55.18 - Guiducci, Roberto, Gramsci e la scienza: l'oggettività come conquista storica sociale
Guiducci, Roberto, Gramsci e la scienza: l'oggettività come conquista storica sociale, in «Questioni» [Torino], I, n 4-5 (1955) pp. 29-45
Dalle note raccolte in MS ed in PP, lo scritto intende spiegare i presupposti delle riflessioni ontologiche gramsciane che hanno per spunto la critica al Manuale popolare di sociologia di Bucharin: quest’ultimo in polemica contro il soggettivismo, erroneamente stabilisce la realtà oggettiva del mondo esterno. AG pensa sia necessario un chiarimento definitivo sull’argomento, in modo da permettere uno sviluppo organico della filosofia della prassi.
G. dubita AG potesse conoscere i saggi marxiani L’ideologia tedesca ed i Manoscritti economici-filosofici, ed osserva come «Gramsci raggiunga molto spesso le stesse conclusioni di Marx» (p. 30).
L’impostazione gramsciana non pone il problema sul terreno teoretico, bensì in un contesto storico in cui le posizioni antitetiche sono incarnate nei gruppi sociali.
Di fronte all’antitesi tra posizione idealistica e materialistico-realistica, il «senso comune» popolare, definito equivoco, contraddittorio e «sempre succube di posizioni mistiche e di filosofie deteriori» (p. 42), non opera una scelta, ma crede semplicemente alla realtà oggettiva del mondo esterno e non saprebbe nemmeno concepire l’esistenza di una concezione soggettiva, pensiero che è invece diffuso tra i gruppi intellettualmente più evoluti; è dimostrata, così, la drammatica frattura «fra scienza e vita, fra certi gruppi di intellettuali (…) e le grandi masse popolari» (p. 31).
AG addita l’errore di alcune correnti marxiste che, per ragioni tattiche o di contingenza, si sono avvicinate al «senso comune» avviandosi verso concezioni materialistico-meccanicistiche.
L’a. vede il cuore dell’analisi gramsciana nel riconoscere che ogni classe, «gruppo, o corrente, o ideologia, cerca di dimostrare di possedere la verità e di poterla conoscere» (p. 33) e dunque v’è la «presunzione di potersi collocare da un punto di vista assoluto» (ivi), pretesa di un’oggettività extrastorica ed extraumana che non è valida nel quadro del materialismo storico. AG «non ammette la possibilità da parte di alcuna ideologia di pretendere una gnoseologia assoluta, e neppure un’ideologia rivoluzionaria può pretenderlo, anche se essa tende ad una posizione egemonica, perché appunto l’affermazione della sua egemonia sta nel porsi il compito di unificare il genere umano sul piano sociale e quindi anche su quello culturale generale e non già di presentare come conseguito il risultato» (pp. 33-34). L’oggettività intesa da AG è spiegata «come consenso intersoggettivo, come posizione comune, come accordo di rapporti dell’uomo con l’uomo» (p. 34). Nemmeno le scienze sperimentali possono valere come piano di verità assoluta perché non raggiungono risultati definitivi e la scienza non ha significato al di fuori dell’uomo; inoltre gli stessi scienziati soffrono di rotture ideologiche e di metafisicizzazione dei risultati conseguiti.
Con il nuovo metodo sperimentale è iniziata l’epoca di sviluppo del pensiero moderno, avulso da teologia e metafisica, dove la ricerca è la premessa per il nuovo metodo di produzione e «della nuova forma di unione attiva tra l’uomo e la natura» (ivi); in questo quadro è fissato il compito dello storicismo marxista che non grava la ricerca con vincoli particolari, ma intende offrirle «la massima liberazione dagli “idola” soprattutto “fori” e “theatri”» (p. 39) e traduce i risultati delle scienze naturali-sperimentali in forze di produzione, coopera per un loro migliore sviluppo con l’introduzione della componente storicistica che consente «al ricercatore una lucidità snebbiata dalla metafisica» (p. 43).