Emicrania
In «Avanti! », anno xx, n. 330, 27 novembre 1916, cronache torinesi, nella rubrica «Sotto la mole». Raccolto in SM, 262-263; CT, pp. 627-628
Evidentemente è effetto dell'emicrania. Il cervello lavora per conto suo. I silenziosi operai che quotidianamente ricostruiscono ciò che la fatica distrugge sono oggi più irrequieti. È un ronzio, un brulichio doloroso, come se le pareti corticali fossero calpestate da una infinità di piccoli piedi aguzzi, pungenti, taglienti che offendono crudelmente la materia organica, la irritano, la martoriano. Ed essa reagisce non obbedendo più alla volontà, sbizzarrendosi in truci fantasmagorie, in violente rappresentazioni grottesche, popolandosi di rossi, rossi fantasmi arrancanti, scalpiccianti, con mille, mille tentacoli aguzzi, mille, mille, infiniti come il numero dei bastoni, il numero delle stampelle che si potranno acquistare col ricavo della nuova sottoscrizione[1] a Torino, a Milano, nelle cento altre località dove la beneficenza rivolge i suoi appelli al cuore generoso delle persone che possono camminare senza bastone, senza stampelle, che camminano senza bastone, senza stampelle, che hanno la mente serena, il cuore giulebbato delle persone che camminano senza bastone, senza stampelle.
Evidentemente è l'emicrania. Evidentemente è la materia organica del cervello che si ribella alla volontà e si crea dispettosamente questi truci fantasmi sanguinolenti, questi tronconi di umanità arranchellante su un'infinità di bastoni e di stampelle. Perché il cervello ne è pieno, perché il cervello ne trabocca da tutte le finestre per le quali gli arrivano le sensazioni: perché il ronzio delle orecchie si determina, si distingue, si individua in un ticchettio legnoso, sonoramente scoppiettante sui marciapiedi, sui selciati. Perché le palpebre socchiuse in uno stiramento doloroso non sono più una membrana arrossata dal malessere, ingorgata di sangue, ma uno schermo, uno schermo truce, dinanzi al quale passa questo interminabile, prodigioso susseguirsi di aste rigide, dal ritmo monotono, che ronzano nell'orecchio, che tagliuzzano la parete corticale, che col ticchettio maligno fanno sprizzare miriadi di scintille vermiglie come goccioline di sangue che riempiono tutta la fantasia, e rendono atroci le visioni, e rendono opaca la volontà. E la volontà non reagisce; e la volontà s'abbandona, e segue nel suo snodarsi serpentino questo sfilare di mostri, che riempiono il mondo, che intristiscono il mondo, che adombrano di un velo infinitamente malinconico la bellezza del mondo, che appesantiscono la snellezza della vita del mondo, in un ritmo legnoso, fatto di ticchettii maligni, di atroci arrancamenti pieni di infinita melanconia dolorosa.
Evidentemente è effetto dell'emicrania. Evidentemente, non può essere che effetto dell'emicrania.
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[1] Cfr. La raccolta dei bastoni e stampelle pei feriti e mutilati, in «La Stampa», 25 novembre 1916.