Serietà
In «Avanti!», anno XXI, n. 93, 3 aprile 1917, cronache torinesi, nella rubrica « Sotto la mole ». Raccolto in SM, pp. 303-304, CF, pp. 107-108.
È incominciata la settimana di passione. Passione di Cristo nelle nenie catarrose dei vecchi parroci e delle beghine tabaccose, passione dei bambini e dei giovinetti che i famigliari costringono a compiere quelli che si è soliti chiamare doveri religiosi. Li abbiamo già visti per le strade molti di questi bambini, candidovestiti, con la palma nelle tenui dita, testimonianza vivente della vanità delle loro madri. E fra di essi c'erano anche dei figliolini di proletari, e forse fra di essi c'era anche il figliolino di qualcuno di quei proletari che più strillano di anticlericalismo e di laicità. Non potremmo mai abbastanza ripetere ai nostri lettori che essi hanno specialmente il dovere di porre d'accordo la teoria con la pratica. E non si tratta di settarismo né di costrizione della libertà di alcuno. Si tratta di una pura e semplice questione di serietà. È necessario che anche l'uomo partecipi alla vita famigliare per ciò che riguarda l'educazione dei figli, e non lasci alla donna il monopolio della formazione intellettuale e del carattere dei bambini. E vi partecipi con le sue idee e i suoi principi, che, essendo improntati allo spirito di libertà, non possono che giovare all'educazione delle nuove generazioni. Lasciare che la coscienza dei bambini sia manipolata dai preti, sia invischiata di vanità, di pretismo, di lagrimoso spirito cristiano, è un permettere che i bambini soggiacciano ad una violenza. Per una falsa concezione della tranquillità domestica si lascia da molti che ciò avvenga. Tranquillità domestica prende il significato di poltroneria. Poltroneria dell'uomo che rinunzia al proprio compito di educatore, che rinunzia alla verità delle sue idee, che rinunzia alla sua coscienza per evitare qualche piccolo attrito, per evitare una discussione. Mentre non sarebbe difficile trovare un accordo tra l'uomo e la donna sui criteri generali da seguire per l'educazione interiore dei figlioli, sulla base della libertà più ampia di coscienza. I figli dei proletari devono essere lasciati liberi di poter scegliere nell'età più matura la via che meglio loro aggradi; nessuna ipoteca sul loro carattere, sul loro avvenire. Si diano loro gli elementi per poter meglio e con maggior sicurezza scegliere. Ma siano elementi di pensiero, non vane vistosità di cerimonie esteriori. Il pericolo è qui appunto: che non si dà ai bambini una vera educazione religiosa, ma li si abitua solo ad appagarsi di pompe vane, di vestitini, di palme, di ipocrisie. I padri di famiglia proletari devono cercare di impedire che continui questa azione antieducativa delle cerimonie religiose. È un loro dovere categorico. La settimana di passione del Cristo non deve essere la settimana di passione della coscienza della fanciullezza, indifesa dalla poltroneria di quelli che invece dovrebbero difenderla.