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54.05 - Alicata, Mario, Il meridionalismo non si può fermare ad Eboli

Alicata, Mario, Il meridionalismo non si può fermare ad Eboli, in «Cronache meridionali» [Napoli], II (1954) pp. 585-603

 

Poi in:

Id., La battaglia delle idee, Roma, Editori Riuniti, 1968, pp. 56-74

Id., Intellettuali e azione politica, a cura di Renzo Martinelli e Roberto Maini, Roma, Editori Riuniti, 1976, pp. 153-172

Id., Antropologia culturale e questione meridionale, a cura di Carla Pasquinelli, Firenze, La Nuova Italia, 1977, pp. 175-199

Saggio critico verso le ultime tendenze d’approccio alla questione meridionale inficiate dalla visione del filone rappresentato da C. Levi, che ha allontanato irrimediabilmente il Mezzogiorno «dal quadro della nostra conoscenza oggettiva» (p. 590). L’a., pur stimandone i meriti letterari, ritiene che sebbene il Cristo si è fermato ad Eboli abbia contribuito sensibilmente ad una «prima popolarizzazione del problema meridionale» (ivi), nelle tesi prive di consistenza teorica in esso enunciate, non sono individuate «le forze storiche che, oggi, possono spingere a soluzione la questione meridionale, e le vie per le quali ciò potrà avvenire» (p. 591).

Appoggiandosi alle riflessioni gramsciane sul rapporto tra città e campagna contenute in R, A. spiega che Levi arriva a riconoscere «il valore fondamentale del contrasto esistente, nella moderna società borghese, fra città e campagna, ma che di questa conseguenza della “prima grande divisione sociale del lavoro” egli non è capace di dare un’interpretazione dialettica e dunque non è capace né di indagarne l’origine, il significato e gli sviluppi reali, né di analizzare le forme storiche concrete in cui tale contrasto si manifesta» (ivi).

Delle elaborazioni svolte sugli elementi di Levi, l’a. offre alcuni esempi in senso negativo e, a suodire, reazionario: F. Compagna, M. Rossi-Doria e G. Baget (Bozzo) ma «l’influenza esercitata dalla visione “poetica” del Mezzogiorno propria del Levi» rilevata nell’opera di R. Scotellaro come in quella di E. De Martino, non ha favorito un atteggiamento realistico e progressivo. In questo quadro l’a. ripropone, collegandosi a V. Santoli, Tre osservazioni su Gramsci e il folclore (->51.08), integrando con considerazioni metodologiche tratte dai Q, l’indicazione gramsciana di studiare il folclore oltre il pittoresco, come concezione del mondo di ceti subalterni in contrapposizione alle concezioni del mondo delle classi superiori.

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