Introduzione storiografica

Nell’Appendice II è possibile valutare uno schema bibliografico comparativo che segue la cronologia delle pubblicazioni di scritti gramsciani dall’italiano in tedesco, francese, inglese e spagnolo.

Le pubblicazioni degli scritti gramsciani nelle maggiori lingue europee[1]

In Italia

Nel 1947 vengono pubblicate in Italia le Lettere dal carcere[2], opera che permette la conoscenza di Gramsci, della sua biografia e per la prima volta offre un quadro profondo della personalità del Sardo. Non si può trascurare l’importanza di questo evento editoriale, che deve il proprio successo anche alla pubblicazione dell’opera gramsciana con una casa editrice indipendente come l’Einaudi. Anche se ancora incomplete, le Lettere riescono ad offrire al popolo italiano, uscito dalla Seconda Guerra mondiale con una nuova percezione di sé, elaborata durante la lotta di Liberazione dal nazifascismo, un importante strumento di riflessione sulle ragioni dei fatti della storia recente ed un catalizzatore per l’acquisizione di una più matura coscienza. La figura di Gramsci comincia a diventare importante anche nell’immaginario collettivo per la sua battaglia contro il fascismo: le Lettere da una parte «suscitano orrore e interiore rivolta contro il regime odioso che lo oppresse e soppresse»[3], ma mettono anche in luce la valenza letteraria della prosa gramsciana. L’apprezzamento intellettuale arriva anche da parte di intellettuali insospettabili di parzialità: Benedetto Croce sostiene, escludendo valutazioni ideologiche, che «come uomo di pensiero egli fu dei nostri, di quelli che nei primi decenni del secolo in Italia attesero a formarsi una mente filosofica e storica adeguata ai problemi del presente»[4]. L’impatto emotivo delle Lettere sugli italiani è testimoniata da un numero crescente di articoli pubblicati sulla stampa nazionale, fino all’estate dello stesso anno, quando il conferimento del Premio Viareggio ufficializza il riconoscimento all’altissima figura nell’ambito letterario.

Il grande successo di questa pubblicazione prosegue con l’immediata edizione di altre opere gramsciane. Sono passati circa dieci anni da quando Togliatti ha avuto la prima parziale visione dei manoscritti e – nonostante la difficoltà della preparazione dell’edizione tematica – l’anno seguente esce il primo volume dei Quaderni con il titolo Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce[5]. La pubblicazione termina nel 1951 e consta di sei volumi, a cui si aggiungono le Lettere e la raccolta L’Ordine Nuovo (1954). Su questa edizione nascono immediatamente molte perplessità, talora tradotte in vere e proprie accuse di manipolazione dei testi operate da parte del curatore dietro le quinte, Palmiro Togliatti, talaltra giustificate dal periodo plumbeo della Guerra fredda[6]. Nella cura dell’opera di Gramsci si rintracciano interpretazioni contrapposte: da una parte la linea togliattiana della politica di Salerno che vuole costruire la sua tradizione sull’asse che parte da De Sanctis, passa per Labriola e approda a Gramsci, dall’altra una repentina interruzione di questo indirizzo dovuto alle ingerenze staliniane[7].

La costituzione dell’Istituto Gramsci nel 1950 è parte di un progetto volto alla diffusione capillare del pensiero gramsciano attraverso eventi e convegni, esemplare in questo senso è il successo del primo Convegno dedicato a Gramsci nel 1958, così come la cura e organizzazione delle pubblicazioni gramsciane in Italia e le autorizzazioni per le traduzioni all’estero. Con Franco Ferri prima a capo della segreteria generale dell’Istituto e in seguito alla direzione, nel periodo che va dal gennaio 1957 fino al 1979, la struttura permette l'organizzazione di un’ampia rete di relazioni con le case editrici straniere interessate alla pubblicazione degli scritti del leader comunista.

L’edizione critica dei Quaderni ha una lunghissima gestazione, già nel Convegno del 1958 Gastone Manacorda auspica una nuova edizione che ne «rispecchi fedelmente l’ordine cronologico», e «per quanto possibile», l’esatta collocazione[8].

Nel 1975 esce per Einaudi l’edizione critica degli scritti carcerari curata da Gerratana: negli anni precedenti tra la casa editrice e l’Istituto Gramsci si è sviluppata un'intensa collaborazione per la cura di questa pubblicazione e si prospetta un possibile aiuto, da parte di Einaudi, nella comunicazione e organizzazione delle relazioni con le case editrici straniere per la traduzione delle opere di Gramsci. A tal proposito Ferri afferma in un’intervista del 1974 «traduzioni delle Lettere o di Opere scelte esistono in Bulgaria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, Repubblica democratica tedesca, Romania, Ungheria, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Israele, Grecia, Spagna, Portogallo, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Stati Uniti, Messico, Brasile, Argentina, Giappone, Australia. Il quadro, per quanto concerne la conoscenza degli scritti, va molto ampliato, perché i testi circolano in tutti i paesi compresi nell’area linguistica delle singole traduzioni»[9]. Nel 1975 si contano già 29 contratti in corso tra l’Istituto Gramsci ed editori stranieri riguardanti le pubblicazioni di scritti gramsciani. 

 

Gramsci in francese

 Nel 1953 le Éditions sociales pubblicano, con prefazione di Togliatti[10], le Lettres de la prison in concomitanza con due saggi di Denis Richet, apparsi su periodici[11], che apriranno le porte alla conoscenza della figura e del pensiero di Gramsci in Francia. Nella nota di chiusura a Gramsci et l'histoire de France, Richet dà notizia dell’imminente pubblicazione da parte di Marc Soriano di un’antologia gramsciana. Soriano, che «si attribuisce il merito di aver scoperto Gramsci e di averlo introdotto oltralpe»[12], ricorderà l’aperta diffidenza dei comunisti francesi nei confronti di autori ritenuti «borghesi»[13]. Nonostante le pubblicazioni su periodici di alcune traduzioni di stralci dai Quaderni, solo alla fine degli anni Cinquanta si può trovare una raccolta di scritti gramsciani, le Oeuvres Choisies, che diventa oggetto di controversia tra le Éditions Sociales e l’Istituto Gramsci per i diritti di pubblicazione in quanto l’editrice aveva già intrapreso due diverse trattative con la rumena Editura politica e la Rencontre di Losanna per un’antologia basata su questa raccolta del 1959. Nel 1964 inizia un lungo rapporto epistolare con Gallimard per la pubblicazione di più volumi a cura di Texier che, ritiratosi per malattia dopo il lavoro dedicato all’introduzione teorica al Gramsci edito da Seghers nel 1966, è sostituito da Robert Paris. Il ruolo di Paris come curatore dell’opera non andrà a genio in Italia: benché Ferri lo riconosca come studioso serio, teme la «pregiudiziale polemica antigramsciana»[14], ma l’opinione favorevole di Sartre e Verstraeten, direttori della collana che avrebbe dovuto ospitare i volumi, porta la Gallimard a caldeggiare il nome di Paris. La scelta è ancora contestata da Natta al momento della presentazione del primo volume degli Écrits politiques: «dietro l’insegna gramsciana il fine vero è quello della contestazione faziosa ed angusta della politica del PCI»[15], commento dovuto all’introduzione nella quale Paris adombra l’ipotesi di una manipolazione dei testi da parte di Togliatti nell’edizione tematica italiana. Gallimard precisa intanto che intende appoggiarsi all’edizione critica su cui sta lavorando Gerratana per la futura pubblicazione dei Quaderni. Sia l’Istituto Gramsci sia Gerratana rispondono, rassicurando l’editrice francese che «l’edizione critica non riserva sorprese per quanto concerne gli inediti… Tutto ciò che non era stato pubblicato nell’Edizione Einaudi si riduce in definitiva a pochi brani, a poche omissioni, tutti successivamente resi pubblici in diverse occasioni e complessivamente di secondaria importanza. Lo scandalo della censura è una favola, come dimostrerà l’edizione critica»[16].

Da metà degli anni Sessanta Ferri è in contatto con Althusser, che risponde alle preoccupazioni sul ritardo di Gallimard e propone un’alternativa con l’editrice Maspero; il carteggio, imperniato sulle questioni editoriali, subirà un brusco rallentamento dopo il diniego del filosofo francese alla partecipazione ad un convegno pensato dall’Istituto sull’«umanesimo marxista»[17].

A partire dalla metà degli anni Settanta il crescente interesse per Gramsci pone la questione del ritardo nella pubblicazione dei testi gramsciani da parte di Gallimard. Solo nel 1978 appare un primo volume dedicato ai Quaderni 10-13 sulla base dell’Edizione critica di Gerratana. Il momento in cui arriva questa edizione è particolarmente felice e permette l’apertura del dibattito teorico di rinnovamento del marxismo. 

 

Gramsci in inglese

La prima edizione degli scritti di Gramsci in lingua inglese deve attendere il 1957 sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti. Gramsci debutta con The modern Prince a Londra, mentre oltreoceano è introdotto attraverso una brevissima raccolta tradotta e curata da Carl Marzani. Il progetto editoriale londinese appartiene all’ambiente intellettuale del «History Group» in cui si riconoscono molti giovani storici di orientamento comunista: Christopher Hill, Eric Hobsbawm, Edward Palmer Thompson, ma anche Louis Marks: curatore e traduttore della raccolta precedentemente menzionata, pubblicata per la casa editrice del partito comunista Lawrence and Wishart. Il progetto presentato da Marks propone testi del periodo 1919-1926, il saggio sulla Questione meridionale e due sezioni di scritti tratti dai Quaderni. Un nutrito apparato critico permette un’interpretazione in senso antistalinista, ragione per la quale, poiché il partito non era ancora pronto, ne viene ritardata la pubblicazione fino al diretto interessamento del direttore editoriale Cornforth, che riesce a sbloccare la situazione. Negli anni a venire Ferri indicherà questa raccolta come la più scorretta edizione sia per la traduzione sia per l’apparato bibliografico ed interpretativo.

Dall’ambiente della «New Left Review», di stampo marxista fondato da fuoriusciti dal partito comunista, matura il progetto di un’antologia dei Quaderni, pubblicata nel 1971 ancora con l’editrice del partito e basata sulla selezione Oeuvres Choisies del 1959, incorporando però un lungo lavoro di riscontro operato da Hoare e Nowell Smith[18], invitati da Ferri a Roma per esaminare i testi originali. Due anni più tardi vengono pubblicate le Letters from prison per la Harper and Row di New York.

Ad occuparsi di ulteriori pubblicazioni gramsciane è ancora la Lawrence and Wishart guidata da Cornforth, in costante contatto con Ferri e l’Istituto Gramsci: dal 1977 al 1985 escono alcune selezioni dedicate prima agli scritti politici ed in seguito a quelli di carattere culturale. Nel 1988 a cura di Forgacs viene completata una selezione di scritti dal 1916 al 1935. 

 

Gramsci in spagnolo

 Nell’aprile del 1937 Radio Barcelona è una delle prime emittenti straniere a dare la notizia della morte di Gramsci e a maggio Camillo Berneri, poco prima di morire negli scontri che videro contrapporsi anarchici e comunisti, legge alla radio della FAI (Federación anárquica ibérica) di Barcellona una commemorazione per il martire antifascista. Sebbene la Spagna venga oppressa dal regime franchista, elemento che condiziona la diffusione del pensiero gramsciano fino alla metà degli anni Settanta, la pubblicazione in America latina degli scritti di Gramsci da una parte e una censura impreparata per gli scritti in catalano dall'altra, permettono la diffusione dell'opera di gramsci anche in questa enorme area linguistica. Grazie alla particolarità dell’identità e l’idioma catalano, Manuel Sacristán Luzón – accademico comunista di Barcellona – riesce ad introdurre in tempo relativamente breve la figura e l’opera di Gramsci, portandola all'attenzione di un pubblico abbastanza vasto[19] con La obra postuma de Gramsci[20]. Intanto Jordi Solé-Tura pubblica la prima raccolta dai Quaderni, ancora in catalano nel 1966 ed in castigliano l’anno successivo con il titolo Cultura y literatura. Nel biennio successivo, con lo stesso meccanismo, è pubblicato anche El Príncipe moderno, prima in catalano e poi in castigliano. L’apparentamento con il catalano non è un vezzo o un artificio; in realtà il circolo di intellettuali comunisti vicini al PSUC (il ramo catalano del PCE) si organizza come vero e proprio canale di irradiazione gramsciano, fino a costruire una corrispondenza ideale tra Barcellona e Torino[21].

Gli anni Settanta sono un decennio importante per la diffusione di Gramsci in Spagna, ancor prima della fine del regime: nel 1970 ancora Solé-Tura cura la Introducción a la filosofía de la praxis, un’antologia dal volume italiano Il materialismo storico, mentre l’editrice Siglo XXI pubblica in Messico una Antología che a lungo rimane il riferimento più completo all’opera di Gramsci; il volume è censurato dal regime franchista e viene pubblicato in Spagna, correndo molteplici rischi, solo nel 1974. L’editrice Cuadernos pubblica nel 1972 le Lettere, Cartas desde la carcel, precedentemente note al pubblico spagnolo solo attraverso l’edizione argentina del 1950. Si susseguono intanto discussioni e contratti con l’editrice Grijalbo e l’Editorial Fontamara per la pubblicazione delle opere complete nel primo caso e per gli scritti politici nel secondo, ma nessuna di queste trattative riesce ad andare a buon fine.

Con la fine del regime franchista si assiste alla nascita di una «moda Gramsci» in Spagna, incoraggiata nel 1977 dall’antologia politica Actualidad del pensamiento político de Gramsci, curata da F. Buey.

In Argentina, dopo la prima pubblicazione delle Lettere, Hectór Agosti cura la prima edizione in lingua spagnola dei Quaderni seguendo l’edizione tematica: i volumi escono dal 1958 al 1962. Promotore di questa pubblicazione è l’ambiente intellettuale comunista che si riunisce attorno alla rivista «Cuadernos de cultura», influenzato da contatti con una generazione di pensatori socialisti e liberaldemocratici italiani come Treves e Mondolfo. La rivista cambierà il nome in «Pasado y presente» ed il gruppo sarà espulso dal PCA per l’affermazione dell’«autonomia da qualunque forma ideologica precostituita e dall’assunzione del gramscismo come metodo per la ricerca storica e politica»[22]. Dal 1968 la rivista diretta da José Aricó e pubblicata dalla casa editrice Siglo XXI, ha come basi editoriali quattro città che coprono l’intera area iberica e latinoamericana: Madrid, Buenos Aires, Bogotà e Città del Messico, in quest’ultimo centro il gruppo di intellettuali prosegue in esilio la propria attività dopo il golpe militare argentino del 1976 e l’anno seguente è pubblicato il volume Escritos políticos. 1917-1933. Malgrado le difficoltà legate alla difficile situazione politica l’interesse per Gramsci viene continuamente coltivato con numerosi saggi editi dalla Siglo XXI.

Mentre in Argentina la Granica di Buenos Aires pubblica nel 1974 Pasado y presente ed El Risogimento a partire dall'edizione tematica tradotta da Manlio Macri, in Messico grazie alla Siglo XXI inizia una fortunatissima epoca per gli studi su Gramsci, tanto è vero che tra il 1978 ed il 1981 si tengono ben tre seminari di studio gramsciani tra Città del Messico, Morelia e Oaxaca, con ospiti anche studiosi stranieri. Alla Unam (Universidad Nacional Autónoma de México) e a Puebla si raccoglie l’ambiente intellettuale in esilio in Messico e il paese funge da centro di irradiamento per le idee gramsciane, nonché per il lavoro critico sulla tradizione marxista in America Latina. Ancora in Messico esce una ripubblicazione dell’edizione tematica dei Quaderni ed in seguito, tra il 1981 ed il 2000, la traduzione dell’edizione critica di Gerratana per le edizioni Era; ancora oggi l’interesse per Gramsci in Messico è ampiamente testimoniato da eventi, convegni e un considerevole numero di studi a lui dedicati che domina gli scaffali delle librerie.

 

Gramsci in tedesco

All’annuncio dell’imminente pubblicazione di un’antologia dei Quaderni a cura di Soriano[23], la Dietz Verlag, interessata a proporre una scelta di scritti gramsciani, contatta Soriano per avere l’indice dell’opera in preparazione. Nonostante l’interessamento dell’Istituto Gramsci, il progetto non ha tuttavia avuto seguito, anche se nell’anno successivo appare, per questa stessa casa editrice, Die Süditalienische Frage. A distanza di un altro anno esce una selezione delle lettere dal carcere in Briefe aus dem Kerker, ripubblicate poi dalla Reclam di Lipsia in edizione tascabile nel 1962 e nuovamente nella Repubblica federale, tradotte dall’edizione di Sergio Caprioglio ed Elsa Fubini del 1965, a cura di Gerhard Roth per la Fischer nel 1972.

Molteplici testimonianze fanno riferimento alla preparazione di una traduzione di tutta l’opera gramsciana disponibile in italiano già alla fine degli anni Cinquanta in ddr[24], Guido Zamiš, in riferimento alla preparazione di questa traduzione, in un suo intervento al convegno fiorentino del 1977 sostiene: «la casa editrice Dietz aveva intenzione di continuare la serie di pubblicazioni gramsciane con una scelta di note dai Quaderni e un’altra di articoli ristampati nel primo volume dell’Ordine Nuovo, quelli degli anni 1919-1920. Alla realizzazione di tale piano si opposero ben presto difficoltà non previste». L’autore si riferisce non solo a quelle linguistiche, ma alla cruciale mancanza degli scritti giovanili degli anni 1917-1918 e della preparazione del Congresso di Lione; Zamiš, che faceva parte della commissione incaricata della cura di queste opere, continua: «come avremmo potuto far conoscere ai nostri lettori Gramsci come capo rivoluzionario della classe operaia italiana [..] con una documentazione alla quale mancavano ancora le parti più importanti? […] Perciò la commissione rinunciò all’esecuzione del suo progetto, e rimandò tutto a una data posteriore»[25]. Un’altra testimonianza a conferma di questo fallimento nella pubblicazione dei testi gramsciani in ddr è di Theodor Pinkus, che cita la casa editrice Akademie come collaboratrice nell’edizione a cura di Zamiš; inoltre, lo stato di avanzamento della traduzione degli scritti gramsciani, secondo Pinkus, pareva essere a buon punto[26]. Michael Grabek, al Convegno di Formia del 1989, tenta di spiegare le ragioni di «trentatré anni di ostinato silenzio, appena interrotto da tre edizioni delle case editrici Reclam e G. Kiepenhewer di Lipsia. Un silenzio le cui ragioni fondamentali non risiedevano in un’ignoranza ingenuo-nazionalista, bensì in rigide pratiche d’intervento». Grabek sostiene che l’intervento della sed nell’attività editoriale ne compromise l’autonomia; «la prima occasione si presentò negli anni Cinquanta quando avrebbero dovuto apparire volume con gli articoli dell’”Ordine Nuovo” quasi al completo, e successivamente una scelta di testi dai Quaderni del carcere. Tuttavia con la repressione di un primo dibattito sullo stalinismo dopo il XX Congresso del pcus nel 1956 (al motto: “Ora per favore nessuna discussione sbagliata!”) e con la condanna di Lukács, Bloch e altri, anche i progetti su Gramsci sprofondarono nel dimenticatoio». Una seconda occasione arriva, secondo Grabek, negli anni Sessanta, ma Gramsci, nuovamente «sospettato d’essere soggettivista, idealista o filosofo della prassi, fu messo al bando». La terza occasione si presenta negli anni Settanta, nonostante lo spettro dell’eurocomunismo: «l’Ufficio politico della sed convocò esperti per dare risposta al quesito: “Che cosa voleva quest’uomo?” e permise un prudente ampliamento del vecchio orizzonte» fornendo un Gramsci leninista e teorico della cultura, confluito nell’edizione della Reclam del 1980 Zu Politik, Geschichte und Kultur «che contiene ciò che si cerca invano nell’edizione tedesco-occidentale del 1967 a cura di Riechers»[27].

Benché per oltre dieci anni non si conti più altra pubblicazione dagli scritti politici e dai Quaderni gramsciani, Togliatti, Ferri e alcune case editrici tedesche sono in contatto per organizzare una pubblicazione antologica dell’opera di Gramsci. Il primo progetto prende forma con la Fischer Verlag (che conta il diretto interessamento di Togliatti nel 1964), curatore dell’opera potrebbe essere Cesare Cases, che informa prontamente la Fischer dei diritti acquisiti da parte di un’altra casa editrice: la Europäische Verlaganstalt, anch’essa di Francoforte. I progetti delle case editrici differiscono nella forma: l’Europäische punterebbe ad un pubblico di specialisti, per la Fischer, invece, è importante un’ampia tiratura dal costo limitato, ma con un ricco apparato critico, che possa essere adatta ai giovani, inoltre si punta ad una prefazione illustre come potrebbe essere quella di Abendroth o Habermas. Il volume esce nel 1967, con traduzione e cura di Christian Riechers, uno studente di sociologia e con prefazione di Wolfgang Abendroth. Del volume è stato notato come esso si inserisca in quel solco interpretativo del «marxismo occidentale» inaugurato dalla New Left in Inghilterra. I limiti maggiori dell’antologia sono rintracciabili in una scelta di testi opinabile, che non restituisce appieno il pensiero gramsciano. Le carenze riguardano sia la traduzione dei testi che l’interpretazione pervasiva del curatore, di inclinazione bordighista[28].

Per decenni a venire questa raccolta è rimasta l’unico volume in tedesco su cui è stato possibile studiare il pensiero di Gramsci. Questa operazione editoriale di fatto contribuirà alla mancanza di uno sviluppo, se non al congelamento, degli studi gramsciani in Germania, che continueranno solo da parte di chi si può permettere di leggere Gramsci direttamente in italiano, o tutt’al più attraverso le traduzioni francesi e inglesi.

Nel 1976 Ferri è in contatto con la Surkamp di Francoforte per un’antologia gramsciana: è l’inizio di una vicenda travagliata, che terminerà in un fallimento. Designato come curatore, Alessandro Mazzone progetta una scelta antologica in quattro volumi, nel complesso mille e seicento pagine, tra scritti politici e una selezione dei testi carcerari. Nel 1970 Mazzone è in contatto con Valentino Gerratana, gli viene consigliato di limitare l’opera a trecento pagine dedicate agli scritti politici ed una scelta allargata di novecento pagine dai Quaderni; i volumi si sarebbero inoltre avvalsi di un nutrito apparato critico e singole introduzioni per ogni volume.

Tra la fine del 1977 e l’inizio del 1978, Mazzone comunica all’Istituto Gramsci che è stata avviata l’attività di un’équipe di traduttori e la consegna è prevista per la primavera del 1981. Negli anni precedenti però una complicata vicenda editoriale ha visto il passaggio del progetto dalla Suhrkamp alla Europäische Verlaganstalt, appartenente al gruppo Syndicat: per questo motivo Mazzone sottopone alla valutazione dell’Istituto l’opportunità di un’ipotesi editoriale alternativa, che coinvolga l’Accademia di Scienze sociali della DDR e l’Istituto di studi e ricerche marxiste di Francoforte, una scelta che porterebbe un importante significato politico ed editoriale.

Il progetto che coinvolge Mazzone si arena nel 1982, dopo una divergenza di vedute tra il curatore e Axel Rütters, il responsabile dell’editrice Europäische, nel frattempo divenuta prima Syndacat Verlag e poi Athenäum Verlag. Il contrasto tra i due è insanabile e la rottura contrattuale segna il fallimento dell’impresa editoriale.

La pubblicazione dei Quaderni, sulla base dell’edizione critica di Gerratana, inizia di fatto solo dieci anni più tardi grazie all’editrice Argument di Amburgo ed all’impegno costante del gruppo di studiosi coordinato da Wolfgang Fritz Haug[29].

Negli anni Ottanta sono però pubblicate alcune antologie essenziali dedicate a temi specifici tra i campi d’interesse gramsciani. Guido Zamiš, che in molteplici saggi e articoli si è imposto come una delle prime figure attive nella diffusione della biografia e di spunti per la divulgazione del pensiero gramsciano, cura un florilegio di scritti giovanili e carcerari che puntano a delineare il pensiero di quell’«uomo di partito» evidenziato già da Togliatti[30]; inoltre, attraverso l’apparato critico e una corposa postfazione, il curatore cerca di dare una contestualizzazione politica agli scritti presentati[31].

A tre anni di distanza un’intellettuale formatasi nella DDR, destinata a diventare nel corso degli anni Ottanta un nome molto importante per gli studi gramsciani in Germania, Sabine Kebir[32], traduce in Marxismus und Kultur l’antologia a cura di Giuliano Manacorda, Marxismo e letteratura[33]. La curatrice tedesca aggiunge all’opera originale anche una sua breve introduzione. Il volume, pubblicato per la VSA di Amburgo, conta su una vasta scelta di scritti, giovanili e carcerari, incentrati sul concetto di cultura per Gramsci, dalla critica letteraria alla cultura popolare, fino a questioni legate alla linguistica. Su quest'ultimo versante, a cui intanto in Italia Franco Lo Piparo ha dedicato nel 1979 un importante saggio[34] che lega le radici del concetto di egemonia agli studi linguistici universitari del giovane Gramsci, anche in Germania il linguista Klaus Bochmann concentra l'attenzione, presentando un’antologia a favore dell’interpretazione di un Gramsci teorico linguista. Lingua, cultura e vita nazionale, filosofia e politica linguistica, sono i temi che emergono da questo florilegio di lettere, scritti giovanili e carcerari a cui Bochmann antepone una sua corposa introduzione teorica.

Una seconda antologia degli scritti gramsciani è dedicata da Guido Zamiš al tema della cultura come la più alta coscienza. In questo lavoro gli scritti scelti percorrono alcune delle direzioni fondamentali del pensiero gramsciano: dalle riflessioni su Rinascimento, Umanesimo e Riforma alle questioni pedagogiche; dalla critica letteraria e dalla letteratura popolare al folklore, al teatro ed al giornalismo. L’edizione, apparsa nel 1987, conta su una postfazione a cui Zamiš[35] lavora, instancabilmente e nonostante la grave malattia, nell’ultimo periodo della sua vita, che gli permetterà ancora di vedere la consegna del manoscritto alla casa editrice.

 

All’alba degli anni Novanta in Germania non si può ancora contare con un’edizione sistematica dell’opera di Gramsci e la Argument di Amburgo risolverà con impegno e dedizione questa grave lacuna negli anni a venire, permettendo il fiorire di nuovi e originali studi tedeschi su Gramsci.

 

Secondo uno studio di Stuart Woolf l’interesse internazionale per Gramsci inizia negli anni Sessanta e decolla durante gli anni Settanta[36]: il fenomeno risulta visibilmente ridimensionato in Germania rispetto ad altri paesi europei o occidentali; nel corso della Tesi emergeranno le conseguenze della mancata traduzione dell’opera completa di Gramsci in tedesco, una carenza che è colmata solamente dall’impegno di alcuni studiosi particolarmente a proprio agio con la lingua italiana e avvezzi a usare ricerche e studi internazionali; queste capacità individuali, inizialmente solitarie, sommate tra loro, hanno permesso la creazione di un incipit nella letteratura «gramscista» tedesca.

 



[1] Benché la storia dei successi o fallimenti editoriali non siano i temi centrali della Tesi, ritengo utile capire le ragioni che hanno portato al ritardo della pubblicazione delle opere di Gramsci in tedesco, nonché una rassegna delle altre realtà europee e occidentali come metro di paragone. Per lo schema in Appendice II sono partita dalla bibliografia raccolta da J. Cammett ed accessibile online all’url: soc.qc.cuny.edu/gramsci/writings/gramtrans.html; il breve resoconto che riporto in questo paragrafo è delineato seguendo anche le ricerche di Fiamma Lussana dedicate al tema dei progetti editoriali internazionali e sull’attività dell’Istituto Gramsci per la diffusione del pensiero del leader comunista: F. Lussana, L’edizione critica, le traduzioni e la diffusione di Gramsci nel mondo, in «Studi Storici», XXXVIII, n. 4, 1997, pp. 1051-1086 e riprodotto con alcuni sviluppi in Ead, Le edizioni, le traduzioni e l’impegno per la diffusione di Gramsci, in Il “Lavoro culturale”. Franco Ferri direttore della Biblioteca Feltrinelli e dell’Istituto Gramsci, a cura di Fiamma Lussana e Albertina Vittoria, Roma, Carocci, 2000, pp. 239-298; imprescindibile per chi intenda avvicinarsi alla ricezione di Gramsci nel mondo è Gramsci in Europa e in America, a cura di Antonio A. Santucci, introduzione di E. J. Hobsbawm, Roma-Bari, Laterza, 1995, 160 pp.

[2] Per le indicazioni bibliografiche complete di tutti gli scritti gramsciani di seguito citati cfr. Appendice II.

[3] Cfr. Benedetto Croce, recensione a Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, in «Quaderni della Critica», n. 8, 1947, p. 86

[4] Ivi, p. 88.

[5] Tutti i dati bibliografici per questa pubblicazione, le successive, nonché le traduzioni in tedesco, francese, spagnolo ed inglese sono rintracciabili nello schema bibliografico in Appendice II.

[6] Una ricostruzione dell’edizione degli scritti gramsciani da parte di Togliatti e sull’acquisizione dei manoscritti è rintracciabile in Giuseppe Vacca, Togliatti editore delle “Lettere” e dei “Quaderni del carcere”, in Togliatti sconosciuto, Roma, Editrice L’Unità, 1994, pp. 124-169; riguardo il “viaggio” dei manoscritti gramsciani e l’edizione delle Lettere Chiara Daniele, Storia delle fonti, in A. Gramsci, T. Schucht, Lettere 1926-1935, Torino, Einaudi, 1997, pp. LVII- LXXIII.

[7] Queste linee interpratative sono analizzate da Fiamma Lussana in Le edizioni..., pp. 240-242.

[8] Dall’intervento di Gastone Manacorda in Studi gramsciani. Atti del Convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennario 1958, Roma, Editori Riuniti – Istituto Gramsci, 1958, pp. 512-513.

[9] L’intervista a Ferri è pubblicata sotto il titolo di Gramsci nel mondo, in «L’Unità», 4 gennaio 1974.

[10] La prefazione è la traduzione del saggio Antonio Gramsci, capo della classe operaia italiana, scritto a Parigi nel 1937 e più volte ripubblicato.

[11] Mi riferisco a Denis Richet, Gramsci le géant, in «La Nouvelle critique», n. 50, 1953, pp. 226-230 e Id., Gramsci et l'histoire de France, in «La Pensée», n. 55, 1954, pp. 61-78.

[12] Fiamma Lussana, L’edizione critica..., p. 1057.

[13] Marc Soriano, In Francia con Gramsci, in «Belfagor», XLVIII, n. 4, 1993, pp. 465-474.

[14] F. Lussana, L’edizione critica..., p. 1059.

[15] Alessandro Natta, Gramsci tradotto e «interpretato», in «Rinascita», XXXI, n. 50-51, 1974, pp. 21-22.

[16] Il passo è tratto da una lettera di F. Ferri a D. Mascolo, italianista della Gallimard, datata 4 ottobre 1971 e rintracciata da F. Lussana nell’archivio della Corrispondenza con gli editori dell’Istituto Gramsci; la citazione è stata pubblicata in F. Lussana, L’edizione critica..., p. 1060.

[17] Il convegno in realtà non avrà mai luogo, Althusser pare stizzito dalla partecipazione di Roger Garaudy, che giudica un archetipo dell’«ideologia teoricamente revisionista»; cfr. ivi, p. 1064.

[18] Joseph A. Buttigieg giudicherà «superbly edited» le Selections from the Prison Notebooks del 1971, pubblicazione che «made it possibile for scholars to move from vague and general allusions to Gramsci to serious study and analysis of his work», cfr. Id., Reading Gramsci, in Peter Ives, Language and hegemony in Gramsci, Londra, Pluto Press, 2004, p. VIII.

[19] Cfr. F. Lussana, L’edizione critica..., pp. 1073-1074.

[20] M. Sacristán Luzón, La obra postuma de Gramsci, in La filosofía desde la terminación de la Segunda Guerra Mundial hasta 1958. Suplemento para 1957-1958 di Enciclopedia Espasa, Madrid, 1960.

[21] L’analisi secondo cui Barcellona e Torino sarebbero egualmente i centri propulsori dell’attività del movimento operaio per i rispettivi paesi è stata ridimensionata da A. Elorza in Gramsci e la teoria politica in Spagna, in Teoria politica e società industriale. Ripensare Gramsci, a cura di Franco Sbàrberi, Torino, Bollati Boringhieri, 1988, pp. 268-281.

[22]          Cfr. F. Lussana, L’edizione critica..., p. 1080.

[23] Denis Richet, Gramsci et l'histoire de France..., pp. 61-78.

[24] Nell’articolo Gramsci und die DDR a firma di Hans Conrad, pseudonimo del comunista svizzero Hans Hürlimann, si legge che con certezza la Casa editrice Dietz avesse già preparato la traduzione di tutta l’opera gramsciana; l’attendibilità della testimonianza potrebbe essere inficiata dal tono polemico dell’articolo e dalla mancanza di altre informazioni: «seit etwa zehn Jahren liegt in einem ddr-Verlag eine komplette Übersetzung der Werke des Gründers der Kommunistischen Partei Italiens, Antonio Gramsci, vor»; trad.: da circa dieci anni la traduzione completa dell’opera del fondatore del Partito comunista italiano, Antonio Gramsci, si trova in una casa editrice della ddr; cfr. Hans Conrad, Gramsci und die DDR, in «Der Monat», XX, n. 243, 1968, pp. 21-27.

[25] Cfr. Guido Zamiš, Intervento, in Politica e storia in Gramsci. Atti del convegno internazionale di studi gramsciani. Firenze, 9-11 dicembre, 1977. Vol. II. Relazioni, interventi, comunicazioni, a cura di Franco Ferri, Roma, Editori Riuniti - Istituto Gramsci, 1977, pp. 159-163.

[26] Cfr. Theodor Pinkus, Gramsci nei paesi di lingua tedesca, in Gramsci nel mondo. Atti del convegno internazionale di studi gramsciani. Formia 25-28 ottobre 1989, a cura di Maria Luisa Righi, Roma, Fondazione Istituto Gramsci, 1995, pp. 85-86.

[27] Cfr. Michael Grabek, Gramsci nella rdt. Osservazioni su quattro decenni di pratiche interpretative selettive, in Gramsci nel mondo..., cit., p. 98; l’intervento di Grabek, qui citato ampiamente, ma per sommi capi, è decisamente critico verso la politica culturale della sed che ha la responsabilità diretta per aver impedito la pubblicazione di Gramsci in ddr; in ciò non credo si possa leggere una polemica sterile, ma una presa di posizione autocritica molto severa, ma onesta. L’intervento è stato pensato per un convegno che doveva tenersi a fine ottobre del 1989, benché la pubblicazione degli atti risalga al 1995.

[28] Cfr. Fiamma Lussana, Gramsci in Italia e nel mondo, in La Fondazione Istituto Gramsci. Cinquant'anni di cultura, politica e storia. Un catalogo e una guida, a cura di Fiamma Lussana, Firenze, Pineider, 2000, pp. 99-100.

[29] L’edizione critica completa dei Quaderni del carcere in tedesco è stata concepita sulla base dell’edizione critica di Gerratana; pubblicata da Argument Verlag è stata così suddivisa: Band 1 (1. Heft), 1991; Band 2 (2. und 3. Heft), 1991; Band 3 (4. und 5. Heft), 1992; Band 4 (6. und 7. Heft), 1992; Band 5 (8. und 9. Heft), 1993; Band 6 (10. und 11. Heft), 1994; Band 7 (12. bis 15. Heft), 1996; Band 8 (16. bis 21. Heft), 1998; Band 9 (22. bis 29. Heft), 1999; Band 10 (Konkordanz/Registerband), 2002.

[30] Cfr. Guido Zamiš, Vorbemerkung des Herausgebers, in Zu Politik, Geschichte und Kultur. Ausgewählte Schriften, Leipzig, Reclam, 1980, p. 5: così Togliatti descrive la caratteristica principale del pensatore sardo nello scritto che diventa noto con il titolo Antonio Gramsci capo della classe operaia italiana nelle molteplici raccolte di scritti togliattiani su Gramsci. In tedesco lo scritto appare in Antonio Gramsci. Ein Leben für die italienische Arbeiterklasse, Berlin, Dietz Verlag, 1954, 91 pp. e Düsseldorf, Das Neue Wort, 1954, 89 pp.

[31] In realtà questa antologia soffre pesantemente dell’indirizzo politico che Zamiš intende evidenziare dell’esperienza gramsciana.

[32] Sabine Kebir aveva già collaborato come traduttrice dell’antologia a cura di Zamiš cfr. Zu Politik, Geschichte..., p. 4.

[33] Antonio Gramsci, Marxismo e letteratura, a cura di Giuliano Manacorda, Roma, Editori riuniti, 1975, 495 pp.

[34] Franco Lo Piparo, Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci, Roma - Bari, Laterza, 1979, XVII-291 pp.

[35] Cfr. la nota redazionale a Gedanken zur Kultur, a cura di G. Zamiš e S. Siemund, Leipzig, Reclam, 1987, p. 5.

[36] Cfr. Stuart Woolf, Antonio Gramsci nella storiografia italiana ed internazionale, traduzione di Silvia Tognoli rivista dall’autore, in «Contemporanea. Rivista di storia dell'800 e del '900», I, n. 4, ottobre 1998, pp. 628-629.

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