54.31 - Togliatti, Palmiro, Storia come pensiero e come azione
Togliatti, Palmiro, Storia come pensiero e come azione, in «Rinascita» [Roma], XI (1954) pp. 709-713
Poi in:
Palmiro Togliatti, Gramsci, Parenti, Firenze 1955, [Saggi di cultura moderna, 11] pp. 121-132 (ristampa di Id., Gramsci, Milano Sera Editrice, Milano 1949, [Biblioteca di cultura. Serie politica, 5])
Id., Momenti della storia d'Italia, Editori Riuniti, Roma 1963, [Nuova biblioteca di cultura, 45] 1973[2], pp. 165-188
Id., Gramsci, a cura e con prefazione di Ernesto Ragionieri, Editori Riuniti, Roma 1967, [Nuova biblioteca di cultura, 71], pp. 81-104
Id., La politica culturale, a cura di Luciano Gruppi, Editori Riuniti, Roma 1974, [Le idee, 99] pp. 164-192
Id., Scritti su Gramsci, a cura di Guido Liguori, Editori Riuniti, Roma 2001, pp. 183-192
Rec. a ON
Lo scritto mira a contrastare la critica contemporanea che guarda con nostalgia ai Q, non cogliendo negli scritti precarcerari il «legame tra il pensiero e il fatto, tra la storia e la politica, tra la comprensione della realtà e la lotta reale», limitandosi talvolta a superficiali critiche sull’asprezza e veemenza del linguaggio, tratti caratteristici, «i soli adeguati a quella situazione, a ciò che allora avveniva, alla catastrofe che attendeva il Paese» (p. 709). La continuità delle due fasi dell’opera di AG è sottolineata con decisione: «gli scritti, in apparenza di pura battaglia, del 1919 e degli anni successivi, contengono, in germe non soltanto, ma già ampiamente dispiegati, i temi e la trattazione che sono sostanza del lavoro carcerario» e quest’ultimo «non è che visione più profonda e chiara di ciò che nel corso della precedente, ardente partecipazione alla lotta reale è stato portato alla luce» (p. 710).
Lo storicismo di T., si salda con l’opera di AG e con la fondazione teorica del pci: gli scritti gramsciani, quelli precarcerari e carcerari, sono momenti complementari. La teoria della prassi è momento non solo della conoscenza storica, ma di conoscenza tout court, in questo senso il lascito gramsciano, in continuità tra l’opera di storico e di politico, è monito per i comunisti, che partendo dall’azione pratica, prendono coscienza della struttura del mondo reale, che «a sua volta perfeziona l’azione» (p. 711).
Soffermandosi sulle accese critiche gramsciane a Luigi Einaudi per rievocare la cecità con cui fu accolto il fascismo in Italia da quelle correnti politiche che, con ogni mezzo, intendevano «sbarrar la strada al marxismo» (p. 712), T. sottolinea il giudizio storico e politico di AG e evidenzia la perspicacia delle sue analisi.