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Questa ricerca ha preso la sua forma grosso modo definitiva durante il periodo che ha visto, in occasione dei settant’anni dalla morte di Antonio Gramsci, un gran numero di celebrazioni, giornate e convegni, in Italia e nel mondo, volti a ricordare la figura del politico e pensatore sardo. Oltre alle cerimonie di maniera ed alle strumentalizzazioni politiche a cui questo tipo di eventi inevitabilmente dà adito, la ricorrenza ha messo in evidenza alcuni positivi elementi di novità. Negli ultimi decenni abbiamo infatti assistito ad una felice opera di maturazione ed aggiornamento degli studi su Gramsci, alla luce della quale gli scritti dell’autore dei Quaderni, lungi dal presentarsi come Bibbia da cui attingere il verbo, si configurano come terreno d'indagine dal quale emergono – a partire dai testi e da alcune categorie fondamentali – nuovi strumenti per l’analisi della società, della politica, della cultura secondo una prospettiva contemporanea[1].
Probabilmente non si può affermare che l'Italia primeggi in questo corso innovatore, essendo tuttora ancorata ad una scuola di studi – massiccia e ben radicata – che continua a riesaminare, non di rado secondo dinamiche ripetitive, dagli anni Sessanta ad oggi, quelle categorie gramsciane che altrove sono lette e riformulate secondo uno spettro contemporaneo. Una parte di questa responsabilità è sicuramente dovuta alla matrice politica e formativa suggerita, o imposta, da un’istituzione storicamente determinante come il pci e dalla sua eredità culturale; altra è da imputare ad una classe di intellettuali molto attenta alla politica partitica nei suoi diversi colori e sfumature.
In un quadro italiano a volte monotono, gli apporti esterni rappresentano sicuramente una boccata d’ossigeno, soprattutto per quella generazione di giovani, o a loro molto vicina, di cui sento di far parte; una generazione che si è accorta che il mondo non ruota più sui medesimi meccanismi ed equilibri economico-sociali nonché politici dell’inizio del Novecento o del Secondo Dopoguerra e rintraccia nell’opera del Sardo l'attualità delle osservazioni e gli strumenti appropriati per analizzare «il mondo», nella sua globalità, entrato nel nuovo millennio[2].
Lo studio di Gramsci rimane probabilmente ancora troppo specializzato e sviluppato in ambiti di ricerca chiusi a compartimenti stagni, plausibile conseguenza della mancanza di quella divulgazione capillare auspicata nella società italiana dopo la Seconda Guerra mondiale; gli esempi italiani di divulgazione della biografia e dell’opera del Sardo non sono così cospicui e moderni quanto questa figura meriterebbe; inoltre, a ciò si aggiunge una certa difficoltà nella lettura degli studi gramsciani nostrani per i non addetti ai lavori. Tuttavia, talvolta si assiste ad esempi positivi di studio e divulgazione insieme, che riprendono e diffondono i risultati principali della ricerca in materia[3].
Già da tempo, oltre un decennio fa, si è aperto un filone di letteratura critica che mira a fare il punto della situazione sull’identità degli studi gramsciani in Italia come nel mondo[4], una necessità sentita a livello internazionale, data la vastità della bibliografia gramsciana. Ciononostante diverse lacune permangono, e a colmare almeno in parte una di queste, la presente Tesi vorrebbe dare un contributo.
Se possiamo contare su studi ad ampio spettro, anche monografici, sulla ricezione dell’opera di Gramsci e della sua figura in più lingue e paesi, così non si può dire per l’ambito tedesco, che rimane oscuro anche per la sostanziale mancanza di traduzioni degli studi tedeschi nella nostra lingua. Questa lacuna storiografica, relativa ad un’area linguistica filosoficamente tra le più attive, e da cui provengono alcuni tra i maggiori esponenti della sinistra e del marxismo mondiale, appare del tutto ingiustificata e questo studio intende, nella misura del possibile, contribuire a colmarla.
Compito di questa ricerca è dunque tracciare un profilo storiografico della ricezione dell’opera di Antonio Gramsci in Germania, un profilo che intende documentare i percorsi, le influenze politiche e culturali, ed eventualmente i limiti, degli studi gramsciani nel contesto linguistico, politico e nazionale tedesco. Il progetto, che ad un primo approccio pare muoversi principalmente sul piano della storia della cultura, è stato inteso gramscianamente, dando perciò rilevanza alle relazioni tra questa e la politica e tra entrambe e la società civile: uno degli obiettivi è stato quello di collegare storiograficamente la ricezione del pensiero del Sardo alla storia politica e culturale del paese nel suo divenire.
A uno sguardo d’insieme, le due Germanie offrono, almeno fino al punto di svolta del 1989, un panorama dominato dal tentativo – sempre variamente condizionato, a Est come a Ovest, da istanze politiche e culturali – di tradurre e acclimatare nel contesto tedesco i risultati più rilevanti della ricerca italiana, facendo in questo modo decollare un approccio autonomo alle problematiche sollevate dall’autore dei Quaderni del carcere. Su questo sfondo, il fiorire di studi gramsciani nel corso degli anni Ottanta crea però in Germania un fenomeno essenzialmente nuovo, a cui, con il 1989, la mia tesi introduce: si tratta dei convegni inizialmente intitolati anche in modo esplicito a «Die Linie Luxemburg-Gramsci», della preparazione del grande dizionario storico del marxismo (Historisch-kritisches Wörterbuch des Marxismus) da parte del gruppo InkriT (Institut für kritische Theorie) e, non da ultimo, della traduzione integrale dell’edizione critica dei Quaderni del carcere.
Per intendere il passaggio che avviene in Germania, a partire da un forma essenzialmente ricettiva fino a quella creativa della lettura di Gramsci, reputo necessario sin da subito accennare a quella che definirei la lunga e articolata gestazione del processo di «gramscizzazione» che vede protagonista almeno una parte del marxismo tedesco. Segnalo ciò, affinché questo filo conduttore venga tenuto presente nel corso della lettura.
Di seguito fornisco due tipi di introduzione: la prima è una premessa metodologica che intende chiarire il metodo utilizzato in ogni passo del mio lavoro, un metodo parzialmente utilizzato già in precedenza e che ha dato buoni frutti, anche se per un lavoro sostanzialmente differente, con la mia Tesi di Laurea. Aggiungo a questa un'introduzione storiografica per dare un’idea del quadro in cui si situa la grave mancanza di traduzioni dell'opera di Gramsci in Germania rispetto ad altre aree linguistiche europee.
Nello svolgimento della Tesi ho creduto opportuno, occupandomi di un ambito quasi sconosciuto, di non limitare i risultati della ricerca attraverso descrizioni sommarie da accompagnare ai dati bibliografici, ma di dare notizia del contenuto di questi contributi nelle caratteristiche dominanti e originali, senza tralasciare le contestualizzazioni politiche e storiografiche. A tal proposito ho ritenuto ancora utile la creazione di un apparato critico. Nell’appendice I ho redatto delle schede biografiche o storiche per gli autori, le case editrici, le riviste, le associazioni tra le maggiormente rilevanti per il tema in oggetto, in modo da non appesantire il testo con ulteriori notizie in nota. Mentre per le appendici III e IV ho suddiviso la bibliografia secondaria utilizzata per questo lavoro. Non è qui contemplata la nuda bibliografia gramsciana tedesca, in ogni caso desumibile dal testo, principalmente per il fatto che la maggior parte dei titoli è già contemplata nella bibliografia di John Cammett, a cui si devono sommare una piccola parte di nuovi dati. Per questi o per altre indicazioni bibliografiche, precisazioni o ulteriori notizie, rimango disponibile all'email elisabetta.roggero@gmail.com.
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Ringraziamenti
Desidero qui ringraziare il personale della Staatsbibliothek (Unter den Linden e Potsdamerstr.) di Berlino e la responsabile della copisteria interna alla sede di Unter den Linden, per l’efficienza, l’aiuto e la gentilezza dimostrata nell’arco degli ultimi tre anni.
Un ringraziamento va al responsabile della Biblioteca dell’Istituto Gramsci di Torino, Matteo d’Ambrosio, per la grande disponibilità e la puntualità, così come alla Biblioteca gramsciana di Gonnosnò, diretta da Giuseppe Manias.
Merita anche un ringraziamento Cristina Crivelli della Biblioteca dell’ISPI di Milano per lo zelo e la cordialità nell’aiutarmi nelle ricerche, nonché la Biblioteca civica Sormani di Milano e, non per ultima, la Fondazione Einaudi di Torino, per la tempestività e cortesia.
Grazie alla prof.ssa Anna Tonelli, per aver avuto fiducia in me e nel mio lavoro.
La mia gratitudine per l’aiuto di cui mi sono avvalsa per le ricerche e lo studio alla base di questa Tesi va soprattutto al gruppo InkriT, a partire dai fondatori Wolfgang Fritz e Frigga Haug, maestri di metodo gramsciano, a Thomas Weber e Peter Jehle per l'attenzione dedicata ai miei studi, nonché a molti degli studiosi con cui sono venuta a contatto durante i Convegni Die Linie Luxemburg-Gramsci: Ruedi Graf prima di tutti, traduttore dei Quaderni gramsciani nell’edizione critica della Argument, primo interlocutore scientifico dotato di grande pazienza e precisione; Juha Koivisto e Mikko Lahtinen, eccellenti studiosi gramsciani finlandesi che mi hanno aiutata nell’interpretazione delle linee storiografiche su cui si muove la Tesi; non per ultimi gli amici di Aachen: Alban Werner, giovane studioso di scienza politica e ora attivo a Strasburgo per Die Linke., e Richard Gebhardt, scienziato politico e studioso del fenomeno delle nuove destre in Germania, validissimi informatori di vicende tedesche e aiuto impagabile per le mie ricerche.
A Danilo Maccioni va ancora un ringraziamento, per avermi tanto aiutata negli ultimi tre anni, soprattutto nell'appoggiare la mia decisione di lasciare un precedente ambiente di lavoro. Senza la forza ed il richiamo dell'etica hacker, che con passione lui ha incoraggiato, non avrei avuto la piena consapevolezza ed il coraggio di prendere le decisioni corrette.
Ad Alessandro Salza, esperto di sistemi bibliotecari, va il ringraziamento per avermi dato i primi, fondamentali consigli adeguati per il mio tipo di ricerca. Vorrei ancora ringraziare Matteo Pinna Pintor, amico fidato, che ha in parte contribuito alla revisione dell’ultima stesura di questo testo.
Questo lavoro non sarebbe stato presentabile senza il preziosissimo aiuto del prof. Fabio Frosini, che ha accolto il mio solitario lavoro, abbozzato in tre anni e, rimboccandosi le maniche, si è impegnato nella correzione e ha saputo consigliarmi, nonostante il tempo tiranno, una strada per migliorare un testo appena iniziato.
Queste pagine sono dedicate soprattutto a mia madre, Germana Scuvero, che con ineguagliabile abnegazione ha supportato e sopportato anche questi ultimi anni di studio. La sua forza d'animo e fisica, la sua determinazione, mi hanno permesso di concludere questo lavoro.
Grazie mamma.
Vorrei ricordare ancora l'affettuosa figura dell'anziano cugino Felix Ferrero, pittore stimato scomparso un anno fa a San Francisco, che mi ha seguita anche da lontano e che, nonostante il poco tempo trascorso insieme, mi ha permesso di capire cosa significhi avere un nonno.
Senza l'eredità morale di mio padre, Oscar Roggero, operaio dell'enel e alpino (e chi ha conosciuto queste due realtà, sa cosa intendo), raro esempio di rettitudine, integrità e coraggio, credo che non avrei mai potuto sentirmi profondamente gramsciana.
[1] Mi riferisco a pubblicazioni che cercano affinità o fertili interazioni tra il pensiero gramsciano e, per esempio, quello di Polanyi, Mariateguì, Dewey, solo per citare alcuni nomi, lo svecchiamento delle analisi sul moderno principe, un felice ritorno a Marx o, più in generale, indagini in rapporto ai nuovi fenomeni della realtà politica, economica e sociale, quali per esempio il neoliberismo, i social forum, la globalizzazione ed il ruolo nuovo della società civile. Un interesse che in questo frangente storico non può che lasciare influenze o suggestioni positive per preparare un fronte ideologicamente adeguato al momento di crisi del sistema capitalistico occidentale.
[2] Alcuni interventi su Gramsci e la globalizzazione sono stati esposti oltre un decennio fa al convegno tenutosi a Lecce, il 20-21 ottobre 1997 e gli atti sono stati pubblicati in italiano in Gramsci e l’internazionalismo. Nazione, Europa, America Latina, a cura di Mario Proto, Manduria, Lacaita, 1999, 230 pp.
[3] Ricordo qui alcuni contributi positivi di studiosi gramsciani pubblicati in italiano: un’ottima sintesi del pensiero filosofico gramsciano è Fabio Frosini, Gramsci e la filosofia. Saggio sui Quaderni del carcere, Roma, Carocci, 2003, 198 pp.; per quanto riguarda gli studi gramsciani sulla linguistica si veda l’elaborazione di Derek Boothman, Traducibilità e processi traduttivi. Un caso: A. Gramsci linguista, Perugia, Guerra, 2004, 197 pp.
[4] Cfr. Antonio A. Santucci, Gramsci in Europa e in America, traduzione di Luca Falaschi, Rosanna M. Giammanco Frongia, Antonio A. Santucci, Introduzione di Eric J. Hobsbawm, Laterza, Roma-Bari 1995, XIII-159 p., tra i profili europei manca quello tedesco; per la bibliografia gramsciana italiana è ormai classico, di Guido Liguori, Gramsci conteso. Storia di un dibattito 1922-1996, Roma, Editori Riuniti, 1996, XIII-305 pp., un apprezzabile tentativo precedente, ormai datato, è Gian Carlo Jocteau, Leggere Gramsci. Una guida alle interpretazioni, Milano, Feltrinelli, 1975, 169 pp.
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