell’opera completa di Gramsci in tedesco, una carenza che è colmata solamente dall’impegno di alcuni studiosi particolarmente a proprio agio con la lingua italiana e avvezzi a usare ricerche e studi internazionali; queste capacità individuali, inizialmente solitarie, sommate tra loro, hanno permesso la creazione di un incipit nella letteratura «gramscista» tedesca.
[1] Benché la storia dei successi o fallimenti editoriali non siano i temi centrali della Tesi, ritengo utile capire le ragioni che hanno portato al ritardo della pubblicazione delle opere di Gramsci in tedesco, nonché una rassegna delle altre realtà europee e occidentali come metro di paragone. Per lo schema in Appendice II sono partita dalla bibliografia raccolta da J. Cammett ed accessibile online all’url: soc.qc.cuny.edu/gramsci/writings/gramtrans.html; il breve resoconto che riporto in questo paragrafo è delineato seguendo anche le ricerche di Fiamma Lussana dedicate al tema dei progetti editoriali internazionali e sull’attività dell’Istituto Gramsci per la diffusione del pensiero del leader comunista: F. Lussana, L’edizione critica, le traduzioni e la diffusione di Gramsci nel mondo, in «Studi Storici», XXXVIII, n. 4, 1997, pp. 1051-1086 e riprodotto con alcuni sviluppi in Ead, Le edizioni, le traduzioni e l’impegno per la diffusione di Gramsci, in Il “Lavoro culturale”. Franco Ferri direttore della Biblioteca Feltrinelli e dell’Istituto Gramsci, a cura di Fiamma Lussana e Albertina Vittoria, Roma, Carocci, 2000, pp. 239-298; imprescindibile per chi intenda avvicinarsi alla ricezione di Gramsci nel mondo è Gramsci in Europa e in America, a cura di Antonio A. Santucci, introduzione di E. J. Hobsbawm, Roma-Bari, Laterza, 1995, 160 pp.
[2] Per le indicazioni bibliografiche complete di tutti gli scritti gramsciani di seguito citati cfr. Appendice II.
[3] Cfr. Benedetto Croce, recensione a Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, in «Quaderni della Critica», n. 8, 1947, p. 86
[4] Ivi, p. 88.
[5] Tutti i dati bibliografici per questa pubblicazione, le successive, nonché le traduzioni in tedesco, francese, spagnolo ed inglese sono rintracciabili nello schema bibliografico in Appendice II.
[6] Una ricostruzione dell’edizione degli scritti gramsciani da parte di Togliatti e sull’acquisizione dei manoscritti è rintracciabile in Giuseppe Vacca, Togliatti editore delle “Lettere” e dei “Quaderni del carcere”, in Togliatti sconosciuto, Roma, Editrice L’Unità, 1994, pp. 124-169; riguardo il “viaggio” dei manoscritti gramsciani e l’edizione delle Lettere Chiara Daniele, Storia delle fonti, in A. Gramsci, T. Schucht, Lettere 1926-1935, Torino, Einaudi, 1997, pp. LVII- LXXIII.
[7] Queste linee interpratative sono analizzate da Fiamma Lussana in Le edizioni..., pp. 240-242.
[8] Dall’intervento di Gastone Manacorda in Studi gramsciani. Atti del Convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennario 1958, Roma, Editori Riuniti – Istituto Gramsci, 1958, pp. 512-513.
[9] L’intervista a Ferri è pubblicata sotto il titolo di Gramsci nel mondo, in «L’Unità», 4 gennaio 1974.
[10] La prefazione è la traduzione del saggio Antonio Gramsci, capo della classe operaia italiana, scritto a Parigi nel 1937 e più volte ripubblicato.
[11] Mi riferisco a Denis Richet, Gramsci le géant, in «La Nouvelle critique», n. 50, 1953, pp. 226-230 e Id., Gramsci et l'histoire de France, in «La Pensée», n. 55, 1954, pp. 61-78.
[12] Fiamma Lussana, L’edizione critica..., p. 1057.
[13] Marc Soriano, In Francia con Gramsci, in «Belfagor», XLVIII, n. 4, 1993, pp. 465-474.
[14] F. Lussana, L’edizione critica..., p. 1059.
[15] Alessandro Natta, Gramsci tradotto e «interpretato», in «Rinascita», XXXI, n. 50-51, 1974, pp. 21-22.
[16] Il passo è tratto da una lettera di F. Ferri a D. Mascolo, italianista della Gallimard, datata 4 ottobre 1971 e rintracciata da F. Lussana nell’archivio della Corrispondenza con gli editori dell’Istituto Gramsci; la citazione è stata pubblicata in F. Lussana, L’edizione critica..., p. 1060.
[17] Il convegno in realtà non avrà mai luogo, Althusser pare stizzito dalla partecipazione di Roger Garaudy, che giudica un archetipo dell’«ideologia teoricamente revisionista»; cfr. ivi, p. 1064.
[18] Joseph A. Buttigieg giudicherà «superbly edited» le Selections from the Prison Notebooks del 1971, pubblicazione che «made it possibile for scholars to move from vague and general allusions to Gramsci to serious study and analysis of his work», cfr. Id., Reading Gramsci, in Peter Ives, Language and hegemony in Gramsci, Londra, Pluto Press, 2004, p. VIII.
[19] Cfr. F. Lussana, L’edizione critica..., pp. 1073-1074.
[20] M. Sacristán Luzón, La obra postuma de Gramsci, in La filosofía desde la terminación de la Segunda Guerra Mundial hasta 1958. Suplemento para 1957-1958 di Enciclopedia Espasa, Madrid, 1960.
[21] L’analisi secondo cui Barcellona e Torino sarebbero egualmente i centri propulsori dell’attività del movimento operaio per i rispettivi paesi è stata ridimensionata da A. Elorza in Gramsci e la teoria politica in Spagna, in Teoria politica e società industriale. Ripensare Gramsci, a cura di Franco Sbàrberi, Torino, Bollati Boringhieri, 1988, pp. 268-281.
[22] Cfr. F. Lussana, L’edizione critica..., p. 1080.
[23] Denis Richet, Gramsci et l'histoire de France..., pp. 61-78.
[24] Nell’articolo Gramsci und die DDR a firma di Hans Conrad, pseudonimo del comunista svizzero Hans Hürlimann, si legge che con certezza la Casa editrice Dietz avesse già preparato la traduzione di tutta l’opera gramsciana; l’attendibilità della testimonianza potrebbe essere inficiata dal tono polemico dell’articolo e dalla mancanza di altre informazioni: «seit etwa zehn Jahren liegt in einem ddr-Verlag eine komplette Übersetzung der Werke des Gründers der Kommunistischen Partei Italiens, Antonio Gramsci, vor»; trad.: da circa dieci anni la traduzione completa dell’opera del fondatore del Partito comunista italiano, Antonio Gramsci, si trova in una casa editrice della ddr; cfr. Hans Conrad, Gramsci und die DDR, in «Der Monat», XX, n. 243, 1968, pp. 21-27.
[25] Cfr. Guido Zamiš, Intervento, in Politica e storia in Gramsci. Atti del convegno internazionale di studi gramsciani. Firenze, 9-11 dicembre, 1977. Vol. II. Relazioni, interventi, comunicazioni, a cura di Franco Ferri, Roma, Editori Riuniti - Istituto Gramsci, 1977, pp. 159-163.
[26] Cfr. Theodor Pinkus, Gramsci nei paesi di lingua tedesca, in Gramsci nel mondo. Atti del convegno internazionale di studi gramsciani. Formia 25-28 ottobre 1989, a cura di Maria Luisa Righi, Roma, Fondazione Istituto Gramsci, 1995, pp. 85-86.
[27] Cfr. Michael Grabek, Gramsci nella rdt. Osservazioni su quattro decenni di pratiche interpretative selettive, in Gramsci nel mondo..., cit., p. 98; l’intervento di Grabek, qui citato ampiamente, ma per sommi capi, è decisamente critico verso la politica culturale della sed che ha la responsabilità diretta per aver impedito la pubblicazione di Gramsci in ddr; in ciò non credo si possa leggere una polemica sterile, ma una presa di posizione autocritica molto severa, ma onesta. L’intervento è stato pensato per un convegno che doveva tenersi a fine ottobre del 1989, benché la pubblicazione degli atti risalga al 1995.
[28] Cfr. Fiamma Lussana, Gramsci in Italia e nel mondo, in La Fondazione Istituto Gramsci. Cinquant'anni di cultura, politica e storia. Un catalogo e una guida, a cura di Fiamma Lussana, Firenze, Pineider, 2000, pp. 99-100.
[29] L’edizione critica completa dei Quaderni del carcere in tedesco è stata concepita sulla base dell’edizione critica di Gerratana; pubblicata da Argument Verlag è stata così suddivisa: Band 1 (1. Heft), 1991; Band 2 (2. und 3. Heft), 1991; Band 3 (4. und 5. Heft), 1992; Band 4 (6. und 7. Heft), 1992; Band 5 (8. und 9. Heft), 1993; Band 6 (10. und 11. Heft), 1994; Band 7 (12. bis 15. Heft), 1996; Band 8 (16. bis 21. Heft), 1998; Band 9 (22. bis 29. Heft), 1999; Band 10 (Konkordanz/Registerband), 2002.
[30] Cfr. Guido Zamiš, Vorbemerkung des Herausgebers, in Zu Politik, Geschichte und Kultur. Ausgewählte Schriften, Leipzig, Reclam, 1980, p. 5: così Togliatti descrive la caratteristica principale del pensatore sardo nello scritto che diventa noto con il titolo Antonio Gramsci capo della classe operaia italiana nelle molteplici raccolte di scritti togliattiani su Gramsci. In tedesco lo scritto appare in Antonio Gramsci. Ein Leben für die italienische Arbeiterklasse, Berlin, Dietz Verlag, 1954, 91 pp. e Düsseldorf, Das Neue Wort, 1954, 89 pp.
[31] In realtà questa antologia soffre pesantemente dell’indirizzo politico che Zamiš intende evidenziare dell’esperienza gramsciana.
[32] Sabine Kebir aveva già collaborato come traduttrice dell’antologia a cura di Zamiš cfr. Zu Politik, Geschichte..., p. 4.
[33] Antonio Gramsci, Marxismo e letteratura, a cura di Giuliano Manacorda, Roma, Editori riuniti, 1975, 495 pp.
[34] Franco Lo Piparo, Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci, Roma - Bari, Laterza, 1979, XVII-291 pp.
[35] Cfr. la nota redazionale a Gedanken zur Kultur, a cura di G. Zamiš e S. Siemund, Leipzig, Reclam, 1987, p. 5.
[36] Cfr. Stuart Woolf, Antonio Gramsci nella storiografia italiana ed internazionale, traduzione di Silvia Tognoli rivista dall’autore, in «Contemporanea. Rivista di storia dell'800 e del '900», I, n. 4, ottobre 1998, pp. 628-629.
Giorgio Baratta ha avuto occasione di descrivere il concetto di Pluraler Marxismus [2] enunciato da Haug nella prefazione all’omonimo volume e ha ricordato come l'opera abbia portato ad alcune forti e talvolta insanabili polemiche all'interno del comunismo tedesco federale, in sostanziale contrapposizione alle visioni coeve volte ad affrontare la crisi del marxismo «riconoscendo apertamente l'esistenza di vari "marxismi" e proclamando l'esigenza del "ritorno a Marx"» [3] . Secondo Baratta, Haug propone una differente dialettica di universalità e specificità: un percorso che evita i poli negativi di unità dogmatica idealista e del pluralismo borghese e guarda ai mutamenti della produzione capitalistica, un processo definito «elettronico-automatico», caratterizzato da un decentramento geografico delle aree di conflitto tra forze produttive e rapporti di produzione. Dalle trasformazioni del modo di produzione del capitale attraverso l'unità di struttura e sovrastruttura, sostiene Baratta, Haug si ispira direttamente a Gramsci, mutuando la «"necessità di tradurre" la dinamica "delle classi e degli interessi di classe dalla sfera economica a quella politica in senso ampio" (società civile e stato)» [4] . In tal modo, evidenzia ancora Baratta, nella sua impostazione l'opera ricorda Americanismo e fordismo di Gramsci. Se per queste analisi Haug si è collegato agli studi di Joachim Hirsch, il suo gramscismo si inquadra in quella corrente di studi diffusa in brd volta ad accentuare l'antieconomismo di Gramsci.
Avvicinandosi di più al testo osserviamo che la formula marxismo plurale, come specifica Haug, si riferisce ad un marxismo «der seine Einheit in der Pluralität immer wieder neu herzustellen gelernt hat, wird handlungsfähiger sein im Umgang mit den unterschiedlichen gesellschaftlichen Kräften und Fragen, und die Anerkennung des weltweiten Polyzentrismus wird ihm keine besondere Schwierigkeit bereiten» [5] . Pertanto la formula usata nel titolo del saggio è da leggere dialetticamente: la contraddizione tra il plurale ed singolo del marxismo descrive un compito, sta per l'unità ed il molteplice. L'espressione si rivela anche come formula correttiva ed autocritica nel parlare di marxismi al plurale e in questo quadro, puntualizza Haug, va anche posto in questione il concetto di marxismo occidentale, in quanto fenomeno eurocentrico.
Nel testo sono già delineati alcuni dei temi gramsciani che lo studioso di Esslingen avrà occasione di sviluppare pienamente nel decennio successivo, vale a dire le analogie tra la filosofia di Brecht e quella di Gramsci; a partire dal rapporto tra la filosofia spontanea, popolare e quella degli specialisti fino all'importanza filosofica e politica del linguaggio, tutto ciò in vista dell'obiettivo comune ai due comunisti: il progresso intellettuale di massa.
Dalla metà degli anni Ottanta Sabine Kebir e Michael Grabek hanno iniziato ad occuparsi delle analogie tra i due intellettuali comunisti [6] , ma il contributo di Haug non si risolve in una sintesi dei rilievi già enucleati e proposti sistematicamente, per esempio, al Convegno Brecht 85 nella Repubblica democratica. Possiamo al contrario affermare che il tema del confronto tra il pensiero di Gramsci e quello di Brecht trovi qui un suo primo originale sviluppo da cui pare emergere una visione del mondo, una filosofia talmente affine al punto di cercarne piuttosto le divergenze.
L'occasione per questo confronto è rappresentata da un corposo capitolo del volume, interamente rivolto al contributo del poeta comunista al marxismo, di cui si afferma l’altissimo profilo filosofico ed analitico. Partendo dalla concezione del ruolo degli intellettuali, Haug presenta l'intellettuale non organizzato brechtiano che può essere paragonato alla guida dei lavoratori proposta da Gramsci, entrambi in rottura con visioni economistiche. Se per Brecht le istanze ideologiche non sono risolvibili in nude apparenze, ma vanno ricostruite nella loro relativa autonomia, da parte sua Gramsci si interessa alla funzione svolta dai fattori ideologici nella costituzione e nello scioglimento dei blocchi ideologici.
Conquistare le teste della masse è importante per un movimento sociale ed il lavoro del pensiero è anche lavoro attinente al linguaggio. Da questa chiave di volta inizia a dispiegarsi, prorompente, l’affinità tra il poeta di Augusta e il filosofo sardo.
Haug descrive la forza del linguaggio brechtiano, che con un lavoro «plebeo», immediatamente comprensibile e con semplici giochi di parole riesce a scagliare duri attacchi contro la classe dominante. Il linguaggio di Brecht, che è un linguaggio semplice e dei semplici, porta Haug a ripensare alle riflessioni carcerarie di Gramsci: «fast wortlich übereinstimmend mit Brecht ist seine Auffassung der Philosophie» [7] . Haug si riferisce alla filosofia popolare o filosofia spontanea, dell'uomo qualunque: ognuno nel quotidiano è filosofo. A seguire alcune citazioni che mostrano questa vicinanza, Haug riporta gli elementi quotidiani in cui la filosofia dell'uomo qualunque è contenuta, ciò che Brecht definisce filosofia della strada. A parere di Haug, con Gramsci, è inoltre possibile capire più profondamente il concetto brechtiano di semplificazione del linguaggio: il pensatore sardo ha studiato il «segreto» della Chiesa cattolica che, con un'incredibile forza di resistenza, è riuscita a far fronte agli sviluppi della società industriale, alle contraddizioni del capitalismo, allo sviluppo della scienza e alla lotta sociale. La ragione di questa forza Gramsci l'ha trovata nell'organizzazione della coesione tra gli intellettuali e i «semplici di spirito».
La lingua semplice di Brecht, cioè il suo lavoro di elaborazione dall'interno della lingua dei semplici, tocca il cuore dell'analogo compito del movimento operaio: ogni intellettuale marxista chiuso in un gergo da specialisti lavora involontariamente alla dissoluzione della prospettiva socialista del blocco politico e culturale, nonché al suo stesso indebolimento. Infine - e qui l'autore riprende le riflessioni di Gramsci - uno dei compiti più importanti per l'intellettuale organico al movimento operaio è quello di farsi comprendere di fronte alle masse: «es gibt in der neuesten deutschen Geschichte wenige, von denen man zur Lösung dieser Aufgabe so viel lernen kann wie von Brecht» [8] .
Brecht ha criticato parte di quella vecchia ideologia ridipinta di rosso che è rimasta addosso al socialismo, egli ha infatti condannato il discorso intellettuale della missione storica della classe operaia, così come ha ripulito il marxismo da altre formule tipiche del ferreo determinismo. Più nascosta che ostentata, troviamo nell'opera di Brecht una rielaborazione della concezione pratica della filosofia marxista derivata da Marx e Lenin. «Vielleicht wird man eines Tages verstehen, daß Brecht die Frage der Philosophie im Marxismus besser aufgenommen hat als alle Offizialphilosophien mitsamt ihrem Gegensatz, den kritischen Theorien» [9] . Quella di Brecht è da considerarsi in questo senso un'antifilosofia, finché l'ideologia filosofica ne rimane l'oggetto. Mentre i marxisti ufficiali pensano di riempire di contenuti vecchie forme, Brecht le abbandona. Per questo egli ha avuto bisogno della dialettica, il große Methode, salvato dal poeta tedesco dalla nuova metafisica che imperava nei manuali marxisti. Brecht, talento dialettico naturale secondo Hanns Eisler [10] , nella sua critica ai «Tui»[11] ha rifiutato il semplice passaggio dell'intellettuale dal servizio al mercato e alla classe dominante, al servizio del potere socialista. Secondo Brecht, infatti, anche nella nuova situazione rivoluzionaria torna il vecchio e per lo più non nella sua parte migliore. Il pericolo, scrive Brecht in Me-ti, di solito dura più della fuga, pertanto il problema della resistenza prima o poi diventa una questione di tenacia.
Con questi riferimenti agli spunti critici del Me-ti brechtiano, Haug conclude un capitolo del suo lavoro. Si possono già qui intravedere l'entusiasmo e il materiale grezzo utile ad un lavoro di assimilazione e maturazione volto a riconsiderare il contributo del poeta al marxismo. Questa riconsiderazione della filosofia brechtiana è a parere di Haug appena cominciata ed in questa direzione infatti a distanza di dieci anni, nel 1996, lo studioso di Esslingen darà alle stampe una monografia interamente dedicata al Philosophieren mit Brecht und Gramsci [12] .
Come accennato in precedenza, alla questione «was ist Ökonomismus» Haug risponde in maniera critica: ci si dovrebbe piuttosto domandare in che direzione vanno le nostre critiche, quando contestiamo l'economismo. L'antieconomismo è una parte fondamentale del pensiero di Lenin e Gramsci; in note risalenti alla fine del 1930, Gramsci si dedica alla critica dell'economismo a partire dall'egemonia teorizzata da Lenin. In questo contesto è concepito il primo frammento della sua critica a Bucharin, inoltre, nella politica della III Internazionale si trova quell’errore economistico che non prende in considerazione la sovrastruttura. I fronti più importanti aperti da Lenin nella sua lotta all'economismo sono stati il sindacalismo, lo spontaneismo e il riformismo, gli stessi rintracciabili nell'opera del Sardo.
Gramsci ha notato che l'economismo ha origini tanto borghesi quanto proletarie, per esempio la formula liberale secondo la quale lo Stato non dovrebbe immischiarsi nelle questioni economico-sociali è in realtà una prescrizione di politica economica, non un fatto economico: anche in un regime di libero mercato esiste un tipo di regolamentazione statale formalizzata attraverso la legge e imposta con la coercizione. Gramsci denomina questo paradosso dell'ideologia della spontaneità del mercato con l'esempio del libero mercato. Il sindacalismo ed il radicalismo di sinistra si possono accompagnare alle teorie economistiche, pregiudicando in tal modo l’emancipazione delle masse lavoratrici.
Haug rileva come per Gramsci l'economismo ponga inoltre un insieme di problemi legati ad una concezione storica determinista e meccanicistica: un tipo di fatalismo materialistico. Questa ideologia è definita dal Sardo come oppio del movimento operaio in precise fasi di debolezza. La critica all'economismo si può porre come obiettivo positivo una nuova relazione tra intellettuali e popolo,
Haug prende in considerazione la figura di Gramsci, con riferimento implicito al suo pensiero anche in altre parti della sua opera. Ricordiamo qui, soprattutto per gli sviluppi successivi, l'accenno di Haug alla figura di José Carlos Mariátegui, nominato a paragone con Mao e Gramsci, ma che ancora nel 2009 sarà preso in considerazione per la vicinanza alle teorie gramsciane [13] .
Nell'ottobre del 1986 ad Amburgo si tiene il Convegno Kultur und Politik bei José Carlos Mariátegui und Antonio Gramsci. Wolfgang Fritz Haug spiega, in un resoconto dell'incontro [14] , come sia emersa la mancanza di una traduzione sistematica dell’opera del marxista peruviano. Organizzatore dell'incontro, Ulrich Schreiber, ha saputo coinvolgere studiosi di Mariátegui e di Gramsci da oltre dieci paesi, aprendo discussioni non solo su questioni editoriali ed interpretative, ma soprattutto teoriche nel confronto tra gli aspetti politici del pensiero dei due marxisti. Gli interventi sono stati in parte introduttivi, ma sono stati anche presentati degli approfondimenti, ad esempio sulla questione religiosa da parte dei due teorici, nonché sulla questione indigena e ancora sul rapporto tra il populismo da una parte e la politica dell'Internazionale comunista dall'altra. Non per il ultimo il ruolo dell'aspetto nazionale nella strategia rivoluzionaria e il significato della questione culturale. È emerso il carattere pluralista della politica culturale e teorica nell'attività giornalistica del peruviano.
Lo studio di Mariátegui in Europa è appena iniziato, osserva Haug, il quale ritiene necessario arginare i tentativi interpretativi strumentali, per evitare letture quali quella riformista dell'opera di Gramsci, trasformato in una sorta di Croce, come indicato da Giorgio Baratta riguardo all'appropriazione di Gramsci da parte di Peter Glotz: se ciò accadesse si rischierebbe di incontrare un Mariátegui culturalista con tratti romantici amerindi.
Nel suo Die Faschisierung des bürgerlichen Subjekts [15] , Haug evidenzia come nei Quaderni Gramsci abbia ricercato i cambiamenti e le riforme nell'insieme dei modi di produzione e di vita durante la razionalizzazione tayloristica [16] . Già dal I Quaderno del 1929-1930 il Sardo accenna all'interesse degli industriali americani sui rapporti sessuali dei loro dipendenti e senza giri di parole sostiene che la mentalità puritana vela una necessità evidente: regolare l'attività sessuale affinché la produzione sia intensiva. Nel quaderno 22 del 1934 ritorna questo riferimento, integrato da alcune osservazioni sull'interesse degli industriali per le famiglie dei dipendenti e il proibizionismo per legge federale. Sebbene l'apparenza sia quella di puritanesimo, Gramsci avverte di non lasciarsi trarre in inganno: questa è in verità la produzione di un nuovo tipo di uomo, così come richiesto dalla razionalizzazione della produzione. Tali osservazioni, raccolte sotto il tema di Americanismo e fordismo, trattano quelle questioni che emergono nel passaggio dall'individualismo della vecchia economia all'economia programmatica, sotto la pressione della caduta tendenziale del saggio di profitto. L'obiettivo è manipolare e razionalizzare le forze subalterne ma anche alcuni settori delle forze dominanti.
Haug osserva come in recenti studi di Joachim Hirsch [17] si trovi sotto il termine «fordismo» una fusione della produzione taylorizzata con il lavoro razionale, un modello di consumo, differente dalla concezione gramsciana, che Franco de Felice ha definito «ein Instrument zur Analyse weniger rationalisierter, weniger entwickelter Gesellschaften»[18], ma in una fase di lunga durata.
Ciò che interessa a Gramsci di questo fenomeno è soprattutto la statalizzazione di alcune funzioni morali ed è esemplificativa la sua analisi del proibizionismo: alcol e sesso incombono come una morbosità dove il lavoro ripetitivo diventa ossessione. Un'ideologia tradizionalista diventa così veicolo di una modernizzazione capitalistica.
In uno scritto sulla politica culturale gramsciana, con dedica a Carl-Henrik Hermansson [19] , studioso dell'opera di Peter Weiss, Wolfgang Fritz Haug riporta un passo dal terzo volume di Pluraler Marxismus, in via di pubblicazione; si tratta della questione della politica culturale gramsciana, che lo studioso, come ha già abituato i suoi lettori, vuole sciogliere con acribia filologica. Per far ciò, nella traduzione di Gramsci è sempre necessario coadiuvare la traduzione quasi letterale dell'espressione con la spiegazione del concetto, talvolta anche dei principi che determinano la differente visione d'insieme. Così accade anche nel caso della complessa traduzione della categoria gramsciana di «società civile» [20] , che in tedesco assume un significato differente rispetto alle lingue romanze e slave. Per spiegarne le caratteristiche di elemento sovrastrutturale l'autore utilizza anche il contributo che Norberto Bobbio presentò al Convegno cagliaritano del 1967 [21] ; da ciò deriva una differenza sostanziale rispetto a Marx, che si chiarisce nell'uso delle espressioni inglesi «civil society» e «bourgeois society»; quest'ultima inclusa da Marx nella struttura, mentre per Gramsci appartiene alla sovrastruttura, un aspetto che Kallscheuer fa risalire alla gramsciana «Hunger nach Idealismus» [22] .
Haug rileva quanto il concetto di società civile sia legato a quello di cultura e alla questione dell'egemonia; quest'ultimo, nel significato che oggi abbiamo appreso dai Quaderni ha avuto una complessa gestazione e l'autore rimanda al contributo di Claudia Mancina apparso in Germania come introduzione alla monografia di Gruppi sull'egemonia gramsciana [23] . Qui Haug cita Frank Deppe, che identifica la questione dell'egemonia con quella del potere [24] .
Nella II Internazionale la questione dell'egemonia culturale può già vantare una tradizione, per esempio, Rosa Luxemburg nel 1903 spiega la stagnazione teorica nel marxismo con l'impossibilità strutturale del movimento operaio socialista di premettere al proprio dominio politico il dominio intellettuale, così da opporsi alla cultura borghese con una propria nuova scienza e arte; perentoria, la Luxemburg spiega che dentro questa società e finché ne permangono le fondamenta economiche, non vi può essere altra cultura che quella borghese [25] . La Luxemburg attendeva un cambiamento finale con il concorso dello sviluppo economico e della spontaneità delle masse. Con la sua critica all'economismo, Lenin si è scontrato con questa concezione, ma anche Gramsci ritiene fatale la confusione tra questione egemonica e quella del potere.
Per un politico come Peter Glotz, continua Haug, la questione dell'egemonia si può anche ridurre al raggiungimento di un'influenza nell'ottica elettorale. Questo riduzione di peso, nel senso pragmatico della questione, è posta da Habermas accanto al modello della «terza arena»: in cima si trova l'arena politica, sotto questa molteplici gruppi ed attori collettivi si contrappongono o si alleano in lotta per l'accesso ai mezzi di produzione e comunicazione, mentre nella terza arena non si litiga per il denaro o il potere, ma sulle definizioni. Si tratta precisamente di flussi di comunicazione, difficilmente disponibili, che determinano la forma della cultura politica e con l'aiuto di definizioni della realtà si compete per raggiungere ciò che Gramsci ha chiamato egemonia culturale [26] . Ci si allontana dalla visione di Gramsci se da una parte si tralascia la rottura con l'ideologia dominante e il lavoro di creazione di una nuova cultura e dall'altra si esclude una svolta in contrapposizione all'economismo. In nota, Haug spiega come Habermas abbia placato queste contrapposizioni, ma non abbia colto la direzione in cui va l'egemonia culturale gramsciana.
La lotta per una nuova cultura si esprime anche in un nuovo modo di vivere, è la lotta per una nuova civiltà ed Haug osserva come questi elementi spesso si presentino in Gramsci come sinonimi. La questione egemonica è anche liberazione, un'emancipazione di tutti attraverso il dominio di classe, intrinsecamente legata alla questione della civiltà per un nuovo modo di vivere che inizia con l'elevazione dei subalterni, non si tratta infatti in nessun modo dell'appropriarsi della cultura dominante, ma di respingere quella egemonia culturale. Inoltre, continua Haug, per Gramsci la creazione culturale non è da confondere con quella artistica.
Haug sceglie con molta cura i termini tedeschi con cui tradurre i concetti gramsciani, per questo, ad esempio, per politica culturale preferisce «Politik des Kulturellen» a «Kulturpolitik», che indicherebbe una politica sovvenzionata dallo Stato.
Per dar vita al cambiamento auspicato da Gramsci, la massa si può emancipare solo con il sapere e con il comprendere, mentre gli intellettuali devono sentire l'elemento popolare.
Se per Brecht gli intellettuali sono pericolosi come un sigaro sbriciolato nella zuppa, per Gramsci il problema si pone quando essi non «sentono» come la popolazione. In mancanza di questo rapporto tra intellettuali e massa, i contatti sono ridotti a mera burocrazia o formalità e gli intellettuali diventano una casta o un clero. Senza la rispettiva conoscenza e sensibilità non è possibile inverare nessuna cultura di liberazione sociale, solo sull'asse intellettuali-popolo si invera la vita d'insieme: questo rappresenta la forza sociale con cui costruire il blocco storico.
Quando Gramsci parla del «popolare», spiega Haug, non intende nulla che abbia a che fare con il popolaresco o con quello che si intende con la trasfigurazione delle subculture.
Il pensiero di Haug arriva alla società coeva: senza la costruzione di una cultura alternativa non si può arrivare all'autodeterminazione, si rimane subalterni, o, nella società dei due terzi, consumatori.
Il percorso di Haug, a differenza di quello di Sabine Kebir, continuerà anche nei decenni successivi a dare risultati sempre più rilevanti per lo studio e la diffusione di Gramsci prima nell'area tedesca e poi, con sempre maggiore autorevolezza, anche a livello internazionale.
[1] Wolfgang Fritz Haug, Zu einigen theoretischen Problemen der Diskussion über die Kultur der Arbeiterklasse, in «Das Argument», XXI, n. 115, 1979, pp. 342-351; il testo è stato originariamente presentato al Convegno Kulturelle Bedürfnisse der Arbeiterklasse organizzato dall’Institut für Marxistische Studien und Forschungen a Francoforte nell’ottobre 1977.
[26] Cfr. Jürgen Habermas, Die neue Unübersichtlichkeit. Kleine politische Schriften, Francoforte, Suhrkamp, 1985, p. 159