Introduzione
Su Gramsci, dal 1952 al 1956
L'antifascismo di Antonio Gramsci
Nell'atmosfera politica in cui è approvata al Senato con una larga maggioranza la «legge Scelba» (che contempla le norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione vietando la riorganizzazione e le attività di partiti e gruppi neofascisti), il 23 marzo 1952 Palmiro Togliatti tiene un discorso all'Associazione di cultura di Bari sul tema Gramsci, ideologo dell'antifascismo[1], cercando di sciogliere la questione dell'unità ideologica del fronte antifascista. L'intervento è strutturato sulla distinzione, riconosciuta da De Sanctis[2], del concetto di libertà noto nel pensiero liberale come «metodo», in seguito sviluppato dalla tradizione democratica nel suo carattere sostanziale.
Richiamandosi a quest'ultimo e sviluppandolo in senso classista, Antonio Gramsci dimostra che l'ideologia liberale è uno strumento di dominio ed il fascismo la mano armata delle classi dirigenti tradizionali per evitare «l'avvento al potere delle classi lavoratrici»[3]. Togliatti fa esplicito riferimento al difetto dell'accezione liberale con l'esempio dell'analisi di Benedetto Croce sul fenomeno fascista ridotto ad un contingente «morbo intellettuale e morale»[4]: viene così posta in luce la ragione per cui è stato riconosciuto nella sua gravità il fenomeno fascista con un tragico ritardo.
Solo l'anno precedente si è conclusa la pubblicazione dei Quaderni con il volume Passato e presente, di cui si recepisce, da più parti, il carattere storiografico sia come contributo alla ricostruzione della storia del movimento operaio[5], così come di indagine dell'origine politica del fascismo[6]. Nella conferenza barese, Togliatti indica nella dottrina gramsciana «una interpretazione storica che dà inizio a una nuova scienza della nostra storia e della nostra politica»[7], sia per un'indagine storiografica sul terreno nazionale, ma anche punto di partenza per una rinnovata società italiana contro l'incombente minaccia, da parte del ceto dirigente capitalistico, di «una egemonia reazionaria del vecchio tipo»[8] volta a minare la democrazia. La strategia dell'antifascismo, per Togliatti più che in Gramsci, si basa sull'assunto che il fascismo è «una tendenza possibile costante del capitalismo, e dunque la rivoluzione democratica antifascista una tappa obbligatoria e irrinunciabile della lotta per il socialismo»[9].
L'affermazione del rapporto tra Gramsci e la tradizione italiana, la specificità dello storicismo marxista e l'affermazione del fascismo come dato attuale sono gli elementi che fanno di questo discorso «l'espressione forse più compiuta della riflessione teorica togliattiana alla vigilia della battaglia politica contro la "legge truffa"»[10].
La linea «De
Sanctis-Gramsci»
In contrapposizione alla linea storico-culturale «De Sanctis-Gramsci»[11] (che a livello politico rimanda al nesso democrazia-socialismo), Croce, già curatore dell'opera dell'Irpino, nega qualsiasi affinità tra i due autori [12]; la discussione, svolta in principio su un piano generico e letterario[13], nel corso degli anni si sviluppa servendosi di sempre più specifici riferimenti critici su Dante[14], Manzoni[15] o Zola[16]. La ricezione dell'insegnamento di De Sanctis attraverso la penna di Antonio Gramsci permette di riscoprire «quell'aspetto di critico militante che Croce aveva annullato, modificando fortemente De Sanctis per renderlo in toto omogeneo al proprio discorso critico»[17], ma nello stesso tempo si viene a creare «una strana mistura ideologica che, sul piano della critica estetica, vedeva combinati insieme – magari nel nome di Gramsci – Verga, De Sanctis, Ždanov, Lukács»[18].
La storia del pci
Il 1953 segna un forte scossone per la storiografia del pci che, nell'aprile 1952, ha appena prodotto un volume collettivo di carattere divulgativo in occasione dei trent'anni dalla fondazione del partito[19]. Nell'anno, dunque, delle elezioni politiche con la «legge truffa» Fulvio Bellini e Giorgio Galli, critici «a sinistra», pubblicano una Storia del Partito comunista italiano[20], e dalle colonne estive de «Il Mondo», Angelo Tasca viene proponendo la personale testimonianza su I primi dieci anni del Partito comunista italiano[21]. Galli e Bellini tentano la prima ricostruzione organica della vicenda storica del partito con un taglio critico contrapposto alle interpretazioni «ufficiali». Ad esempio, riguardo la figura di Bordiga, aspramente critico verso l'ideologia dell'«Ordine Nuovo», è sottolineato «in modo marcato e argomentato il ruolo di primissimo piano avuto dall'ingegnere napoletano nella scissione di Livorno e poi fino al Congresso di Lione»[22], provato anche dal riferimento ad atteggiamenti e giudizi gramsciani inconciliabili con le semplificazioni della storiografia precedente. Questa rivalutazione, in linea con un'impostazione critica da sinistra dello stalinismo, coinvolge «sia l'azione di Gramsci, interpretata come il primo momento di accettazione della prassi staliniana, sia la successiva direzione politica di Togliatti, identificata ormai senza riserve con lo stalinismo»[23].
Per gli articoli pubblicati tra l'agosto e il settembre 1953, Tasca utilizza la «conoscenza di prima mano dei fatti di cui era stato protagonista»[24]. Anche questa ricostruzione risente delle posizioni politiche dell'autore, dirigente di primo piano del partito fino all'espulsione avvenuta nel 1929 ed in aperto contrasto con Gramsci già dal 1920[25], Tasca durante la guerra fredda approda a «posizioni di irriducibile anticomunismo»[26]. Negli scritti dell'ex-dirigente comunista emergono i dissensi tra i giovani torinesi, ma soprattutto, in opposizione al disegno storiografico che fa degli ordinovisti il gruppo omogeneo protagonista nella fondazione del pcd'i, è riconosciuto il ruolo preminente di Bordiga, della cui maggioranza fecero parte anche Gramsci e Togliatti. Tasca nega radicalmente la linea interpretativa che vede la storia del partito scandita da una successione di momenti positivi sotto la guida del binomio perfetto Gramsci-Togliatti, con un ridimensionamento deciso dell'esperienza consiliare nella storia del partito, movimento cui Tasca è stato teoricamente contrario fin dal principio.
L'anno della morte di Stalin segna dunque la rottura del monopolio del pci sulla propria storiografia, costituendo le lontane premesse di una ricostruzione più scientifica aderente ai fatti.
La raccolta «L'Ordine Nuovo»
Nel 1954 esce L'Ordine Nuovo. 1919-1920[27], raccolta di scritti gramsciani del periodo 1919-1920, fino a quel momento per lo più sconosciuti, escluse alcune rare apparizioni in riviste[28]; a ridosso dell'uscita, è paventata la censura di partito, per non scoprire «l'esplicita critica demolitrice della linea del pci»[29] del Gramsci politico, o del cosiddetto «Gramsci proibito»[30].
Alla vigilia della pubblicazione, l'interesse per il periodo consiliarista gramsciano ha già ricevuto contributi di carattere storico e brevi testimonianze di carattere biografico apparse nei quotidiani[31]. Solo nel saggio di Aldo Garosci, Totalitarismo e storicismo nel pensiero di Antonio Gramsci[32], si trovano riflessioni di teoria politica più approfondite, in chiave sostanzialmente, talora pesantemente polemica. Sarà necessario attendere almeno due anni dalla pubblicazione degli scritti del 1919-1920, per leggere i primi studi organici sulla teoria politica ordinovista.
La recensione di Togliatti, Storia come pensiero e come azione[33], mira a sostenere la continuità tra gli scritti in L'Ordine Nuovo e i Quaderni, in contrasto con le interpretazioni critiche che, guardando nostalgicamente alle note carcerarie, hanno teorizzato una frattura fra «la comprensione della realtà e la lotta reale»[34]. Accanto all'indicazione di metodo secondo cui la prassi è il momento della conoscenza, emerge l'invito a contestualizzare la figura e l'opera di Gramsci, per mettere in discussione «una immagine ormai consolidata dell'autore dei Quaderni: quella dello studioso, dello spirito interessato solo al für ewig»[35].
Studi sistematici
A tre anni dalla pubblicazione completa delle note carcerarie, sistemate tematicamente, Gastone Manacorda e Carlo Muscetta, in occasione dei dieci anni della rivista che dirigono, «Società», pubblicano alcune riflessioni sotto il titolo Gramsci e l’unità della cultura[36]. Lo scritto inizia con un richiamo al rigore nello studio delle pagine gramsciane, chiarificatrici a proposito del rapporto tra «cultura e politica»; in tal modo gli autori offrono una panoramica sintetica, ma architettonica, della filosofia e dell’approccio metodologico gramsciano, inglobati in una concezione storicistica della cultura.
Un altro studio sistematico, per quanto riguarda la ricostruzione della biografia del Sardo, è la Vita del carcere di Antonio Gramsci[37], in cui Domenico Zucàro raccoglie i risultati di uno studio fondato su di un lungo viaggio per l'Italia alla ricerca di documenti e di testimonianze, i cui risultati parziali sono stati pubblicati negli anni precedenti in saggi o articoli su periodici.
Gramsci nel marxismo italiano
In uno studio che ha almeno il merito di essere uno tra i primi, o il primo in assoluto, sul tema La cultura italiana e il marxismo dal 1945 al 1951[38], Nicola Matteucci individua come fonti a cui attingere per lo sviluppo del marxismo: Antonio Labriola, Gramsci, e Rodolfo Mondolfo. Quest'ultimo, nella primavera del 1955, pubblica su «Critica Sociale» un saggio in tre parti dal titolo Intorno a Gramsci e alla filosofia della prassi[39], dove precisa la propria collocazione all'interno del marxismo italiano e confuta la tesi di Matteucci secondo cui la comunanza con il pensiero di Gramsci consterebbe solo nella pars destruens volta a confutare altre filosofie. Mondolfo premette una coincidenza di pensiero: per ambedue, ossia Gramsci e lui stesso, il punto di partenza è la lettura antimetafisica di Marx compiuta da Labriola in una concezione originale e autonoma della realtà. Più avanti Mondolfo indica nell'assimilazione del leninismo la causa primaria e insanabile delle proprie divergenze teoriche con Gramsci.
In questa direzione politica Mondolfo individua una contraddizione del pensiero gramsciano, che se profondamente marxista nell'enucleazione di concetti quali il «blocco storico», si pone alla deriva, per servirsi delle parole di uno studioso gramsciano, verso le «forzature giacobine e le degenerazioni staliniste»[40].
Le «Cronache» di Garin
In una recensione alle Cronache di filosofia italiana[41] di Eugenio Garin, Giuseppe Petronio[42] mostra come, a quasi tre anni dalla morte del filosofo napoletano, le questioni poste da Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce[43] siano ancora feconde. Garin si starebbe muovendo in quell'ambiente culturale che da un decennio è volto a destrutturare la filosofia crociana per «introdurre in Italia la filosofia della prassi inserendola nella nostra tradizione culturale, è appunto l'Anti-Croce»[44], la cui elaborazione sembrava «a Gramsci poter avere, nell'atmosfera culturale contemporanea, "il significato e l'importanza che ha avuto l'Anti-Dühring per la generazione precedente la guerra mondiale"»[45].
A distaccarsi da questa linea interpretativa focalizzata sulla lettura dell'opera carceraria nei confini della tradizione culturale italiana è un saggio di Roberto Guiducci su Gramsci e la scienza[46]. L'autore, ingegnere di formazione, tenta di spiegare i presupposti ontologici gramsciani partendo dalla critica al Manuale popolare di sociologia di Bucharin[47], che, in polemica con il soggettivismo, erroneamente stabilisce l'assoluta realtà oggettiva del mondo esterno. In vista di un chiarimento della filosofia della prassi su questo punto, Gramsci imposta le sue argomentazioni non già sul piano teoretico, ma descrive la ricezione delle antitetiche posizioni idealistica e materialistico-realistica da parte delle differenti componenti sociali. L'originalità della riflessione di Guiducci emerge nelle molteplici diramazioni che prende l'analisi specifica di concetti che vanno dal «senso comune» legato ad ideologia e folklore[48], a quello di traducibilità «ristretta» dei linguaggi (o paradigmi[49]) scientifici.
Un Gramsci dai tratti internazionalisti
A seguito della pubblicazione della raccolta L'Ordine Nuovo, Livio Maitan, dirigente e teorico di formazione trockista, rivede nel breve Attualità di Gramsci e politica comunista[50] le proprie posizioni critiche su Gramsci, espresse precedentemente in articoli apparsi sul periodico «Bandiera Rossa»[51]. Lo scritto segue cronologicamente lo sviluppo del pensiero giovanile del leader comunista concentrandosi sulla teoria consiliare, si sofferma altresì sulla concezione gramsciana del proletariato come classe mondiale la cui «lotta va impostata con una prospettiva internazionale»[52] ed in questa direzione all'autore preme principalmente evidenziare il «contrasto netto tra le posizioni di Gramsci e le posizioni degli attuali dirigenti del Partito Comunista».
Il dibattito sulla cultura marxista
Tra il marzo e il luglio 1956 la rivista «Il Contemporaneo» ospita una «discussione caotica e multiforme» «incentrata soprattutto su due temi: la problematica del rapporto tra politica e cultura, tra intellettuali e partito; e gli errori e i ritardi della politica culturale comunista nell'ultimo decennio» [53]. Marri[54], Spriano[55] e Alicata[56] difendono la linea di studi che parte da Gramsci, letta da Calvino e Geymonat come una chiusura della cultura nazionale italiana a favore dell'egemonia idealista[57].
Un quadro del pensiero gramsciano
La monografia di Carlo Leopoldo Ottino, Concetti fondamentali nella teoria politica di Antonio Gramsci[58], sviluppo della tesi di laurea, seppur oggi giudicato uno scritto limitato dalla contiguità a certl schemi ideologici propri dell'età staliniana[59], è da considerarsi, come nota l'autore stesso, il «primo organico tentativo di fornire un quadro criticamente sistematico del pensiero gramsciano nelle sue più dirette implicanze politiche»[60]. Dalla formazione teorico-pratica del giovane Gramsci allo Stato e all'egemonia attraverso lo strumento essenziale che è il partito, Ottino dà chiarimenti essenziali e ed apprezzabili per l'epoca, pur riconoscendo, noi oggi, che il suo lavoro non sembra essere scalfito dal terremoto critico che sconvolge la produzione culturale e il dibattito intellettuale di questo periodo, e in particolare del fatidico anno 1956.
Con il giovane Gramsci
Intanto, un giovane militante del Biennio rosso, Battista Santhià, raccoglie nelle efficaci pagine di Con Gramsci all'Ordine Nuovo[61] le memorie di lotta della classe operaia torinese, in cui è protagonista il profilo umano e politico di Gramsci, la sua comprensione delle questioni maggiormente rilevanti della produzione nella fabbrica e l'organizzazione politica dei Consigli di fabbrica.
Santhià offre una panoramica degli avvenimenti cui sono collegati gli articoli gramsciani dell'«Ordine Nuovo», dall’autore seguiti e citati ampiamente.
[1] Cfr. Palmiro Togliatti, L’antifascismo di Antonio Gramsci, in «Rinascita», IX, 1952, pp. 133-143 (->52.23).
[2] Cfr. Francesco De Sanctis, Mazzini e la scuola democratica, Torino, Einaudi, 1952.
[3] Palmiro Togliatti, L’antifascismo… cit., p. 137.
[4] Ibidem.
[5] Cfr. le recensioni a PP di Alberto Caracciolo, Rec. a PP, in «Movimento Operaio», IV, 1955, pp. 159-60 (->52.34) e Gastone Manacorda, Antonio Gramsci, Passato e Presente, in «Società», VIII, 1952, pp. 145-150 (->52.41).
[6] Cfr. le altre recensioni a PP di Paolo Alatri, Passato e presente. L'ultimo libro di Gramsci, in «Paese Sera», 4 marzo 1952 (->52.30); Paolo Alatri, Come aiutarono il fascismo Giolitti, Croce e Gentile, in «Il Paese», 19 aprile 1952 (->52.31) e di Aldo Garosci, in «Il Ponte», VIII, 1952, pp. 1022-1023 (->52.39).
[7] Togliatti, L'antifascismo… cit., p. 142.
[8] Ivi, p. 143.
[9] Guido Liguori, Gramsci conteso. Storia di un dibattito, Roma, Editori Riuniti, 1996, p. 60
[10]Ibidem.
[11] Oltre al riferimento all'eco avuta da questa interpretazione in seguito alla pubblicazione di Letteratura e vita nazionale in Liguori, Gramsci conteso, cit., p. 62, per la reazione di Croce cfr. Carlo Salinari, Il ritorno di De Sanctis, in «Rinascita», IX, 1952, p. 292 (->52.20), in cui l'a., due mesi prima, scrive: «ci sembra che il nesso De Sanctis-Gramsci abbia oggi un maggior significato e maggiori possibilità di sviluppo di quello – tradizionale – De Sanctis-Croce».
[12] Cfr. Benedetto Croce, De Sanctis-Gramsci?, in «Lo Spettatore Italiano», V, 1952, pp. 294-296 (->52.09).
[13] Cfr. in risposta a Croce: Valentino Gerratana, De Sanctis-Croce o De Sanctis-Gramsci? Appunti per una polemica, in «Società», VIII, 1952, pp. 497-512 (->52.16).
[14] Cfr. Galvano Della Volpe, Antonio Gramsci e l’estetica crociana, in «La Fiera Letteraria», VIII, n. 4, 15 febbraio 1953, p. 4 (->53.11).
[15] Cfr. Natalino Sapegno, Manzoni tra De Sanctis e Gramsci, in «Società», VIII, 1952, pp. 7-19 (->52.21), cui risponde Angelo Romanò, Gramsci, Manzoni e gli umili, in «Rassegna di Politica e di Storia», I, 1955, pp. 26-32 (->55.24)e, con conclusioni rimaneggiate, Id., Manzoni visto da Gramsci, in «L'osservatore Politico Letterario», II, n. 10, 1956, pp. 67-78 (->56.18).
[16] Cfr. Adriano Seroni, De Sanctis, Zola e la cultura italiana moderna, in «Rinascita», X, 1953, pp. 492-497 (->53.21).
[17] Liguori, Gramsci conteso cit., p. 63.
[18] Ibidem.
[19] Cfr. Trenta anni di vita e lotte del P.C.I., a cura di Palmiro Togliatti, Roma, Rinascita, 1952 (->52.01).
[20] Cfr. Fulvio Bellini, Giorgio Galli, Storia del Partito Comunista Italiano, Milano, Schwarz, 1953 (->53.03).
[21] Cfr. i segg. artt. di Angelo Tasca: I primi dieci anni del Partito Comunista Italiano, in «Il Mondo», V, 1953, La storia e la preistoria, n. 33, 18 agosto, pp. 3-4; L’«Ordine Nuovo», n. 34, 25 agosto, p. 5; Comunismo e fascismo, n. 35, 1 settembre, pp. 9-10; Ordinovisti e bordighisti, n. 36, 8 settembre, pp. 9-10; La direzione clandestina, n. 37, 15 settembre, pp. 9-10; La nuova politica, n. 38, 22 settembre, pp. 9-10 (->53.38).
[22] Liguori, Gramsci conteso cit., p. 75.
[23] Gian Carlo Jocteau, Leggere Gramsci. Una guida alle interpretazioni, Milano, Feltrinelli, 1975, p. 62.
[24] Liguori, Gramsci conteso cit., p. 77.
[25] Cfr. Paolo Spriano, «L'Ordine Nuovo» e i Consigli di fabbrica, Torino, Einaudi, 19712, pp. 88-89.
[26] Liguori, Gramsci conteso cit., p. 77.
[27] Cfr. Antonio Gramsci, L'Ordine Nuovo. 1919-1920, Einaudi, Torino 1954.
[28] Antecedenti alla raccolta L'Ordine Nuovo, oltre alla pubblicazione di alcuni articoli genericamente precarcerari, nel II “Quaderno” di «Rinascita» Trenta anni di vita… cit., appare l'articolo Il partito comunista, in «L'Ordine Nuovo», II, n. 15 e n. 17, 4 e 9 settembre 1920; con un commento di Giacinto Cardona, Socialismo e cultura. 27 aprile - XV Anniversario della morte di Antonio Gramsci, in «Mondo Operaio», V , n. 9, 3 maggio 1952, pp. 11-12 (->52.07), è pubblicato Socialismo e cultura, in «Il Grido del Popolo», n. 601, 29 gennaio 1916.
[29] Cfr. Armando Parlato, «L'Ordine Nuovo» e i Consigli di fabbrica, in «Battaglia Comunista», XV, 1954, n. 3, aprile-maggio, pp. 2-3, n. 4, giugno, p. 2, n. 5, luglio, p. 2 (->54.21).
[30] Cfr. Giuseppe Carbone, Gramsci in francese, in «L’Unità», XXX, 23 ottobre 1953, p. 3 (->53.33), in cui l'annuncio della prossima pubblicazione dell'opera precarceraria intende, con riferimenti espliciti, polemicamente cancellare tendenziosi timori.
[31] Oltre ad Angelo Tasca, I primi dieci anni… cit. (->53.38), cfr. Battista Santhià, Discutendo con Gramsci, in «L’Unità», XIX, n. 24, 27 gennaio 1952, p. 3 (->52.52); Giovanni Carsano, Gramsci nel ricordo di un operaio torinese, in «L’Unità» [ed. piemontese], XXIX, n. 19, 22 gennaio 1952, p. 3 (->52.49); Giovanni Carsano, Come la Brigata Sassari fraternizzò con i lavoratori. Gramsci nel ricordo di un operaio torinese, in «L’Unità» [ed. piemontese], XXIX, n. 101, 27 aprile 1952, p. 3 (->52.50) e Giovanni Carsano, Gramsci e gli operai, in «L’Unità» [ed. piemontese], XXX, n. 100, 26 aprile 1953, p. 3 (->53.34).
[32] Cfr. Aldo Garosci, Totalitarismo e storicismo nel pensiero di Antonio Gramsci, in Pensiero politico e storiografia moderna, Pisa, Nistri-Lischi, 1954, pp. 193-257; specificamente sulla teoria consiliarista di Gramsci, vedi pp. 200-204 (->54.02).
[33] Cfr. Palmiro Togliatti, Storia come pensiero e come azione, in «Rinascita», XI, 1954, pp. 709-713 (->54.31); tesi già sostenuta nella recensione di Giuseppe Carbone, Un solo Gramsci, in «Incontri Oggi», III, n. 10, 1954, p. 29 (->54.26).
[34] Togliatti, Storia come pensiero… cit., p. 709 (->54.31).
[35] Liguori, Gramsci conteso cit., p. 84.
[36] Cfr. Gastone Manacorda, Carlo Muscetta, Gramsci e l’unità della cultura, in «Società», X, 1954, pp. 1-22 (->54.17).
[37] Cfr. Domenico Zucàro, Vita del carcere di Antonio Gramsci, Milano-Roma, Edizioni Avanti!, 1954 (->54.01).
[38] Cfr. Nicola Matteucci, La cultura italiana e il marxismo dal 1945 al 1951, in «Rivista di Filosofia», XLIV, 1953, pp. 61-85 (->53.14).
[39] Cfr. Rodolfo Mondolfo, Intorno a Gramsci e alla filosofia della prassi, in «Critica Sociale», XLVII, 1955, pp. 93-95; 105-108; 123-127 (->55.23); il saggio è immediatamente pubblicato in volume Id., Intorno a Gramsci e alla filosofia della prassi, Prefazione di Enrico Bassi, Milano, Edizioni della «Critica Sociale», 1955, pp. 20-61 (->55.09).
[40] Liguori, Gramsci conteso cit., p. 65.
[41] Cfr. Eugenio Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), Bari, Laterza, 1955 (->55.03).
[42] Cfr. Giuseppe Petronio, Gramsci e i tempi dell’anti-Croce, in «Avanti!» [ed. romana], 14 settembre 1955 (->55.36).
[43] Antonio Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Einaudi, Torino 1948.
[44] Petronio, Gramsci e i tempi… cit. (->55.36).
[45] Riccardo Venturini, Le “Opere di Antonio Gramsci”, in «Rassegna di Filosofia», IV, 1955, pp. 48-75 (->55.26); la citazione gramsciana è tratta da Il materialismo storico… cit., p. 200.
[46] Cfr. Roberto Guiducci, Gramsci e la scienza: l'oggettività come conquista storica sociale, in «Questioni», I, n 4-5, 1955, pp. 29-45 (->55.18).
[47] Cfr. Nikolai Bucharin, Theorie des historischen Materialismus. Gemeinverständliches Lehrbuch der Marxistischen Soziologie, autorisierte Übersetzung aus dem Russischen von Frida Rubiner, Hamburg, Verlag der Kommunistischen Internationale, 1922; l'edizione originale è del dicembre dell'anno precedente Id. Теория исторического материализма. Популярный учебник марксистской социологии, Москва, Госиздат, 1921.
[48] Cfr. Guido Liguori, Ideologia, in Le parole di Gramsci. Per un lessico dei Quaderni del carcere, a cura di Fabio Frosini e Guido Liguori, Roma, Carocci, 2004, p. 141-142.
[49] Cfr. Derek Boothman, Traduzione e traducibilità, in Liguori, Le parole… cit., p. 252.
[50] Cfr. Livio Maitan, Attualità di Gramsci e politica comunista, Schwarz, Milano 1955 (->55.04).
[51] Cfr. i tre articoli di Livio Maitan, Gramsci e Trotzky. La speculazione di un intellettuale staliniano, Gramsci ignorava le reali posizioni di Trotsky e Ancora su Trotzky e Gramsci, in «Bandiera Rossa», II, n. 5, 6, 7, 1951.
[52] Ivi, p. 24.
[53] Liguori, Gramsci conteso, cit., p. 92
[54] Cfr. Romolo Marri, L'intelletto organico, in «Il Contemporaneo», III, n. 17, 28 aprile 1956, p. 7 (->56.28).
[55] Cfr. Paolo Spriano, La società civile, in «Il Contemporaneo», III, n. 22, 2 giugno 1956, p. 6 (->56.32).
[56] Cfr. Mario Alicata, Troppo poco gramsciani, In «Il Contemporaneo», III, n. 26, 30 giugno 1956, pp. 6-7 (->56.26).
[57] Cfr. gli articoli di Italo Calvino, Nord e Roma-sud e di Ludovico Geymonat, Troppo idealismo, rispettivamente pubblicati nei numeri 13 e 14 del 1956 in «Il Contemporaneo»; questi ed i precedenti contributi al dibattito sono raccolti in Gli intellettuali di sinistra e la crisi del 1956, a cura di Giuseppe Vacca, Roma, Editori Riuniti, 1978.
[58] Cfr. Carlo Leopoldo OTTINO, Concetti fondamentali nella teoria politica di Antonio Gramsci, Feltrinelli, Milano 1956 (->56.02).
[59] Jocteau, Leggere Gramsci..., cit., p. 65.
[60] Ottino, Premessa, in Concetti fondamentali… cit., p. 9 (->56.02).
[61] Cfr. Battista Santhià, Con Gramsci all’Ordine Nuovo, Editori Riuniti, Roma 1956 (->56.03).