La rivoluzione tedesca
La settimana politica [XX] in «L’Ordine Nuovo», anno I, n. 41, 20 marzo 1920, sotto la rubrica «La settimana politica». Raccolto in L’Ordine Nuovo. 1919-1920, a cura di Valentino Gerratana e Antonio A. Santucci, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1987, pp. 469-472.
La «dittatura militare» ha dato l’assalto alla «democrazia» tedesca e ha cozzato non contro le organizzazioni dello Stato parlamentare, che non esistevano all’infuori della stessa dittatura militare, non contro le milizie fedeli del suffragio universale e della Costituente, che non esistevano all’infuori dei quadri della dittatura militare, ma contro la classe operaia che d’un colpo ha arrestato la vita economica della Germania, contro la classe operaia insorta con le armi in pugno per difendere la sua libertà e il suo avvenire storico[1].
La «democrazia» non ha resistito un solo momento, è scappata al primo strepito minaccioso dei reggimenti di Ludendorff in marcia; la democrazia tedesca era spietatamente forte solo con la classe operaia, si faceva rispettare solo con la classe operaia, trovava armi sicure e milizie fedeli solo quando la classe operaia rivendicava una libertà e un diritto proletario; la democrazia non era che uno strumento in mano della dittatura militare, uno strumento di guerra civile che viene smesso quando non serve piú, quando diventa ingombrante e minaccia di cadere in mano dell’avversario.
La sconfitta di Ludendorff non è dunque la semplice sconfitta della sola casta militare germanica: è una delle fasi piú importanti nel processo di sviluppo della rivoluzione tedesca, perché indica il prevalere della potenza proletaria sulla potenza dello Stato borghese, perché indica che in Germania l’equilibrio delle forze si è spostato a vantaggio della classe operaia. La rivoluzione tedesca riprende il suo ritmo di violenza, dopo la parentesi democratica: si è conchiusa una fase essenziale della rivoluzione proletaria, europea e mondiale, poiché il proletariato germanico rimane protagonista della storia mondiale, come ne era stata protagonista la borghesia germanica.
Questo anno di stasi democratica in Germania aveva fatto nascere molte illusioni e molte speranze. Si attendeva che in Germania maturasse la prova che la rivoluzione russa era solamente e puramente la rivoluzione russa e non già un momento della rivoluzione proletaria mondiale, si attendeva la dimostrazione che la dittatura della classe operaia era stata in Russia il prodotto di condizioni materiali proprie della Russia e di un’ideologia politica che poteva nascere solo in Russia, come reazione al dispotismo zarista. Alla Germania era stata assegnata la missione di europeizzare la rivoluzione russa, di europeizzare il sistema dei Consigli. La piccola borghesia occidentale ha facilmente occupato la nuova posizione di classe media tra il proletariato comunista e il capitalismo divenuto conservatore, reazionario, militarista; la nuova posizione che nel campo delle ideologie è caratterizzata dal socialriformismo. La piccola borghesia, collocatasi perfettamente in questa nuova posizione storica, ha subito creato una nuova teoria costituzionale, ha subito costruito un nuovo tipo di Stato. Si trattava di conciliare il potere borghese col potere proletario, il Parlamento eletto a suffragio universale col sistema dei Consigli: si pensò di riprodurre nei rapporti tra borghesia e proletariato lo stesso equilibrio che le rivoluzioni borghesi avevano determinato nei rapporti di classe tra la nobiltà terriera e la democrazia dei fabbricanti capitalisti: come l’Inghilterra era giunta a costruire lo Stato moderno borghese con le due Camere, dei Lords e dei Comuni, dando il modello per la costruzione degli Stati europei continentali, cosí la Germania avrebbe dovuto costruire lo Stato modernissimo, con due Camere: il parlamento politico e il parlamento economico, il parlamento dei proprietari e il sistema dei Consigli operai[2]. La piccola borghesia era persuasa di dare la felicità a tutte le classi sociali: la classe operaia avrebbe avuto il suo dominio, avrebbe avuto campo di discutere, di chiacchierare, di preparare progetti di legge e di riforme «radicali»; la classe proprietaria avrebbe riacquistato la tranquillità e avrebbe visto rifiorire il profitto per una maggiore produttività determinata nella classe operaia dalla disciplina spontanea e dalla «gioia del lavoro» create dal Consiglio di azienda, dalla «compartecipazione» al potere industriale; e la intelligente piccola borghesia avrebbe anch’essa vendemmiato nel comune gaudio, poiché la creazione e la sistemazione dei nuovi organismi avrebbero moltiplicato i posti di fiducia, le cariche, le deputazioni, gli uffici, le commissioni speciali.
Un grande sforzo è stato compiuto dai teorici della Internazionale comunista per distruggere questa ideologia, per espellere dal campo del proletariato tedesco gli assertori di questa ideologia, per martellare nei cervelli del proletariato tedesco la persuasione che non può esistere convivenza pacifica tra il Parlamento e il sistema dei Soviet, tra la dittatura borghese e la dittatura proletaria. La prima rivoluzione aveva lasciato in Germania come conquista solida della classe operaia il Consiglio di fabbrica: la lotta tra i rivoluzionari e gli opportunisti piccolo-borghesi s’imperniò sulla quistione dei Consigli di fabbrica e si inasprí fino al conflitto a mano armata. La classe operaia non volle permettere che fosse stroncato dal Parlamento lo slancio vitale rivoluzionario del Consiglio di fabbrica, che fosse soffocato il germe del potere di controllo sulla produzione industriale da parte della classe operaia. L’autocrazia del capitalista nella fabbrica è il presupposto economico del militarismo e dell’imperialismo; se il privilegio della classe proprietaria sulla produzione viene limitato, viene controllato, tutto lo Stato borghese ne soffre, il potere della borghesia scade, il militarismo sente mancarsi il terreno sotto i piedi. Il militarismo tedesco ha reagito violentemente contro la minaccia, ha svuotato di ogni potere lo Stato parlamentare che permetteva discussioni e azioni cosí pericolose per l’ordine costituito, ha cercato di imporre esplicitamente la sua dittatura.
Cosí si è chiuso il periodo di stasi democratica in Germania: la guerra civile nuovamente divampa e il proletariato tedesco si trova in posizioni enormemente piú favorevoli che nel gennaio 1919. Le esperienze storiche che la piccola borghesia occidentale si attendeva dal «popolo» tedesco, le attende oggi il proletariato occidentale dal proletariato tedesco: la elaborazione e la costruzione del sistema dei Soviet come forma della dittatura proletaria, come strumento dell’aspra lotta che la classe operaia dovrà combattere per attuare la società comunista.
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[1] Il colpo di Stato reazionario di von Knapp e del generale Luettwitz (di cui si diceva avesse partecipato anche Ludendorff) era fallito nel giro di pochi giorni in seguito alla resistenza opposta dagli operai berlinesi, che avevano attuato lo sciopero generale.
[2] Un articolo della Costituzione di Weimar prevedeva la istituzione di un parlamento economico (Reichwirtschaftsrat). Intorno alle speranze suscitate da questo tentativo di compromesso tra il regime parlamentare e il regime dei Soviet, cfr. anche l'articolo Elezionismo, in questa raccolta a p. 180.