La compagnia di Gesù

Non firmato, “Avanti!”, ed. piemontese, anno XXIV, n. 258, 9 ottobre 1920.

Il fuoco, l’acqua, l’onore fecero un giorno comunella insieme… Un gesuita attrae un altro gesuita e ambedue traggono le conseguenze. Zibordi attrae Bianchi e D’Aragona, i tre attraggono il “Resto del Carlino” e il “Tempo”; la “Stampa” trae le conseguenze. Nel trarre le conclusioni la “Stampa” non s’accorge neppure di darsi la zappa nei piedi (o se ne accorge benissimo, ma tira dritto…) Appena lunedì scorso, in un articolo del suo corrispondente da Londra, la “Stampa” sosteneva: La Russia dei Soviet è l’unico paese del mondo che abbia al suo governo uomini vivi, pieni di indomabile volontà, armati di tutti gli strumenti di precisione per esplorare lo spazio e il tempo, consapevoli di un fine preciso, ferreamente decisi a conseguirlo. Appena lunedì scorso, la “Stampa” sosteneva: L’Inghilterra ha uno statista, Lloyd George, l’Italia ha uno statista, Giolitti, ma l’uno e l’altro sono premuti e soffocati da un mucchio di cadaveri in putrefazione, di cui non riusciranno a liberarsi; la Russia dei Soviet ha tutta una schiera di statisti, ed essi sono riusciti a liberarsi di tutti i cadaveri.

Appena lunedì scorso, la “Stampa” sosteneva: Gli Stati parlamentari sono come degli aeroplani pilotati da cadaveri; essi trascorrono lo spazio perché i congegni meccanici automaticamente funzionano ancora, ma essi non potranno non atterrare inanimati, inerti; lo Stato dei Soviet è in parte guasto, è in parte raffazzonato alla meglio, ma ha un’anima e una volontà, ma ha una sua autonoma, ben precisata direzione. Questo sosteneva la “Stampa” lunedì scorso appena. Ieri la “Stampa”, avendo, lei acqua, fatto comunella col fuoco e l’onore, ha mutato gorgoglìo: - Lenin, Trotzkij, Cicerin sono incapaci, sono degli impreparati; Lenin,Trotzkij, Cicerin sono degli avventurieri politici, sono dei sadici che si dilettano a scuoiare, a salassare, a torturare la classe operaia russa. La rivoluzione comunista è fallita. I comunisti italiani non sono che degli imbecilli che tutto vogliono tentare, sconvolgimenti, distruzioni, rovine, freddo, fame, desolazione sulla pelle del proletariato; ai comunisti italiani basta l’idea. Ed ecco apparire l’abate Bresciani, ed ecco il rivoluzionario odierno che risponde come il rivoluzionario liberale, come Francesco De Sanctis rispondeva all’abate Bresciani: Non è il comunismo, non è l’idea del proletariato che determinerà gli sconvolgimenti, la fame, la desolazione, la miseria; questo panorama atroce è il panorama della vostra civiltà, crollata come un edifizio senza abitatori umani, è il panorama delle vostre istituzioni, ridotte a mera forma senza spirito animatore; è la vostra guerra imperialista che ha falciato cinquecentomila giovinezze, il fiore delle forze produttive, che di altro mezzo milione di energie ha fatto un esercito di mendichi e di disperati; è la vostra incapacità a ridare la pace al mondo insanguinato; è il lusso sfrenato e la sete di godimenti che avete scatenato nei vostri ceti irresponsabili; è la barbarie, la svogliatezza del lavoro, l’istinto bruto elementare che avete scatenato turpemente per la vostra fame di ricchezza e di potere: questo panorama è quello della vostra decomposizione come classe di inetti, di falliti, di sorpassati dalla storia.
Cosa sono i comunisti, in Italia come in Russia? Sono uomini che tentano di orientarsi in questo panorama di rovine e di miseria, che cercano di identificare, fra tanta desolazione, i sentimenti e le forze reali e vitali che possono diventare il sostegno di nuove istituzioni, di un nuovo edifizio sociale, di un nuovo Stato. Sono operai che hanno fede nella loro classe, che di essa vogliono fare la fonte di un nuovo diritto, di ordinamenti nuovi. Sono studiosi che ritrovano in questo panorama i lineamenti del quadro descritto da Marx nelle sue previsioni storiche sullo sviluppo della civiltà umana, e quindi si sforzano di rielaborare, nella concezione del maestro, la realtà attuale, per coglierne gli elementi di vita e di progresso, per indicare una mèta agli uomini di buona volontà, per stimolarli all’azione, per costringerli a persuadersi che la vita continua, che è necessario seppellire i morti e risanare i miasmi, che il male non può trionfare se l’energica volontà dell’uomo si propone fermamente di superarlo. Ecco cosa sono i comunisti: sono degli uomini coraggiosi e tenaci, i comunisti: non si battono il petto e non gemono al cinematografo dei dolori e delle miserie, come i piccoli borghesi che hanno paura della fame, del freddo e che gli portino via la legittima consorte. I comunisti italiani non credono che la rivoluzione comunista sia fallita in Russia, perché la rivoluzione comunista o è internazionale o non è, o è solo la nascita di uno Stato operaio (uno Stato… borghese senza… la borghesia, secondo l’energica definizione di Lenin), perché la rivoluzione comunista può fallire solo come tentativo della classe operaia di organizzare su scala mondiale, imperniandola sulla produzione nazionale tecnicamente più sviluppata, l’economia di tutte le popolazioni del globo, come tentativo cioè di attuare ciò che non riesce ad attuare la classe borghese, per dare la pace al mondo. I comunisti italiani non “vogliono” la rivoluzione, nel senso stupido e triviale che gli ideologi del capitalismo, logorati dalla tensione della guerra, dànno alla parola “volere”. I comunisti italiani, come i comunisti di tutta l’Internazionale operaia, ritengono la rivoluzione comunista sia un momento necessario dello sviluppo generale della storia mondiale: essi “vogliono” solo ciò che è concesso volere agli uomini, prepararsi all’evento, armarsi per essere forti, organizzare per essere tenaci e resistenti, educare per essere fiduciosi, entusiasmare per essere audaci, elevare perché i singoli e la collettività vedano di essere inseriti in un sistema universale di forze tendenti a una stessa mèta, con lo stesso ardore e la stessa fede.
Così rispondono i rivoluzionari odierni agli odierni padri Bresciani, senza poi curarsi troppo di essere compresi; come i liberali del Risorgimento non si curavano di essere compresi dai gesuiti e di convertirli. Ogni periodo storico di lotta e di profonda trasformazione sociale ha i suoi gesuiti; pare sia questa una legge dello sviluppo umano. I liberali mazziniani ebbero il padre Antonio Bresciani; i comunisti hanno i rinnegati del socialismo, installati nelle redazioni borghesi o non ancora arrivati a tanto sublime mèta…

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