Un percorso tra i temi
Contributi alla biografia di Antonio Gramsci.
Per quanto riguarda la biografia di Antonio Gramsci, la storiografia del periodo compreso tra il 1952 e il 1956 è da suddividere in due settori, per così dire: quella che si occupa del giovane Gramsci e quella sul periodo successivo all'arresto. In questi due filoni, un'ulteriore differenziazione formale è fra scritti a carattere testimoniale ed i contributi che si basano principalmente su fonti inedite o d'archivio.
Le testimonianze sul periodo giovanile raccontano principalmente le esperienze del Biennio rosso: dall'articolo di Battista Santhià, Discutendo con Gramsci[1], in cui sono ripercorse le discussioni personali tra l'autore e il Sardo riguardo le strategie politiche da adottare, al ricordo di Giovanni Carsano[2], che esemplifica gli interventi gramsciani alle assemblee operaie, così come nella poesia di Velso Mucci, dove il futuro leader comunista si fa «pastore d'uomini»[3] percorrendo tra i portici del centro di Torino e le officine delle periferie.
A seguito delle copiose testimonianze lasciate da Angelo Tasca alle pagine de «Il Mondo»[4], in occasione della pubblicazione della raccolta L'Ordine Nuovo, anche Umberto Terracini dà il proprio contributo dalle colonne del «Calendario del Popolo»[5], cui segue nell'anno successivo il racconto di un Brindisi notturno[6] nella notte della fondazione del pcd'i; mentre nella stessa pagina del settimanale comunista illustrato «Vie Nuove» è pubblicato da Felice Chilanti[7] un articolo che raccoglie alcune testimonianze di comunisti livornesi presenti nel 1921 ed il loro approccio con Gramsci.
Per il periodo precedente, una testimonianza è data da Gaetano Salvemini[8] che, riprendendo un passo di La questione meridionale[9], puntualizza la vicenda che lo vide protagonista della proposta, avanzata anche da Gramsci, di una sua candidatura al IV Collegio di Torino, per le elezioni del 1914.
Anche all'interno di biografie di altri personaggi troviamo frammenti di intense memorie e testimonianze riguardanti il fondatore dell'«Ordine Nuovo»: è il caso del ricordo dedicato da Mario Alicata a Ruggero Grieco, «uno dei più geniali discepoli e continuatori dell'opera di Gramsci»[10]; ma anche, per esempio, nella ricostruzione della latitanza torinese di Gastone Sozzi[11] il Sardo ricopre un ruolo determinante caldeggiando la partenza del giovane romagnolo per l'Unione Sovietica.
Seguendo la falsariga di queste testimonianze prevalentemente dedicate al Gramsci ordinovista, un contributo più organico è dato dal già menzionato Con Gramsci all'Ordine Nuovo di Santhià, dove i ricordi personali dell'autore aiutano a ripercorrere gli avvenimenti che scossero gli operai delle fabbriche torinesi e l'intensa attività organizzativa posta in essere dal gruppo capeggiato da Gramsci.
Tra gli scritti basati su fonti primarie dirette riguardanti il periodo precarcerario dà un contributo Domenico Zucàro quando accenna al rapporto di Gramsci con la Sardegna attraverso il breve carteggio Gramsci-Lussu[12] e alla permanenza romana[13].
Si occupano prevalentemente di questo primo periodo della biografia del Sardo ed a grandi falcate le opere storiografiche concernenti il pci e la sua fondazione, dove normalmente l'ombra della figura di Gramsci scema dopo il Congresso di Lione per poi riapparire improvvisamente al momento della morte nel 1937; ne sono esempi i Trent'anni di lotte dei comunisti italiani di Paolo Robotti e Giovanni Germanetto[14], la Storia del Partito Comunista Italiano redatta da Giorgio Galli e Fulvio Bellini[15] e l'opuscolo di Luciano Gruppi e Enzo Modica, Il Partito Comunista Italiano (1921-1955)[16] ma anche la biografia testimoniale e colloquiale, a carattere “ufficioso” di Togliatti scritta da Marcella e Maurizio Ferrara[17]. Il pensiero e il ruolo di Gramsci, pur con forzature ed omissioni, emerge invece fortemente nel “II Quaderno” di «Rinascita»[18].
Poche sono le testimonianze che riguardano il Gramsci prigioniero. Aurelio Fontana ricorda qualche aneddoto su Gramsci nel penitenziario di Turi[19], Antonio Pescarzoli racconta i giorni passati insieme al Carcere del Carmine di Napoli[20], mentre Giovanni Carsano, con un quadro del processo al Tribunale Speciale, racconta delle attività culturali organizzate comunque da Gramsci, nonché le vicissitudini burocratiche per il trasferimento a Turi.
Primeggia la ricerca di Domenico Zucàro tra gli studi storici dedicati alla vita di Gramsci dopo l'arresto. Ogni spostamento del detenuto è seguito sistematicamente dall'autore e dove è possibile, sono riprodotti i documenti. Dall'arresto al confino[21], da San Vittore[22] alla Clinica «Qui si sana»[23] fino alla morte[24], ogni avvenimento è ricostruito in un saggio a sé pubblicato in periodici; questi contributi parziali confluiscono nel 1954 nella monografia dedicata da Zucàro alla succitata Vita del carcere di Antonio Gramsci.
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Una gran parte degli scritti di questi anni riguarda la filosofia di Gramsci all'interno della tradizione marxista oppure il confronto con Croce e il crocianesimo, con il retroterra della cultura torinese o dei rapporti tra cultura e politica; si trova peraltro un numero notevole di studi dedicati alle molteplici diramazioni del pensiero gramsciano che vanno dalla storiografia alla letteratura, dal folklore alla questione meridionale, dallo studio della struttura della fabbrica, del partito al concetto di rivoluzione passiva e ancora osservazioni sulla pedagogia, sul cinema.
Per quanto riguarda il periodo ordinovista gli studi analizzano il nascente sistema politico ed i presupposti ideologici della Rivoluzione d'Ottobre, talora con confronti rispetto all'ortodossia marxista.
Un capitolo a parte merita la discussione sulla conoscenza, l'influsso e l'utilizzo dell'opera del Sardo nella cultura coeva, italiana e straniera.
La filosofia di Antonio Gramsci nella tradizione marxista
In uno studio sul pensiero socialista di Antonio Labriola, Luciano Cafagna ricorre alle note di Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce per spiegare e nel contempo respingere le critiche sommarie di Trockij al filosofo di Cassino[25], ma molto più esplicitamente, Liliano Faenza[26] sente riecheggiare nell'opera del Sardo i presupposti dell'autonomia della filosofia della prassi postulati da Labriola, di cui Gramsci è presentato come continuatore avendo superato la cesura tra teoria e pratica attraverso l'esperienza ordinovista e con la rivendicazione del concetto di egemonia. Il paragone istituito da Faenza tra la polemica gramsciana contro Bucharin e quella di Labriola contro il positivismo del XIX secolo, riporta al saggio di Mondolfo[27] dove, insieme alla concezione originale, autonoma, della realtà da ricondurre al Labriola, è accettata la spiegazione che Gramsci dà del marxismo ortodosso di Bucharin. Nello stesso anno, ancora uno studio di Riccardo Venturini[28] indica nell'affermazione di Labriola dell'indipendenza filosofica del materialismo storico la continuità dell'opera gramsciana e la prosecuzione della serrata critica al determinismo.
Questi due ultimi saggi, di Mondolfo e di Venturini, si occupano approfonditamente dell'esame critico al Saggio popolare di sociologia di Bucharin; Venturini più esplicitamente vi scorge la portata molto vasta del tema che porta Gramsci a delicate analisi sull'oggettività, sul «senso comune» o, per riunire la molteplicità di temi sotto un unico concetto, sul problema della conoscenza. Ancora nel 1955, queste stesse problematiche sono affrontate nel già citato saggio di Roberto Guiducci[29] (un incipit è probabilmente il saggio di Mondolfo), i cui limiti «umanistici» dell'autore portano anche il pregio di un taglio decisamente meno speculativo e polemico che accompagna l'attenzione alle opinioni di Gramsci sulla logica formale e matematica.
Le critiche dell'ideologismo scientifico sono state precedentemente portate avanti da Manacorda e Muscetta nello succitato scritto Gramsci e l'unità della cultura, dove la questione della conoscenza è riletta nella sua funzione di «dominio del reale»[30].
Cultura e politica
Il rapporto tra politica e cultura, tema fondamentale del pensiero gramsciano, è affrontato nello scritto a carattere generale di Nicola Matteucci, Cultura e politica [31], dove l'accento è posto sull'adesione politica e morale al partito; a questa contingenza si possono far risalire le critiche di Mondolfo[32] alle istanze bolsceviche del pensiero gramsciano, dove la mancanza di indipendenza nel rapporto libertà-autorità è inteso come un rovesciamento della filosofia della prassi; o quelle di Garosci al «rinnovato totalitarismo»[33] gramsciano che «riposa sostanzialmente sull'idea epurata di un "salto" fuori dalle contraddizioni della società grazie a una ferrea organizzazione, che cerca di legarsi le forze intellettuali e di sottometersele»[34].
Presumibilmente sulle dure critiche di Mondolfo e Garosci influisce la situazione storica, se già nel 1953 nella rivista «Scuola e Città» Lamberto Borghi[35] indicava, a confronto con le concezioni di Gentile e Croce, i limiti dell'idea di libertà di Gramsci nell'inevitabilità della degenerazione autoritaria e burocratica dell'ideologia comunista.
Decisamente più ottimista è Guiducci già sul finire del 1954 quando scrive La questione della cultura di sinistra[36]: l'idea leninista di “partitarietà” della cultura è accettata positivamente, in vista, sull'esempio di Gramsci, di un rinnovamento culturale che sia autenticamente rivoluzionario e, come sviluppa l'anno seguente in Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra[37], il rischio ed il tentativo politico sono stati per il Sardo anche la ricerca filosofica e culturale, o ancora in Socialismo e verità[38] la ricerca scientifica è considerata parte integrante della partecipazione politica attiva e consapevole.
A negare qualsiasi importanza teorica al rapporto tra cultura e politica nel pensiero del Sardo, giunge invece Franco Rizzo[39], che sostiene la natura di documento dell'opera gramsciana per gli studi sulle manifestazioni culturali del fascismo: è comunque da rilevare che a differenza dei saggi precedenti, dai puntuali riferimenti in nota, questo scritto poggia principalmente su fonti secondarie e degli scritti gramsciani l'autore dimostra una conoscenza sistematica solamente delle Lettere dal carcere[40].
Croce dopo Gramsci
La testimonianza di Romano Pasi[41], lettore del mensile «Incontri», per l'inchiesta della rivista sul significato coevo dell'opera di Benedetto Croce, indica chiaramente lo stato della ricezione dell'opera del filosofo napoletano come antagonista per le giovani generazioni. Di lui si riconosce comunque il legame profondo con l’insegnamento gramsciano; ben più in là si spinge l'interpretazione di Armando Parlato[42] secondo cui il pensiero del Sardo, pur richiamandosi al marxismo, si svolge in linea con l’idealismo crociano per le sue caratteristiche soggettivistiche volte a negare l’esistenza di qualcosa all’infuori della coscienza e dell’azione dell’uomo e per l'equiparazione di base e sovrastruttura nella determinazione del processo storico.
Un anno prima della pubblicazione delle Lezioni di Storia Moderna di Nino Valeri[43], che rilevano il nesso dialettico dei Quaderni del carcere con la filosofia del Croce, e dell'opera di Garin[44], qui precedentemente ricordata insieme alla recensione di Petronio[45] che vi trova un contributo alla costruzione dell'«Anti-Croce» auspicato da Gramsci, Liliano Faenza[46] ricorda il percorso inaugurato dall'opera carceraria in contrapposizione al neoidealismo italiano e più precisamente proprio in vista del progetto di un «Anti-Croce».
Un contributo di spessore filosofico sullo storicismo crociano riletto da Gramsci è dato Furio Diaz che vede il pensatore sardo spingere «la "storicità" alle sue più rigorose conseguenze», «anche se in un certo senso, ciò volesse dire un sostanziale rovesciamento della impostazione dello storicismo»[47].
La scuola torinese e Piero Gobetti
Il rapporto e soprattutto l'apporto di Gramsci al fermento culturale che attraversa la città sabauda all'inizio del secolo viene riletto da una figura carismatica della cultura torinese, Gioele Solar,i[48] filtrato dalla figura di Piero Gobetti, giovane intellettuale che coglie l'importanza delle lotte degli operai torinesi e che subisce attivamente l'influsso delll'avanguardia teorica del movimento consiliare: il gruppo ordinovista con Gramsci in testa.
Un allievo di Solari, militante della lotta antifascista fin dai primordi, Aldo Garosci[49], nella sua analisi del pensiero gramsciano giustamente non tralascia l'esperienza culturale nell'ateneo torinese e la battaglia consiliarista, tra le radici dell'attività del futuro dirigente comunista.
Se Lucio Lombardo Radice[50] trova nella critica radicale alla democrazia prefascista alcune premesse essenziali dell'antifascismo che hanno accomunato Gramsci e Gobetti, un altro torinese, Claudio Gorlier[51], critica, con immotivata asprezza, quella che a suo giudizio appare la «ristrettezza» ideologica di Gramsci, che gli avrebbe impedito di cogliere la forza ideale, politica e militare di quella borghesia piemontese che in seguito avrebbe lottato per la Resistenza.
A collegare le figure di Gramsci e Gobetti non solo nella scenografia cittadina è Nino Valeri nel suo Da Giolitti a Mussolini[52], in cui è presa in considerazione l'attività di Gobetti alla luce della tattica ordinovista di unione tra gli operai del nord ed i contadini del Mezzogiorno; ancora a sostegno della tesi della centralità dell'esperienza ordinovista per Gobetti si inserisce un saggio di Giuseppe Pasquariello su Gobetti e l'«Ordine Nuovo»[53].
L'«Ordine Nuovo» e i Consigli di fabbrica
Nel XV anniversario della morte di Antonio Gramsci, Giacinto Cardona[54] premette una brevissima analisi alla ripubblicazione dell'articolo, oggi celebre, del giovane Gramsci Socialismo e cultura[55], in cui, a suo dire, emergerebbe la visione di un’attività culturale che non può essere lasciata alla spontaneità ed è sottolineata la vicinanza con il pensiero di Lenin in un momento in cui a Gramsci era ancora sconosciuto. Contrario ad inserire l'opera di Gramsci all'interno della tradizione marxista-leninista, è invece Armando Parlato[56] che, con Gennaro Fabbrocino, sostiene la sostanziale estraneità del pensiero del fondatore del Partito Comunista dall'interpretazione vera dei meccanismi che devono portare alla rivoluzione proletaria, a favore di deviazioni produttivistiche.
Tra le recensioni: Giuseppe Carbone[57] indica nell'opera del Sardo Un solo Gramsci, per cui già nel periodo ordinovista si percepiscono i maggiori temi dei Quaderni del carcere; analogamente Carlo Salinari[58] ritiene che la questione della civiltà operaia, implicita nelle riflessioni più tarde, sia richiamata con forza negli articoli giovanili; Liliano Faenza[59] ne sottolinea i presupposti marxisti e la centralità dell’esperienza leninista.
Tra il dicembre del 1954 e il febbraio successivo, sul mensile anarchico di Livorno «L'Impulso», Pier Carlo Masini pubblica un saggio in tre parti che nel 1956 esce come opuscolo col titolo Antonio Gramsci e l'Ordine Nuovo visti da un libertario[60], in cui, nonostante alcuni articoli critici del Sardo verso il movimento in cui Masini si identifica, l’autore riconosce una comunanza di vedute tra Gramsci e gli anarchici nell'analisi del «nucleo libertario» dell’esperienza consiliare.
Per Ottino, analogamente, il sistema consiliare è da considerare espressione della «vera democrazia operaia»[61]; mentre Alicata[62], sulla scia della recensione di Carbone, sottolinea il legame di questa raccolta con i Quaderni, nel momento in cui la lotta politica, al bivio tra fascismo e rivoluzione, è la trasposizione nell'azione della scientificità del metodo e della ricerca oggettiva della verità che emerge dagli articoli gramsciani; al contrario, Matteucci[63] respinge la tesi della continuità dell'opera di Gramsci proponendo i motivi fondamentali dell'antitesi tra i due momenti della riflessione politica del Sardo. Dal canto suo, Giuliano Pischel[64] rileva un'altra suddivisione, questa volta all'interno della raccolta di articoli gramsciani, tra una parte teorico-propagandistica e un'altra storica dedicata alle caratteristiche dell’esperienza consiliare. Un'ultima recensione dell'attività pubblicistica di Gramsci si deve a Roberto Guiducci[65] nel primo numero della sua rivista, «Ragionamenti», in cui sono analizzati, come sollecitazione alla rielaborazione ideologica, i problemi che si pongono con la creazione di una nuova struttura organizzativa come i Consigli di fabbrica.
Ancora nel 1955 esce il volume di Maitan[66], il cui fulcro teorico è proprio l'esperienza ordinovista di Gramsci; probabilmente rispetto a critiche simili a quelle condotte da Parlato e Fabbrocino, il dirigente trockista difende l'opzione gramsciana, obbligata dalla contingenza politica, per la creazione di istituti che avrebbero determinato una situazione di dualismo dei poteri, rispetto all'ortodossa scelta di una nuova direzione rivoluzionaria del proletariato italiano.
Intanto, in una conferenza, l’autorevole dirigente Giancarlo Pajetta[67] sceglie un articolo gramsciano[68] per dimostrare non solo la tradizionale apertura dei comunisti al dialogo tra operai e contadini socialisti e cattolici, ma la necessità, da parte comunista, di creare un sistema d’equilibrio politico con le istituzioni ecclesiastiche. Nella presentazione[69] di tre articoli[70], tra i quali uno sui cattolici, Anna Pagliuca rileva la capacità, caratteristica già del giovane Gramsci, di pervenire alla scoperta di significati costanti nella storia d'Italia, risalendo anche da un fatto minimo.
A conclusione del periodo preso in esame, il già citato volume di Ottino Concetti fondamentali nella teoria politica di Antonio Gramsci dedica all'esperienza consiliare un solo paragrafo del capitolo sulla formazione del giovane Gramsci, pur col pregio di darne una descrizione sfaccettata, benché succinta, nei rapporti tra sindacato partito e stato consiliare.
Certo, a ben vedere, a due anni dall'uscita della raccolta dei testi ordinovisti non si può ritenere soddisfacente, per profondità e organicità, l'analisi dedicata alla teoria consiliare e in genere al Gramsci del periodo ’19-20.
[1] Cfr. Battista Santhià, Discutendo con Gramsci, in «L’Unità» [ed. piemontese], XIX, n. 24, 27 gennaio 1952, p. 3 (->52.52).
[2] Cfr. Giovanni Carsano, Gramsci e gli operai, in «L’Unità» [ed. piemontese], XXX, n. 100, 26 aprile 1953, p. 3 (->54.34).
[3] Cfr. Velso Mucci, Ricordo di Gramsci, in Id., L’umana compagnia, Roma, Il Costume, 1953, pp. 75-78 (->53.41).
[4] Cfr. Tasca, I primi dieci anni… cit. (->53.38).
[5] Umberto Terracini, Gramsci e «L'Ordine Nuovo» nel tempestoso biennio ’19-’20. Matura lo scontro decisivo nel caos dell'immediato dopoguerra e Gramsci e i consigli di fabbrica, in «Il Calendario del Popolo», XI, 1955, p. 1906 e 1931 (->55.25).
[6] Umberto Terracini, Brindisi notturno per la nascita del partito, in «Vie Nuove», XI, 1956, pp. 12-13 (->56.33).
[7] Felice Chilanti, Livorno. Parlano i testimoni della nascita del Pci, in «Vie Nuove» [Roma], XI (1956) pp. 10-12, 14 (->56.27).
[8] Gaetano Salvemini, Prefazione, in Scritti sulla questione meridionale (1896-1955), Torino, Einaudi, 1955, pp. XXIII-XXVI (->55.11).
[9] Gramsci, La questione meridionale, a cura della Commissione culturale della Federazione torinese del Pci, Tipografia popolare, Torino 1949.
[10] Cfr. Mario Alicata, Un allievo di Gramsci, in «Il Contemporaneo», II, n. 32, 6 agosto 1955, p. 1 (->55.38).
[11] Cfr. Felice Chilanti, A Torino a L’Ordine Nuovo e Con Antonio Gramsci, in Gastone Sozzi, Roma, Edizioni di Cultura Sociale, 1955, pp. 99-111 (->55.06).
[12] Cfr. Domenico Zucàro, Antonio Gramsci e la Sardegna. Carteggio inedito Gramsci-Lussu, in «Mondo Operaio», V, n. 1, 6 gennaio 1952, pp. 18-20 (->52.25).
[13] Cfr. Domenico Zucàro, Gramsci a Roma, in «L’Unità» [ed. romana], XXIX, n. 20, 23 gennaio 1952; ma per la trascrizione dei documenti dagli originali cfr. Id., Due lettere inedite di Antonio Gramsci, in «Mondo Operaio», V, n. 11, 7 giugno 1952, pp. 17-18 (->52.56).
[14] Cfr. Paolo Robotti, Giovanni Germanetto, Un grave lutto del P.C.I.: la morte di Antonio Gramsci, in Trent'anni di lotte dei comunisti italiani. 1921-1951, Roma, Edizioni di cultura sociale, 1952, pp. 163-166 (->52.03).
[15] Cfr. Fulvio Bellini, Giorgio Galli, Storia del Partito Comunista Italiano, Milano, Schwarz, 1953 (->53.03).
[16] Cfr. Luciano Gruppi, Enzo Modica, Il Partito Comunista Italiano (1921-1955), Roma, Edizioni di Cultura Sociale, 1955 (->55.12).
[17] Cfr. Marcella Ferrara, Maurizio Ferrara, Conversando con Togliatti, Roma, Edizioni di Cultura Sociale, 1953 (->53.02).
[18] Cfr. [Togliatti] Trenta anni di vita e lotte… cit. (->52.01).
[19] Cfr. Aurelio Fontana, Cinque aneddoti della vita carceraria di Antonio Gramsci, in «Rinascita», IX, 1952, pp. 170-171 (->52.13).
[20] Cfr. Antonio Pescarzoli, Due giorni di carcere in compagnia di Antonio Gramsci. Vecchi ricordi di un detenuto politico, in «Il Messaggero», 23 settembre 1953 (->53.37).
[21] Cfr. Domenico Zucàro, L’Arresto di Antonio Gramsci e l’assegnazione al confino, in «Movimento Operaio», V, 1953, pp. 56-67 (->53.24).
[22] Cfr. Domenico Zucàro, Antonio Gramsci a S. Vittore per l'istruttoria del “processone” (Con alcuni documenti inediti), in «Il Movimento di Liberazione in Italia», IV, 1952, pp. 3-16 (->52.26).
[23] Cfr. Domenico Zucàro, Dalla cella di Turi alla clinica «Qui si sana», in «Mondo Operaio», V, 1952, pp. 16-19 (->52.27).
[24] Cfr. Domenico Zucàro, La morte di Gramsci, in «Mondo Operaio», VI , n. 9, 2 maggio 1953, p. 14-15 (->53.25).
[25] Cfr. Luciano Cafagna, Antonio Labriola e la «coscienza socialista» in Italia, in «Movimento Operaio», VI, 1954, p. 667 (->54.07).
[26] Cfr. Faenza, Liliano, Labriola e Gramsci, in «Mondo Operaio», VII, 1954, pp. 15-17 (->54.11).
[27] Cfr. Mondolfo, Intorno a Gramsci… cit. (->55.23).
[28] Cfr. Riccardo Venturini, Le “Opere di Antonio Gramsci”, in «Rassegna di filosofia», IV, 1955, pp. 48-75 (->55.26).
[29] Cfr. Guiducci, Gramsci e la scienza… cit. (->55.18).
[30] Manacorda, Muscetta, Gramsci e l’unità… cit., p. 4 (->54.17).
[31] Cfr. Nicola Matteucci, Cultura e politica, in «Il Mulino», I, 1952, pp. 161-169 (->52.17).
[32] Cfr. Mondolfo, Intorno a Gramsci… cit. (->55.23).
[33] Cfr. Garosci, Totalitarismo e storicismo… cit., p. 241 (->54.02).
[34] Ibidem.
[35] Cfr. Lamberto Borghi, Gramsci e i marxisti, in L'attuale dibattito sulla libertà in Italia e la sua portata educativa, in «Scuola e Città», III, 1953, pp. 352-357 (->53.07).
[36] Cfr. Roberto Guiducci, La questione della cultura di sinistra, in «Questioni», I, n. 5-6, 1954, pp. 45-58 (->54.14).
[37] Cfr. Id., Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra, in «Nuovi Argomenti», III, nn.17-18, 1955-1956, pp. 83-108 (->55.19).
[38] Cfr. Id., Socialismo e verità. Pamphlets di politica e cultura, Torino, Einaudi, 1956, pp. 138-279 (->56.05).
[39] Cfr. Franco Rizzo, Cultura e politica in Antonio Gramsci, in «L'osservatore politico letterario», II, nn. 4 e 6, 1956, pp. 35-46, 55-66 (->56.16).
[40] Cfr. Gramsci, Lettere dal carcere, Einaudi, Torino 1947; nuova ediz., a cura di Sergio Caprioglio, Elsa Fubini, 1965.
[41] Cfr. Romano Pasi, Croce dopo Gramsci, in «Incontri Oggi», II, 1953, pp. 6-7 (->53.18).
[42] Cfr. Armando Parlato, Qualche nota all'articolo di Lukács su "L'Estetica", in «Battaglia Comunista», XIV, 1953, p. 2 e Id., Nota su Gramsci, in «Prometeo», VII, 1954, pp. 20-27 (->53.17).
[43] Cfr. Nino Valeri, La crisi del socialismo nel dopoguerra. Gramsci, in Lezioni di Storia Moderna. Appunti intorno alla crisi del primo dopoguerra, Milano, «La Goliardica» Edizioni Universitarie, 1955, pp. 85-91 (->55.08).
[44] Cfr. Garin, Cronache di filosofia… cit. (->55.03).
[45] Cfr. Petronio, Gramsci e i tempi… cit. (->55.36).
[46] Cfr. Faenza, Labriola e Gramsci cit. (->54.11).
[47] Cfr. Furio Diaz, Sviluppi dello storicismo crociano, in Id., Storicismi e storicità, Firenze, Parenti, 1956, pp. 24-61 (->56.04).
[48] Cfr. Gioele Solari, Aldo Mautino nella tradizione culturale torinese da Gobetti alla Resistenza, a cura di Norberto Bobbio, in Aldo Mautino, La formazione della filosofia politica di Benedetto Croce, Laterza, Bari 1953, pp. 3-132 (->53.05).
[49] Cfr. Garosci, Totalitarismo e storicismo… cit. (->54.02).
[50] Cfr. Lucio Lombardo-Radice, Gramsci: le forze sociali portatrici di avvenire, in Antifascismo – restaurazione e antifascismo – rivoluzione, in «Incontri Oggi», II, 1954, p. 5 (->54.16).
[51] Cfr. Claudio Gorlier, Elogio del Piemonte, in «Paragone», VI, 1955, pp. 58-65 (->55.17).
[52] Cfr. Nino Valeri, Gobetti e Gramsci, in Id., Da Giolitti a Mussolini, Firenze, Parenti, 1956, pp. 217-21 (->56.07).
[53] Cfr. Giuseppe Pasquariello, Gobetti e l'«Ordine Nuovo», in «Incontri Oggi», V, 1956, pp. 35-39 (->56.15).
[54] Cfr. Giacinto Cardona, Socialismo e cultura. 27 aprile - XV Anniversario della morte di Antonio Gramsci, in «Mondo Operaio», V , n. 9, 3 maggio 1952, pp. 11-12 (->52.07).
[55] Alfa Gamma [Antonio Gramsci], Socialismo e cultura, in «Il Grido del Popolo», n. 601, 29 gennaio 1916.
[56] Cfr. gli articoli, apparsi in più parti di Armando Parlato, «L'Ordine Nuovo» e i Consigli di fabbrica, in «Battaglia Comunista», XV, 1954, n. 3, aprile-maggio, pp. 2-3; n. 4, giugno, p. 2; n. 5, luglio, p. 2 (->54.21) e Id., Valori conoscitivi dell'esperienza proletaria, in «Battaglia Comunista», XV, 1954, n. 9, novembre, p. 2 e n. 10, dicembre, p. 2 (->54.22); Cfr. anche Gennaro Fabbrocino, Questioni storiche dell'Internazionale comunista, in «Il Programma Comunista», III, 1954, n. 6, 12 marzo-2 aprile, p. 2 e Id., La sinistra comunista e l’ordinovismo, in «Il Programma Comunista», III, 1954, n. 7, 2-16 aprile, p. 2 (->54.10).
[57] Cfr. Giuseppe Carbone, Un solo Gramsci cit. (->54.26).
[58] Cfr. Carlo Salinari, Gramsci e l'Ordine nuovo, in «Il Contemporaneo», I, n. 34, 1954, pp.1-2 (->54.28).
[59] Cfr. Liliano Faenza, rec. a Antonio Gramsci, L'Ordine Nuovo. 1919-1920 (1954), in «Mondo Operaio», VIII , n. 2, 22 gennaio 1955, pp. 23-25 (->55.30).
[60] Cfr. Pier Carlo Masini, Antonio Gramsci e l’Ordine Nuovo visti da un libertario. In appendice: il discorso in morte di A. Gramsci pronunciato da C. Berneri alla Radio CNT – FAI di Barcellona il 3 maggio 1937, Livorno, L’Impulso edizioni, 1956 (->56.10); originariamente pubblicato come Id., Gli scritti di Gramsci degli anni 1919-1920, in «L’Impulso», VI, n. 12, 15 dicembre 1954, p. 3; VII, n. 1, 15 gennaio 1955, p. 3; VII, n. 2, 15 febbraio 1955, p. 3 (->55.22).
[61] Cfr. Carlo Leopoldo Ottino, rec. a Antonio Gramsci, L'Ordine Nuovo. 1919-1920 (1954), in «Movimento Operaio», VII, 1955, pp. 151-157 (->54.34).
[62] Cfr. Mario Alicata, Gramsci e l’”Ordine nuovo”, in «Società», XI, 1955, pp. 197-204 (->55.28).
[63] Cfr. Nicola Matteucci, Partito e Consigli di fabbrica nel pensiero di Gramsci, in «Il Mulino», IV, 1955, pp. 350-359 (->55.33).
[64] Cfr. Giuliano Pischel, rec. a Antonio Gramsci, L’Ordine nuovo. 1919-1920 (1954), in «Il Ponte», XI, 1955, pp. 916-920 (->55.37).
[65] Cfr. Roberto Guiducci, L'Ordine nuovo, in «Ragionamenti», I, 1955, pp. 1-5 (->55.33).
[66] Maitan, Attualità di Gramsci… cit. (->55.04).
[67] Cfr. Gian Carlo Pajetta, Come Gramsci poneva il problema dei rapporti con i cattolici, in Perché il colloquio tra i comunisti e i cattolici? Conferenza tenuta a Treviso il 18 dicembre 1955, Roma, Seti, pp. 5-7 (->55.07).
[68] Cfr. Antonio Gramsci, Cronache dell’«Ordine Nuovo» [XXIX], in «L’Ordine Nuovo», I, n. 41, 20 marzo 1920.
[69] Cfr. Anna Pagliuca, Tre scritti di Gramsci sull'«Avanti!», in «Mondo Operaio», IX, 1956, p. 229 (->56.14).
[70] Cfr. Antonio Gramsci, I cattolici italiani, in «Avanti!», [ed. milanese], XXII, n. 354, 24 dicembre 1918, Pagliuca fa riferimento a questa pubblicazione, ma l’articolo è apparso precedentemente il 22 dicembre nell’edizione piemontese); Id., I liberali italiani, in «Avanti!», [ed. piemontese e milanese], XXII, n. 253, 12 settembre 1918 e Id., Utopia, in «Avanti!», XXII, n. 204, 25 luglio 1918, p. 2,