La Stampa e i fascisti

Non firmato, “L’Ordine Nuovo”, 24 luglio 1921, I, n. 204.

“La Stampa” ha voluto ieri parlare “per aprire gli occhi a coloro, che, con il dissennato favoreggiamento dell’altrui violenza, sono i principali responsabili dell’ambiente creatosi, così propizio a fatti come quelli che oggi deploriamo”. Si domanda alla “Stampa”: “Chi era al governo dello Stato italiano, quando il fascismo si organizzò in grande stile e iniziò la fase delle spedizioni punitive, dello sfoggio aperto e impudente di moschetti, di bombe, di pugnali? Chi era al governo dello Stato italiano quando i fascisti iniziarono la conquista violenta delle amministrazioni comunali socialiste? Chi era al governo dello Stato quando, apertamente e impunemente, i giornali fascisti pubblicarono i primi bandi di morte, di incendio, di saccheggio, di persecuzioni individuali?”. Era al governo dello Stato italiano Giovanni Giolitti, lo statista portato sugli scudi dalla “Stampa”, l’uomo che avrebbe dovuto restaurare l’Italia politicamente, economicamente, moralmente.

Giovanni Giolitti lasciò moltiplicarsi la serie delle spedizioni punitive, lasciò che pubblicamente i fascisti costituissero depositi di armi e munizioni (a Torino stessa, in una via accanto alla stazione di Porta Nuova, non poterono, una domenica, i passanti assistere allo scarico di un camion di moschetti e di bombe a mano, fatto tranquillamente, pacificamente dai fascisti?), lasciò incendiare, lasciò saccheggiare, lasciò sequestrare le persone, lasciò bastonare, lasciò minacciare, lasciò fare ai fascisti tutto ciò che ai fascisti meglio piacque, lasciò che i fascisti si persuadessero che tutto era loro consentito, lasciò formarsi lo stato d’animo da cui è naturalmente, spontaneamente scaturita la pretesa dei fascisti di poter invadere Sarzana, senza curarsi delle ingiunzioni della forza pubblica. Giovanni Giolitti è il massimo responsabile dei delitti commessi dal fascismo, egli è veramente colpevole di alto tradimento per aver lasciato che le leggi dello Stato fossero impunemente calpestate, che le popolazioni fossero interrorite, massacrate, torturate dalle bande armate, che la proprietà fosse distrutta col saccheggio e con l’incendio. E non venga fuori “La Stampa” con le violenze bolsceviche e altri simili stupidaggini demagogiche: nel 1920 i “bolscevichi” lasciarono 2500 morti nelle vie e nelle piazze per opera della forza pubblica che si opponeva alle loro violenze, che li fucilava per le loro violenze. Non è mai esistita impunità o tolleranza per le violenze bolsceviche: le folle erano mitragliate abbondantemente, i rivoluzionari erano arrestati e condannati implacabilmente. E non venga neppure fuori “La Stampa” con la occupazione delle fabbriche, che fu un movimento simultaneo di masse e costrinse il governo, per questo suo carattere, a una relativa neutralità: il fascismo si è sviluppato gradualmente, con moto sempre più veloce a mano a mano che si radicava la persuasione dell’impunità giudiziaria e dell’alloro giornalistico: il fascismo è figlio spirituale di Giovanni Giolitti, è giolittismo del più schietto e sincero.
E “La Stampa”, quando mai “La Stampa” si oppose al dilagare del fascismo? Basta ricordare la descrizione epico-lirica data dalla “Stampa” dell’impresa fascista contro la Camera del lavoro. “La Stampa” pubblicò un’intervista con uno dei prodi, ed esaltò, con parole da romanzo d’appendice, l’eroismo del Maramotti, morto dopo aver violato un domicilio privato, aver applicato un incendio e aver tentato di assassinare i legittimi abitatori della casa violata. Tutti ricordano il romanzo d’appendice inventato dalla “Stampa” a proposito dell’uccisione del fascista Campiglio, come tutti ricordano il truce racconto sciorinato al pubblico per l’uccisione del Sonzini e dello Scimula: quanti operai sono stati assassinati per l’esaltazione morbosa determinata dalla lettura dei romanzi costruiti con freddezza e gesuitica premeditazione dagli scrittori della “Stampa”?
E “La Stampa” non ha mutato. Ancora oggi sostiene i fascisti. Leggete nella “Stampa” il resoconto del discorso tenuto da Mussolini in Parlamento. La Stefani ha trasmesso questa parte del discorso:
Osserva [Mussolini] che conviene assolutamente astenersi dal sistema deplorevole delle contumelie verbali e soprattutto conviene cessare dal credere che i diversi atteggiamenti del governo possano piegare le forze politiche e militari del fascismo.
A nessuno può sfuggire e a nessuno è sfuggita l’importanza e la gravità della minaccia fatta dal Mussolini. Il “Momento”, giornale del Partito popolare, che ha una schiera di ministri e sottosegretari nel gabinetto Bonomi, il “Momento”, che è un giornale per lo meno ufficioso e non getta certamente le parole a vanvera, in un momento come questo di torbido e di sovreccitazione passionale, il “Momento” ha creduto necessario postillare la precisa minaccia mussoliniana in questo modo esplicito:
L’on. Mussolini si è rammaricato che l’on. Turati abbia detto ad un certo punto del suo interessante discorso che tra i fascisti e le altre parti della Camera si parla un diverso linguaggio: ma in verità quando, con un’audacia veramente impressionante, si viene a parlare di “forze politiche e militari” a disposizione di una fazione è chiaro che la fazione si fa Stato nello Stato, o meglio fuori dello Stato. E allora quali possibilità di intendersi? Ma la dichiarazione dell’on. Mussolini fa sorgere un quesito che deve preoccupare il governo in genere e il ministro della guerra in ispecie. Dove si reclutano le forze armate di cui il capo dei fasci ha fatto parola? Si reclutano forse nelle forze armate regolari? Basta porre il problema per comprenderne tutta l’enorme gravità e la necessità di risolverlo senza indugio. L’esercito appartiene alla nazione e non può essere strumento di un partito. Se vi sono uomini che vestono la divisa militare e non si sentono di ubbidire alla Patria e al suo governo legittimo, essi devono essere irrevocabilmente radiati dalla milizia.
Ebbene: “La Stampa” ha soppresso completamente l’espressione minacciosa dell’on. Mussolini; nella “Stampa” “le forze politiche e militari del fascismo” diventano semplicemente “le forze del fascismo”.
Il discorso dell’on. Mussolini è stato espurgato; i lettori della “Stampa” non devono sapere della precisa minaccia fatta dal capo ufficiale del fascismo al governo dello Stato, non devono farsi un’idea della gravità della situazione italiana quale è stata creata dall’on. Giolitti, il restauratore dell’ordine politico, dell’ordine economico, dell’ordine morale. Con questa sua tattica “La Stampa” conferma la connivenza dell’on. Giolitti col fascismo: migliaia e migliaia di vite proletarie sono state stroncate per mandato di questi briganti della politica e del giornalismo, poiché quando il governo permette un delitto, esso ne diventa mandante, poiché quando un giornale come “La Stampa” scrive quello che scrive, esso diventa davvero un attentato contro la sicurezza del popolo, diventa una sobillazione di nefandezze e di delitto.

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