Inganni
Non firmato, “L’Ordine Nuovo”, anno I, n. 116, 26 aprile 1921.
Il manifesto del Partito comunista ha offerto agli scrittori della “Stampa” l’occasione per una predica untuosa e dolciastra agli operai. Predica senza convinzione, parole senza contenuto e senza nesso. I teorici del giolittismo sono a mal partito, evidentemente. Non sanno più a che santo votarsi: è venuto loro a mancare anche il figurino britannico, brutalmente spezzato dalle rozze mani dei minatori. È venuto loro a mancare il motivo essenziale delle chitarrate sentimentali con cui cercarono negli anni passati di ammollire lo spirito rivoluzionario della classe operaia: l’avvento millenario del più grande statista italiano dopo Cavour. L’on. Giolitti è andato al potere. Cosa rimane delle speranze e delle aspettazioni fatte nascere nell’animo popolare dagli scrittori della “Stampa”? Cosa ha costruito il costruttore Giolitti? Cosa ha restaurato il restauratore Giolitti?
Nell’ordine morale, il livello della vita italiana si è abbassato fino
all’infamia più rivoltante. La moralità di uno Stato diventa
concretezza storica negli ordinamenti di giustizia. Esiste una
giustizia in Italia? Quale delitto è stato punito? Quale assassino è
stato allontanato dalla circolazione sociale? Si ammazzano i bambini e
le donne, si incendiano le private abitazioni e si lasciano senza tetto
i vecchi e gli infermi: cosa fa la giustizia italiana? Come tenta
almeno di arginare questo straripamento di barbarie e di ferocia senza
nome? Il cinismo è il carattere più vistoso della moralità della vita
italiana governata dal restauratore Giolitti; i valori umani di questo
periodo della storia nazionale possono riassumersi unicamente
nell’espressione tagliente e decisiva di Guglielmo Gladstone: negazione
di Dio.
Nell’ordine costituzionale cosa ha restaurato l’on. Giolitti? Egli era
andato al potere presentandosi come un difensore dei diritti popolari,
come fautore del più esteso regime parlamentare. Ha sciolto la Camera
dei deputati, ripristinando attivamente le prerogative statutarie della
Corona, annullando d’un tratto tutte le conquiste pacifiche che il
“popolo sovrano” aveva realizzato nei quadri della democrazia
rappresentativa. Ha permesso che i deputati, i rappresentanti della
“volontà nazionale” fossero vilipesi e malmenati impunemente: non
riesce neppure ad assicurare la libertà di movimento e l’integrità
personale agli stessi funzionari governativi, come l’on. Maffi,
sequestrato e torturato da bande armate al cospetto della polizia
impotente o connivente.
I teorici del giolittismo integrale nella loro predica accennano alla
rivoluzione russa, alle concessioni fatte ai contadini, alle
concessioni fatte al capitalismo straniero. Ma chi ha mai sostenuto che
in Russia fosse attuato il comunismo? Chi ha mai nascosto che
l’emancipazione del popolo lavoratore costerà sacrifici e dolori? Non
hanno i comunisti continuamente ripetuto che lo Stato operaio è
caratteristico del periodo di transizione tra il capitalismo e il
comunismo? La verità è che mai come nel periodo attuale il popolo
lavoratore italiano ha potuto sperimentalmente assimilare la nozione di
dittatura proletaria. La classe operaia, in preda alla disoccupazione,
vede sferrarsi l’offensiva padronale su vasta scala contro le
organizzazioni sindacali: appare ogni giorno più chiaro agli operai
come una tale offensiva non possa essere infrenata coi mezzi soliti, al
riparo delle associazioni tradizionali; una sola organizzazione può
essere in grado di garantire agli operai una relativa sicurezza del
pane e del tetto: il potere di Stato in mano della classe operaia, la
forza armata rivolta a sostenere i diritti del proletariato. A che
serve il progetto di controllo per gli operai serrati della Fiat? E se
anche il progetto diventasse legge pubblicata dal “Giornale ufficiale”,
come possono credere gli operai alla sua efficacia quando vedono che
oggi in Italia nessuna legge viene rispettata dai borghesi e fatta
rispettare dai poteri statali? La quistione del controllo sta
diventando per la classe operaia una necessità esistenziale, ma la
soluzione si presenta oggi in termini ben diversi da quelli prospettati
dal giolittismo: la quistione del controllo è la quistione del potere
industriale, è la quistione del sapere se i piani di produzione
industriale devono essere stabiliti nell’interesse dei banchieri e
degli speculatori di Borsa, o devono essere stabiliti nell’interesse
delle grandi masse popolari, se devono essere fissati dal personale di
fiducia del capitalismo o dal personale di fiducia della classe
operaia. In questi rapporti rientrano larghi strati delle classi
contadine. La classe operaia, con la sua forza che si manifesta nelle
città, protegge la posizione politica ed economica dei contadini poveri
e dei proletari agricoli che abitano dispersi su vasti territori e sono
i più esposti ai colpi della reazione. Lo Stato borghese non solo non
assicura il godimento della terra ai contadini, ma non assicura loro
neppure la sicurezza individuale e l’integrità della persona. Per il
contadino ferrarese o modenese non si tratta oggi di possedere terra,
si tratta di essere libero e sicuro, di non essere continuamente
minacciato dalle spedizioni punitive, di non essere trascinato al
ludibrio, incatenato dietro un carro di sterco, di saper sicuri la sua
donna e i suoi figli.
Lo Stato operaio non è una scelta arbitraria, non è un fine proposto. È
una necessità storica, risulta dalle condizioni create dallo sviluppo
della lotta di classe. Quando la borghesia, coi suoi errori, con la sua
incapacità, determina una identità immediata di interessi tra le varie
classi del popolo lavoratore, allora i comunisti affermano che esistono
le premesse sociali dello Stato operaio. Quando il capitalismo si
dimostra incapace ad assicurare i mezzi di sussistenza e di sviluppo
alle classi lavoratrici, allora i comunisti affermano che esistono le
premesse economiche della rivoluzione proletaria. È lo sviluppo
intrinseco della realtà economica e sociale che si assume il compito di
dimostrare la storicità di queste affermazioni: ai comunisti spetta il
compito di assicurare lo svolgimento delle premesse spirituali per
l’avvento dei nuovi ordinamenti. I comunisti sono aiutati in questa
loro missione dai giocolieri della stampa borghese: in Italia nessuno
ha contribuito più della “Stampa”, con le sue capriole, con le sue
promesse demagogiche, con le sue illusioni subito distrutte dalla
realtà, nessun uomo politico ha contribuito più dell’on. Giolitti, coi
suoi inganni e le sue frodi, a rinsaldare nella coscienza degli operai
la persuasione che solo con la gestione diretta dello Stato da parte
del proletariato incomincerà la fase della ricostruzione e della
restaurazione dell’ordine economico e politico.