["L'Idea Nazionale"]
Firmato: Raksha; "Il Grido del Popolo", n. 592, 27 novembre 1915. Nuova attribuzione.
"L'idea nazionale", per chi sappia leggerla sgombro l'animo da ogni spirito di parte e col fegato libero da ogni ingorgo di umori eristici, è una vera benedizione d'umorismo. Pregate Giove che essa parli di cose religiose e se sarete esauditi potete assidervi soddisfatti e contenti come se davanti ai vostri occhi si svolgesse una film nella quale un elefante, per lungo e complicato succedersi di eventi penetrato nel salotto di una mondana chic, volteggi agilmente fra un ghiribizzoso disordine di bric-à-brac di cattivo gusto pescati da per tutto per le rigatterie e i bazar di mezza Europa.
Uno scettico che parla di cattolicismo con la gravità e la compostezza di un fratacchione intabaccato e inzuccherato di caramelle, non è spettacolo volgare, e merita di essere appuntato su una tavoletta come la farfalla del Madagascar, o il colibrì delle foreste ahimè non più vergini. Sentite, sentite... A Roma le autorità ecclesiastiche vogliono che i suffragi celebrati per i morti in guerra siano estesi a tutti i caduti, di' qualsiasi nazionalità essi siano. Il nazionalista salta su, come il babau dalla scatoletta di cartone, e protesta[1]. La morte o la vita per la sua anima di princisbecco, non hanno altra risonanza che quella stridula del caricatore del fucile: il suo spirito legnoso di machiavellino da strapazzo deturpa tutte le bellezze morali come il bruco lascia le tracce della sua digestione sul verdore dei giardini. Potrebbe lasciar passare, non hanno sangue italico nelle vene. Liberiamoci dai tedeschi boicottando le edizioni dei classici latini e greci di Lipsia e accogliendo invece quanto di più grottesco, di più antiumano la grettezza del loro imperatore ha rivogato nei deliri della sua incipiente senilità.
Cosi si educa il carattere degli italiani: abituandoli a voler parlare di tutto, anche di ciò che non si capisce, immiserendo la loro bella libertà spirituale, frutto della civiltà del Rinascimento, in freddi e inumani stampini presi a prestito da coloro dei quali ci si vuol liberare.
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Raksha, genio della mitologia indiana, è anche il soprannome di Mamma Lupa, uno dei personaggi dei Libri della Giungla di Kipling, da dove probabilmente lo riprendeva Gramsci. La paternità di questo pseudonimo è confermata dal fatto che esso risulta leggibile in calce all'articolo Morgari in Russia (dr. voi. II) nella bozza di stampa del "Grido del Popolo" del 29 aprile 1917 sottoposta alla censura torinese. Su tale bozza esso appare cancellato con un tratto di penna, da parte presumibilmente dello stesso Gramsci, e sostituito con quello di Alfa Gamma, lo pseudonimo usato pochi giorni prima per il medesimo articolo pubblicato sull'" Avanti! ".
1 Cfr. Una stonatura nelle religiose onoranze ai nostri caduti, in "L'Idea Nazionale", 23 novembre 1915.